Bergoglio domenica sarà da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Molti si stupiscono, altri si indignano: reazioni comprensibili, ma forse è il caso di fare un passo avanti.

Sì, è vero: andare in una delle trasmissioni simbolo del progressismo un tanto al chilo significa darle una forte legittimazione; senza dubbio mettersi a chiacchierare dopo un opinionista e magari prima di un virologo significa svilire il proprio ruolo; certamente è difficile escludere il rischio che – come accade sugli aerei in quota – il tasso di affermazioni assurde cresca vertiginosamente.

Vero tutto e tutto pessimo, non c’è dubbio. Ma c’è poco da stupirsi: la rincorsa frenetica del progressismo è lì dai disastrosi tempi del Vaticano II; l’abbassare il Cattolicesimo e i suoi simboli al livello del mondo è un abitudine che ha trovato nell’ecumenismo indifferentista dei decenni scorsi – condannato tra l’altro nel Sillabo, in Pascendi e in Mortalium Animos – un riscontro tangibile (là ci si metteva a fianco di false religioni qui, più modestamente, di personaggi televisivi più o meno fortunati); quanto al pericolo di dire cose assurde pare difficile trovare un significativa novità. Quindi tranquilli: tutto male ma tutto nella norma.

Una nota televisiva a margine, distinta ma connessa: si fa un gran parlare del pronunciamento di Mons. Suetta contro Achille Lauro. Un intervento nella sostanza condivisibile, ma (come sopra) anche lì sarebbe il caso che, prima di andare a censurare il (disgustoso) gesto di un giovanotto dalle idee – e non solo le idee – confuse, si iniziassero a denunciare ben altre blasfemie di ”casa nostra”. Tre consigli: Assisi 1986, Assisi 2011, documento di Abu Dhabi. Sarebbe tutto più credibile.


Seguite Radio Spada su: