Vi proponiamo un bellissimo frammento tratto da L’antivangelo. Radici filosofiche del nichilismo moderno, di Marco Sambruna. CLICCANDO QUI trovate la scheda del libro e potete acquistarlo.
La malattia dell’indifferenza accidiosa tipica del nichilista che consiste nella non scelta fra Dio e l’uomo e che in realtà implica già il rifiuto di Dio disarma l’uomo di fronte alla necessità sia della vigilanza di per sé indispensabile, ma non sufficiente, sia della lotta.
Davanti alle seduzioni del male che, come ha annunciato Cristo, assumeranno le forme dei falsi profeti che propagano il nichilismo, l’uomo moderno, almeno in occidente, si pone già in una condizione di assoluta debolezza tale da rendere assai problematica la pratica dell’ottimismo circa il numero di coloro che dovendo scegliere fra vita etica e vita estetica preferiranno la prima.
Ma un umanità resa debole, sradicata e nevrotica a causa del nichilismo e quindi caratterizzata da una fondamentale – e quindi paradossalmente infondata – perenne non scelta non potrà che raffreddarsi nella pratica della virtù tradizionale e dunque abbandonarsi all’apostasia che per i più non consisterà in un esplicito rifiuto dell’etica cristiana, ma il permanere in una dimensione limbica, cioè giacere in quella stabile incompiutezza forgiata dalla scelta di non scegliere conformemente a quanto propagandato dal rumore sociale che funge da cassa di risonanza del nichilismo.
Il compito di quest’ultimo è quindi chiaro: rendere l’uomo, tramite la non scelta e la conseguente disidentificazione e dissociazione da qualsiasi progetto personale, impreparato a fronteggiare la configurazione sociale irreligiosa e anticristica conclamata quando questa avverrà.
Del resto, se c’è una caratteristica peculiare del relativismo laicista quale prodotto più maturo del nichilismo che domina con i suoi schemi il pensiero nella congiuntura storica attuale, questa è costituita proprio dal neutralismo che rende moralmente indifferenziate qualsiasi visioni dell’uomo e del mondo. Il relativismo laicista, cioè, allena l’uomo a non scegliere o meglio a fare a meno della scelta al fine di predisporlo ed orientarlo ad accogliere con indifferenza un prodotto sociale preconfezionato di marca nichilista disinnescando la percezione della sua pericolosità per quanto oggi, tale percezione, non sia del tutto scomparsa.
Un indicatore della narcosi frutto del disinnesco percettivo del resto è costituito già oggi alla quasi totale indifferenza con la quale i più assistono alla desacralizzazione prima, e alla dissacrazione poi, del sacro.
In questa prospettiva la nostra epoca è dunque già caratterizzata dalla presenza di una manifestazione anticristica la quale, tramite l’amplificazione mediatica, divulga una corrente di pensiero, il relativismo, fondato sulla libertà illimitata di matrice nichilista, che confina l’uomo in una dimensione limbica caratterizzata dalla non scelta. A propria volta l’opzione della non scelta svolge una funzione anestetica perché ridimensiona il richiamo della fede e della tensione verso il sacro e devitalizza le facoltà percettive rendendole incapaci di avvertire la penetrazione dell’agente patogeno costituito dal progetto di decostruzione dell’uomo.
Una patologia per poter essere inoculata con successo necessita di un basso livello di anticorpi nell’organismo da infettare. In questo caso il relativismo laicista come agente patogeno agisce in due fasi: la prima fase propedeutica consiste nel condurre l’uomo nel limbo della non scelta, la seconda fase consiste nel renderlo idoneo ad accogliere con indifferenza la struttura sociale
anticristica che si va configurando.
La seduzione trasmessa dal rumore sociale nichilista chiama l’uomo contemporaneo nel limbo e in esso lo induce a prendere l’unica decisione funzionale alla sua mutazione, peraltro sempre rivedibile e mai irrevocabile finché si è in vita: scegliere a favore dell’autonomia e dell’indipendenza nel segno della libertà illimitata, cioè, paradossalmente, scegliere di giacere in uno stato di perenne non scelta.
Si sperimenterà allora una condizione che si può qualificare come infantilismo consumistico: esattamente come bambini piccoli ognuno abbandonerà ogni progetto dopo una superficiale esplorazione o sommario consumo, per intraprenderne un altro anch’esso presto abbandonato e così via. Si tratta di una condizione di tiepidezza e di anonimia standardizzante che narcotizza l’uomo nei confronti del pensiero metafisico, ossia del pensiero religioso. Tale tiepidezza del resto significa già corrispondere o aderire alle istanze anticristiche le quali troveranno agevole accoglienza proprio perché il limbo laicista è il luogo in cui l’uomo è educato all’indifferentismo relativista come condizione preliminare alla somministrazione di una nuova visione etica di stampo nichilista.
Nella tabula rasa del limbo laicista le stesse categorie valutative che considerano una realtà etica desiderabile o detestabile stanno per essere abolite a livello percettivo; il disinnesco della sensibilità percettiva sarà tale da rendere accettabile, ossia assolutamente “normali”, anche quelle visioni dell’uomo e del mondo che per il pensiero tradizionale, cioè religioso, sono altamente
riprovevoli. In termini religiosi, ciò che ne risulta è la perdita del senso del peccato.
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