di Luca Fumagalli
Per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Graham Greene e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.
Apparso per la prima volta sulle colonne dell’«Indipendent» nel 1988, L’ultima parola (The Last Word) è il racconto d’apertura dell’omonima raccolta di Graham Greene, pubblicata due anni più tardi.
La storia ruota attorno all’ultimo Papa, Giovanni XXIX, deposto più di vent’anni prima in concomitanza con l’instaurazione di un governo mondiale anticlericale guidato dal Generale Megrim (nel frattempo scomparso). Il Papa è ora un vecchio fragile, che vive agli arresti domiciliari in un’unica camera, con cucinetta e bagno, ignorato dai vicini e tenuto costantemente sotto controllo. Oltre a pochi vestiti, le uniche cose che possiede sono un vecchio crocifisso con un braccio spezzato – a cui spesso si rivolge come a un confidente – e una Bibbia, entrambi opportunamente nascosti perché non gli è permesso tenere con sé oggetti religiosi. A causa di una memoria sempre più vacillante ha ormai dimenticato gran parte del proprio passato, tuttavia non ne è troppo turbato, anzi, ne è quasi sollevato, come se un tempo «avesse dovuto sopportare un fardello troppo pesante del quale adesso era liberato».
Quando il Papa venne rovesciato, Megrim tentò, senza successo, di ucciderlo. Per evitare di farne un martire per i pochi cristiani ancora rimasti, si preferì optare per gli arresti domiciliari, e da allora l’anziano trascorre le sue giornate sempre allo stesso modo, passato sotto silenzio anche dalla stampa.
Un giorno Giovanni è fatto salire su un aereo per un incontro formale con il nuovo Generale, il primo tra loro due, ampiamente pubblicizzato da tutti i media. Per l’occasione al Papa sono restituite le sue vesti bianche e persino l’anello piscatorio, prelevati dal Museo Mondiale dei Miti.
Viene poi condotto dal Generale, accolto nel suo palazzo con tutti gli onori riservati a un capo di stato. Il militare spiega al Papa – «l’ultimo Papa, ma pur sempre un Papa» – che il mondo è ormai in pace, unito in un unico super-stato, e che anche i metodi brutali di Megrim sono stati abbandonati poiché pure i cattolici si sono estinti: «Gli altri si erano arresi senza troppe difficoltà. Che strana sfilza di nomi… Testimoni di Geova, Luterani, Calvinisti, Anglicani. A uno a uno con gli anni si sono estinti tutti. I vostri si chiamano Cattolici come se avessero sostenuto di rappresentare tutti gli altri anche mentre li combattevano. Storicamente, immagino che siete stati i primi a organizzarvi e a sostenere di seguire quel mitico falegname ebreo».
Alla fine il Generale rivela il vero scopo di quell’incontro posando una pistola sulla scrivania: «Voglio che lei muoia con dignità. L’ultimo cristiano. Questo è un momento storico». Dopo tanti anni di isolamento il Papa accoglie la notizia quasi con sollievo. Prima di venire ucciso, il Generale offre a Giovanni un calice di vino che questi beve mentre pronuncia le sue ultime parole: «Corpus Domini Nostri…» Solo allora il militare fa fuoco: «Fra la pressione del grilletto e l’esplosione del proiettile uno strano e terrificante dubbio gli attraversò la mente: era possibile che fosse vero ciò in cui quell’uomo credeva?».
Pure in un racconto della tarda maturità come L’ultima parola – Greene sarebbe infatti morto nella primavera del 1991 – l’autore inglese mostra di non voler rinunciare al brio spiazzante che caratterizza i suoi migliori romanzi a tema religioso, Il potere e la gloria per primo. D’altronde la sua stessa parabola biografia fu caratterizzata da un rapporto conflittuale con la Fede alla quale si era convertito per amore della futura moglie, in seguito tradita e abbandonata. Ottima testimonianza del suo spirito contraddittorio è data dall’entusiasmo con cui firmò il celebre “Indulto di Agatha Christie” in difesa della Messa in latino, e questo nonostante le sue simpatie politiche e teologiche fossero tutte per il campo progressista. Un simile spirito finì, come detto, per riversarsi naturalmente nella sua produzione narrativa a contenuto cattolico, che fa dello scardinamento di certi luoghi comuni dell’apologetica tradizionale, del camminare in bilico lungo il crinale tra redenzione e dannazione, il suo marchio distintivo. Il lettore in cerca di facile rassicurazioni non può che rimanerne spiazzato e affascinato al contempo, sebbene non tutte le intuizioni di Greene siano valide allo stesso modo.
In L’ultima parola l’autore presenta un totalitarismo “dal volto umano” calato in un contesto distopico, un nuovo ordine mondiale che, pur a prezzo di molti morti, è riuscito infine a portare la pace sulla terra e ad abbattere ogni forma di violenza. Il governo mondiale controlla ogni cosa, dall’economia all’informazione, ma sembra non esserci alcun segnale di malcontento tra i cittadini e nemmeno l’ombra di un qualche subbuglio che ne tormenti le coscienze. Tutto appare calmo, tranquillo, quasi anestetizzato, un’atmosfera decisamente lontana da quella di odio brutale che si respira sfogliando le pagine di esperimenti letterari analoghi quali, ad esempio, Il Padrone del Mondo di mons. R. H. Benson.
In una simile atmosfera, segnata dall’inevitabile fine del cattolicesimo, nell’epilogo si compie il miracolo: quando l’ultimo Papa viene ucciso, quando sembra essere calato il sipario sulla millenaria storia della Chiesa, ecco che il dubbio si insinua nella mente del Generale. Al pari del suo divino fondatore, il cristianesimo risorge dalla morte sotto forma di interrogativo esistenziale, tant’è che pure un ateo radicale come il militare non può liberarsi fino in fondo dall’ipotesi di Dio. Paradossalmente, suggerisce Greene, è proprio lo scetticismo moderno, ciò che sta distruggendo la Fede, la più grande speranza perché quest’ultima possa continuare a vivere.
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