Manlio Sgalambro è passato al giudizio di Dio pochi anni orsono, nel 2014, giustificando pienamente il prefisso “post” che caratterizza la direttrice culturale prevalente della seconda fase del secolo decimonono: post- marxismo, post- niccianesimo, post- idealismo; una posizione “au dessus de la mele’e” in cui la secolarizzazione non ha neppure più alcuna coloritura di tragicità, di cui a ragione si può affermare il carattere cinico non senza l’ arma della sofistica (il destino ha voluto che Sgalambro nascesse a Lentini, città sicula che aveva anche dato i natali a Gorgia).

La chiusura verso la dimensione della Trascendenza è nell’ orizzonte di Sgalambro un gelido atto di fede (questo non toglie che, per influenza di una certa speculazione orientale, egli abbia affermato di credere nella trasmigrazione delle anime).

La Misericordia verso colui che erra dalla Verità e dall’orizzonte del Magistero ecclesiastico non esime dal denunciarne le deviazioni.

Poliedrica indubbiamente fu l’ attività culturale di Manlio Sgalambro, dal momento ch’ egli non fu soltanto filosofo, ma si cimento’ altresì nell’ attività di scrittore, poeta, aforista, paroliere e cantautore ( è nota la sua collaborazione e amicizia con Franco Battiato, delle cui canzoni curò, a vario titolo, i testi tra il 1995 e il 2012).

La sua opera filosofica è stata generalmente ascritta al contenitore immenso del ” nichilismo” e nondimeno, il Nostro tende più spesso a respingere che non ad accettare la caratterizzazione di ” nichilista”: il ” nichilismo” è una categoria che non stimola alcuna emozione, oltrettutto generica e molto inflazionata dalla critica filosofica.

Nella prospettiva filosofica di Sgalambro convergono in maniera tutto sommato eclettica diverse direttrici: la filosofia della natura di A.Schopenauer (con alcune sostanziali divergenze tra i due filosofi),i l pessimismo naturalistico di Giuseppe Rensi, l’esistenzialismo peculiare di E.Cioran, più in generale, la linea dell’ esistenzialismo ateo contemporaneo, il naturalismo empio di Mauthner(1).

Con Giuseppe Rensi condivideva il rifiuto della ” tirannia culturale” esercitata dall’ idealismo crociano e gentiliano nelle Accademie, condivideva soprattutto il rifiuto di una filosofia della storia progressiva e ottimista, il cui telos si esprimerebbe nella piena realizzazione dello Spirito.

All’ ottimistica” constructio” di Croce e Gentile, egli opponeva un “pensiero negativo”, basato sulla ” destructio”, che enucleava non già la” bellezza”, bensi le” rovine”.Il pensiero decostruttivo dello Sgalambro peraltro non trovò buona accoglienza in un ambiente accademico in cui l’ egemonia culturale spettava all’ ottimismo idealistico di matrice crociana e gentiliana. Attaccò l’ idealismo crociano quando cominciò a collaborare nel 1945 con la rivista ” Prisma” e soprattutto nel suo primo scritto, ” Paralipomeni dell’ irrazionalismo”. 

Nonostante un amore precoce per la filosofia, si inscrisse a giurisprudenza, perché per lui si trattava non già di apprendere la filosofia all’ università, bensi di esercitare costantemente una disposizione per la filosofia innata nel suo spirito. Decise quindi di non iscriversi alla facoltà di filosofia dal momento che già la coltivava personalmente, al tempo stesso la passione per il diritto penale oriento’ Sgalambro a iscriversi alla facoltà di giurisprudenza.

Già a partire dall’ adolescenza, aveva familiarizzato con la concezione del positivista italiano Roberto Ardigo’, di cui lesse ” La formazione naturale nel fatto del sistema solare”, succesivamente con il pragmatismo di William James, di cui lesse i ” Principi di psicologia”.

Lesse altresì le ” Ricerche logiche” di E.Husserl e sopratutto a partire dall’ approccio con la filosofia della natura di A.Schopenauer( di cui lesse ” Il Mondo come Volontà e Rappresentazione” ) accrebbe il proprio interesse per la cultura filosofica nord- europea, ciò lo portò a dedicare i suoi primi saggi a Kant, Nietsche ed Hegel.

Solo alla fine degli anni 70′ ad ogni modo è possibile riscontrare da parte di Sgalambro una trattazione veramente sistematica.

Ha cominciato a scrivere in età relativamente tardiva il filosofo siculo, confessando ripetutamente di rifiutare un’ eccessiva pubblicità, cosa peraltro in contraddizione con il fatto che la sua copiosa produzione era comunque destinata al pubblico(2).

Sgalambro non solo ha respinto l’ idealismo, ma altresì qualsiasi sintesi ottimista e qualsiasi filosofia della storia progressista.

In antitesi al marxismo, egli ripose il ” conflitto” non già sul piano della prassi sociale, bensì della natura” matrigna”, tra coloro che sono stati beneficiati e colmati di onori e i ” dannati”, gli storpi, coloro che deficitano di bellezza fisica.

Ma coloro che godono di grazia e successo sono destinati a una moltiplicazione inestinguibile dei propri appetiti e consumi, cosa che ingenera infelicità.Rovesciando la prospettiva di K.Marx, la ” futura società” sarà dominata non già dalla ” universale felicità” e riconciliazione tra uomo e natura”, ma dalla ” comune disperazione” , dal comune rifiuto di essere al mondo, dal comune rifiuto della natura.

Per Sgalambro, il comunismo può dunque sorgere solo sul terreno della comune disperazione.

Scrive Marcello Veneziani” per Sgalambro il comunismo può sorgere proprio in questa estrema alleanza sull’ orlo dell’ abisso, nella percezione fraterna della catastrofe cui siamo destinati. Comunismo come comunità di morenti”(3).

L’ esito del comunismo sarebbe dunque il pessimismo e la sua radice non abita nella storia, ma contro l storia è rivolta. Sgalambro dissocia dunque il comunismo dallo storicismo, aspetto coessenziale invece al marxismo in una declinazione materialista. Inoltre, in questo modo viene meno il momento escatologico palingenetico della storia e rimane soltanto il momento del rifiuto gnostico dell’ esistente.

Al “pessimismo” come disposizione teorica e contemplativa, il Nostro sostituisce il ” peggiorismo”, che invece è un nichilismo pratico, attivo, trasformatore che con una sorta di gioco di prestigio fa sparire uomini e cose, ma sopratutto valori.Qui è possibile rintracciare analogie tra la concezione di Sgalambro e la dissacrazione surrealista e sopratutto con la critica di F.W.Nietsche alla scienza morale, intesa come momento epifenomico e soprastrutturale della Volonta di Potenza; all’ atto della ” maledizione” e della ” decostruzione” tuttavia non pare possa seguire la creazione di ” nuove tavole di valori”. L'”uomo occidentale” per Sgalambro non è solo “morto”, è defunto definitivamente.

Per il filosofo di Lentini la morale oggi in voga è una disposizione puramente astratta, ipocrita, farisaica e non è dato di vedere morali veramente “operative”

Di fronte al dolore e alla sofferenza altrui non si reagisce con la “compassione”(con- patire, immedesimarsi nel dolore altrui) ma, al limite, con la ” consolazione” che non comporta una partecipazione al dolore altrui a differenza della “compassione” che per Schopenauer costituiva uno stadio, ancorche’ primitivo” del processo di affrancamento dal ” demone” della Volontà.

La consolazione non oltrepassa uno scenario di atomismo ed egoismo sociale. Secondo il cinismo del filosofo di Lentini è un luogo comune infondato che nell’ epoca contemporanea” non esistono più valori”: ne esistono fin troppi, ma costituiscono una forma di ipocrisia. Ad esempio, il precetto morale e religioso della “rinuncia “alla soddisfazione dei piaceri del corpo e alla moltiplicazione dei consumi, secondo quel conatus inestinguibile che porta a desiderare sempre di più, secondo Sgalambro è inapplicabile, comporterebbe sacrifici insostenibili.

Lo scenario contemporaneo dell’ uomo occidentale cronicamente inappagato, ” maiale insoddisfatto” non stimola in lui alcuna denunzia morale e, con cinismo abituale, si limita a prendere atto dell’ irreversibilita’ del fenomeno del ” consumismo”.

Come ha rilevato Marcello Veneziani in un articolo relativamente recente apparso su ” Arianna Editrice”(5),Sgalambro ha rintracciato anche un nesso profondo tra musica contemporanea e quel nichilismo che investe costumi e media; la musica leggera segnatamente porta a presenza in quella “palestra di nirvana occidentale” costituita dalla discoteca il nichilismo della gioventù.” la canzone non è la pappa del cuore tutta romanticherie, ma riflette il tema del secolo, la morte dello spirito” (Teoria della canzone).

Tanta più la musica contemporanea si fa “leggera”, non impegnata, quanto piu’ essa riflette la morte dello spirito, il cui apice è la manifestazione della disposizione brutale e animalesca del cantante di pop musica.

Nondimeno, ancora una volta, Sgalambro si mostra refrattario a qualsiasi disposizione di denunzia morale e la “fenomenologia del nichilismo contemporaneo”, anche attraverso la disamina del fenomeno musicale (il dominio delle ” canzonette”) avviene per lo più con cinico compiacimento.

Manlio Sgalambro ha cominciato a scrivere in età tardiva ( a 58 anni quando pubblicò la sua prima opera filosofica, ” La morte del sole”) e, a parte le raccolte di aforismi, la sua produzione filosofica contiene una ventina di Adelphi della dissoluzione(6) da lui propagandata.

Diceva di non amare l’ Accademia, riteneva che la filosofia andasse insegnata nelle piazze e non già nelle aule universitarie (a suo giudizio i professori universitari assomigliavano a banchieri) e, nonostante questo, non rinunzio’ allo sfizio di un certo “accademismo”, producendo canzonette (oltre alla già citata amicizia e collaborazione con Franco Battiato, ebbe anche rapporti cordiali con Milva, Fiorella Mannoia, Patty Pravo, Mano Chao).

Nella visione del filosofo di Lentini, a parte una riscoperta significativa del pensiero del conterraneo Gorgia (che aveva esercitato su di lui un’ influenza indelebile, soprattutto per quanto concerne l’ arte da giocoliere- sofista di rovesciamento dei valori e dei fondamenti della metafisica classica) si sintetizzano i detriti e residui di alcune forme filosofiche dell’ 800′ filosofico, Max Stirner e soprattutto la filosofia della Natura di Arthur Schopenauer. Per quanto riguarda il 900′, possiamo affermare che l’ influenza maggiore sia stata esercitata dal filosofo naturalista scettico Rensi.

Scartò ogni visione Provvidenziale della Storia e ogni Logos a fondamento della natura. Profondamente ispirato dall’ autore del “Mondo come Volontà e Rappresentazione”, postulo’ l’esistenza di una Volontà cieca e irrazionale non conosciuta dall’ uomo che tutto domina, la natura, la storia, l’ intera umanità, ” facendone carne da macello”(7)

Ribalto’ il fondamento del ” Dio totalmente Altro” su cui si reggeva la teologia apofantica con quello di un “demone totalmente presente”, che condiziona ab imis gli atti umani, per cui il libero arbitrio sarebbe una mera illusione.

La roboanza del suo ” atto di maledizione universale” (” maledico ergo sum”, il principio primo del suo filosofare) era destinata ad arenarsi sul binario morto di un pensiero debole, peraltro destinato a non raccogliere alcuna eredità filosofica.

Eppure,nonostante la sua gelida chiusura alla Trascendenza, era talmente benvoluto il ” Gorgia agli agrumi” nella città natale che lo onoro’ con incredibilmente funerali religiosi.

Note

(1) Fritz Mauthner fu autore di una scadente e dispersiva ” storia dell’ ateismo” in 4 volumi (Der Atheismus und seine Geschichte in Abendland) cfr. anche il profilo critico dedicatogli da Augusto del Noce, ” Il problema dell’ ateismo”, Il Mulino, Bologna,1964, pp.66-67

(2) oltre a primitivi saggi e frammenti di aforismi per Adelphi pubblicò una ventina di opere filosofiche: ” La morte del sole” (1979),”Trattato sull’ empieta’”(1987),” Del pensare breve”(1991),”Dialogo teologico” (1993),”Dell’ indifferenza in materia disocietà”(1994),”La consolazione”(1995),”Trattato dell’ età”(1999),”De mundo pessimo”(2004),”La conoscenza del peggio (2007),” Del delitto”(2009),”Della misantropia”(2012)

(3) cfr. Marcello Veneziani,”Antinovecento.il sale di fine millennio”, Leonardo,Mi,1996, pp.266-267

(4) cfr. Marcello Veneziani,”Come migliorare la vita con il peggiorismo”, Il Giornale, 7 aprile 2014

(5) cfr.Marcello Veneziani, ” Quanto è dolce naufragare nel nichilismo da discoteca”,Arianna Editrice, 1 settembre 2014

(6) chiaro richiamo metaforico da parte mia alla nota opera di Maurizio Blondet ” Gli Adelphi della dissoluzione”

(7) cfr.Giancristiano Desiderio,” Manlio Sgalambro, la sottile arte di odiare il prossimo”, 21 luglio 2012, Il Giornale

Sintesi della 676° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa di Coronavirus, preparata nella festa di San Francesco di Sales (29 gennaio 2022) e postata nella festa di San Giovanni Bosco (21 gennaio 2022). La numero 677 è in preparazione a cura di Simone Gambini. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

Fonte immagine; Wikipedia (pubblco dominio)

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