Volentieri offriamo ai lettori alcuni estratti di Vincere la paura di Padre A. Eymieu. Ben chiarendo che riguardano solo gli scrupolosi, che sono da leggere nel più ampio contesto del libro e che – in ogni caso – la battaglia di cui si parla necessita un direttore spirituale capace e preparato, auguriamo fruttuosa lettura.


[…] Esiste, per lo scrupoloso, un principio di condotta, che provvede a questo bisogno, ed eccone la formula: Per me, in ciò che concerne l’obbligo di coscienza – obbligo sotto pena di peccato mortale, peccato veniale, o d’imperfezione – son soltanto le evidenze che hanno valore; oppure, in altre parole, identiche nel fondo: Si tratti di peccato mortale, veniale, o d’imperfezione – io non posso contrarre che quel male di cui possiedo l’evidenza perfetta. Ben si sa ch’è d’uopo pesare i termini con lo scrupoloso. Quelli della formula sono pesati, e purché siano compresi, rispondono ad ogni evenienza: Per me! Ciò non è forse vero per gli altri, ma per me sì. Io posso, devo, voglio obbedire; è questa la prescrizione, non ho a far altro che seguirla. In ciò che concerne l’obbligo di coscienza e quindi in tutti i casi in cui la mia preoccupazione di moralità è in causa; si tratti di peccato mortale, veniale, o d’imperfezione. Se dunque l’evidenza non brilla che sulla imperfezione, non c’è alcun peccato; se essa non illumina che il peccato in genere, senza dire se sia mortale, non è mortale, è solo veniale, giacché soltanto le evidenze hanno valore, cioè una certezza che escluda, di fatto, tutti i dubbi possibili, tutte le minime apparenze d’errore; una certezza calma, piena, sfolgorante, come due e due fanno quattro; al punto ch’io non esiterei minimamente a farne giuramento; al punto che nessuno sarebbe capace di dubitarne; e poiché solo ciò ha valore, tutto il resto per me non conta nulla. 
forse, le paure non sono evidenze; io le sprezzo, passo indifferente attraverso di loro, mi contengo come se non ci fossero. La formula non si riferisce al passato. Essa non dice: Nell’atto compiuto ieri, o poco fa, o già vent’anni, voi avete peccato, soltanto se ora ne avete l’evidenza. Sotto questa forma e presa a rigor di termini, potrebbe essere inesatta; ma ell’è infallibile quando la si applichi al presente e ciò basta: è nel presente che dobbiamo vivere. Se in quel remoto angolo del passato, in cui non ci vedo chiaro, se in quell’altro che s’è sottratto forse alla mia memoria, io abbia peccato, il Signore lo sa, ancorché io dubiti o ignori. Sì, Egli compie il fatto suo che è quello di conoscere, di sapere; fate ancor voi il vostro che è, in questo caso, d’ignorare e di mantenervi in pace. Avete peccato? Ebbene, è cosa fatta e voi non potete mutarla. Santificate il presente. Ma, e se io non mi trovo in istato di grazia?… Il miglior modo di mettervici è quello di fare ciò che Dio vi domanda.Lasciate andare il passato, che non è più; lasciate l’avvenire che non è ancora. Son le azioni delpresente che voi dovete uniformare alla legge morale. Qual che abbia potuto essere la vostra condotta passata, si tratta di sapere ciò che dovete far ora, per rimaner fedele al vostro ideale di perfezione. La formula ve lo dice. Il passato v’impone a questo riguardo un compito qualsiasi, un pentimento, una confessione, una riparazione? L’avvenire che voi dovete preparare, vi impone delle precauzioni, v’indica degli ostacoli che occorre evitare? La formula ve lo dice, o piuttosto ve lo direbbe. Praticamente, camminate dunque senza pensare alla vostra coscienza, come se non ne aveste, giacché o una o l’altra di queste cose: o avete l’evidenza di violare un obbligo, di commettere un male, o non l’avete. Se l’aveste, la vedreste di certo; è proprio dell’evidenza che non si possa non vederla, e ne terreste conto; se invece non l’aveste, qualunque cosa voi facciate è ben fatta, non solo non contrarrete la minima imperfezione – la formula ve lo dice – ma farete benissimo, perché compirete generosamente contro e a dispetto delle impressioni, il principal dovere del vostro stato, che è di guarirvi, di vivere la vostra vera vita e di mettere al sicuro il vostro ideale di virtù.

[…] Camminate dunque, con piena sicurezza, come lo fareste su di una larga strada o negli ampi viali d’un giardino, se foste certo che solo le vipere scorte e riconosciute con tutta evidenza potranno mordervi e, anche allora, alla sola condizione che deliberatamente vi decidiate di offrirvi al loro morso. È questo appunto il vostro caso, il principio ve lo dice. Tale principio, una volta compreso, si rattiene in mente con facilità. Due parole lo riassumono: Camminate, salvo evidenza.

Il principio basta a sé stesso, all’intero suo compito. È assoluto, senza eccezione alcuna; deve restare unico, senza addizioni di nessun genere. Si comprende che tutto ciò che si potrà dire inproposito, non dovrà servire che a spiegarlo, a metterlo in più chiara luce, e non a contraddirlo.Esso rimarrà inviolabile ed inviolato al sommo della pratica, presiedente agli altri principi, da nessuno di questi limitato, e avente dappertutto e sempre l’ultima parola. L’ammalato non si capaciterebbe più se fosse tenuto a concedere qualcosa a delle possibili eccezioni, o a maneggiare per ogni differente categoria di fatti, un differente principio. Non c’è alcuna eccezione da prevedere: esso è assoluto.

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