di Luca Fumagalli

Per chi fosse interessato ad approfondire l’opera di Hugh Ross Williamson e quella di molti altri scrittori cattolici britannici si segnala il saggio, targato Edizioni Radio Spada, “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.

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«Il forte è stato tradito persino da coloro che dovevano difenderlo»

(San John Fisher)

Ripubblicati nel 2021 dalla canadese Arouca Press in un unico volumetto intitolato The Great Betrayal. Thoughts on the Destruction of the Mass, gli opuscoli The Modern Mass e The Great Betrayal – entrambi critici nei confronti del Novus Ordo montiniano – videro la luce rispettivamente nel 1969 e nel 1970. Il loro autore, Hugh Ross Williamson (1901-1978), era un convertito al cattolicesimo, storico ed ex prelato anglicano, uno di quegli inglesi alla Evelyn Waugh o alla Michael Davies che mal sopportava le riforme liturgiche partorite dal Concilio Vaticano II. Nel 1964 il suo nome figura tra quello dei fondatori della Latin Mass Society, di cui fu il primo vice-presidente, e da allora si spese fino alla fine dei suoi giorni in difesa della Messa di sempre.

Il primo dei due libelli, The Modern Mass, è una disamina in otto capitoletti dei mutamenti liturgici operati da Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury durante i regni di Enrico VIII ed Edoardo VI. Cranmer, che fu l’esponente di punta dell’anglicanesimo nel periodo compreso tra il 1547 e il 1553, puntò a una radicale riforma della Messa che rigettasse «la dottrina papista della transustanziazione» allo scopo di diffondere più facilmente tra il popolo inglese le idee protestanti.  L’Arcivescovo era un sostenitore della giustificazione per sola Fede e, di conseguenza, negava all’Eucaristia qualsiasi valore sacramentale, considerandola un mero simbolo.

Per completare la sua rivoluzione, Cranmer si mosse allora in tre direzioni: introdusse nella liturgia il volgare in sostituzione del latino con l’intenzione di cancellare l’idea di Messa quale sacrificio e di esaltare, all’opposto, il concetto di cena memoriale («Fate questo in memoria di me»); all’altare venne poi preferito un semplice tavolo e il Canone fu smembrato in diverse parti, tra l’altro eliminando ogni riferimento all’oblazione, al Papa, ai Santi e persino alla Madonna. Tra interpolazioni e omissioni – a volte il silenzio vale davvero più di molte parole – l’Arcivescovo riuscì infine a raggiungere il suo scopo: pervertì la coscienza di un’intera nazione, anche se non mancarono episodi di resistenza e opposizione.

Hugh Ross Williamson

Il testo, dopo una parentesi dedicata al Concilio di Trento, termina con un avvertimento nei confronti del Novus Ordo: «La Messa tridentina, forgiata come un’arma perenne contro l’eresia, sta per essere abbandonata in favore di una nuova forma che è fin troppo simile alle eresie di Cranmer e di quelli come lui».

The Great Betrayal, dedicato ai vescovi dell’Inghilterra e del Galles, raccoglie invece una serie di riflessioni intorno all’ipotesi dell’invalidità del nuovo messale. Meno sistematico rispetto al contributo precedente, il pamphlet è inteso da Ross Williamson non come un giudizio definitivo sulla questione, ma semplicemente come un personalissimo contributo al dibattito che si era aperto solo qualche mese prima con il Breve esame critico del Novus Ordo Missae dei Cardinali Bacci e Ottaviani.

A partire dalla constatazione che da sempre la principale battaglia tra il cattolicesimo e le forze della sovversione si è combattuta sul terreno della Messa, l’autore, seguendo un percorso storico-teologico, mette innanzitutto alla berlina il culto della “Chiesa primitiva” tanto caro ai protestanti del passato quanto ai novatori del Concilio; questi ultimi, infatti, hanno spinto sull’acceleratore delle riforme proprio in nome del ritorno a una presunta purezza originaria: «Oltre a essere evidentemente stupida […], una simile teoria era pure palesemente disonesta. Non comportava che la pratica primitiva venisse seguita in ogni dettaglio. Comportava solamente che dalla pratica primitiva venissero selezionati quei dettagli che risultavano utili a screditare gli usi contemporanei».

La nuova edizione dei due libelli di Ross Williamson contro il rito montiniano

In seconda battura Ross Williamson se la prende con l’alterazione del Canone e, in particolare, con la nuova formula della consacrazione del vino: «Il Sangue di Cristo versato per tutti» in sostituzione del tradizionale «per molti» stona per la sua evidente eresia. Queste e altre storture generate dall’approccio ecumenico dell’architetto delle riforme liturgiche, il Cardinale Annibale Bugnini, sono ciò che rendono il Novus Ordo di Paolo VI invalido.

Nonostante occasionali refusi e argomentazioni non sempre condivisibili – difficile, ad esempio, sostenere che la riforma della Messa non abbia nulla a che spartire con l’infallibilità del Papa oppure che l’eterodossia del Canone II del nuovo rito invalidi automaticamente gli altri –, i due scritti di Ross Williamson meritano ancora oggi di essere letti e meditati, se non altro per la straordinaria lucidità con cui delineano il problema fondamentale del Novus Ordo, ovvero quello di una Messa che pare studiata per nascondere con imbarazzo ciò che la Chiesa ha insegnato in due millenni di storia. La medesima preoccupazione venne espressa nel 1967 pure da Jacques Maritain, un incendiario divenuto nel frattempo pompiere, quando scrisse che «i cristiani sono in ginocchio davanti al mondo». Con il senno di poi, difficile non dare loro ragione.

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