di Lorenzo Roselli

Forte dei suoi 23 anni di governo (Presidenza e maggioranza in Senato), la destra colombiana è tra le più ancorate al potere dell’America Latina, caratterizzata sicuramente da un’alternanza di diversi partiti (lo storico Partido Conservador Colombiano, il liberal-conservatore Partido de la Unión por la Gente, il liberale Partido Cambio Radical, il democristiano Centro Democrático) ma in ogni caso sempre orientata a politiche economiche di stampo liberista e ad una fedeltà indiscussa al cortile di casa monroeiano degli Stati Uniti d’America.
23 anni sono tanti per modificare l’impianto di uno stato ed i suoi destini: era il 21 giugno del 1998 quando Andrés Pastrana Arango del Partido Conservador Colombiano sconfiggeva Horacio José Serpa Uribe del Partido Liberal Colombiano (la storica formazione socialdemocratica del paese, fondata come corrente liberale classica dagli oppositori di Simon Bolivar già a metà del XIX secolo e divenuta un secolo dopo un antecedente del populismo latinoamericano con il nazionalismo sociale del carismatico Jorge Eliécer Gaitán fino ad assumere posizioni neoliberali con César Gaviria, vantando come senatore tra i tanti Pablo Escobar, e infine aderire all’Internazionale Socialista nel 1999 con Alfonso López Michelsen), da lì in poi avviando una lunga egemonia che ancora regge nel principale paese della Gran Colombia nonostante le asprissime proteste e i conflitti sociali scatenati dal ajuste fiscal del tecnico conservatore Alberto Carrasquilla Barrera fino allo scorso maggio ministro della Hacienda y Crédito Público.
23 anni che non sono tuttavia bastati a formare una Corte Costituzionale in grado di respingere le istanze abortiste che pur a parole molti partiti della Gran Alianza por Colombia (la coalizione di governo) disapprovavano.
Martedì 22 febbraio infatti, la Corte Costitucional ha approvato la legalizzazione dell’aborto procurato fino al 6° mese di gravidanza diventando così il paese sudamericano a “vantare” la più estensiva legge sull’omicidio legale del feto e dell’embrione di tutta l’America Latina.
Preme ravvisare che in precedenza l’aborto non era affatto illegale come sovente scritto dai media italiani, ma permesso sin dal 2006 nel caso di violenze sessuali e per eventuali malformazioni del feto riscontrate dopo amniocentesi (quindi dopo il terzo mese di gravidanza).
Chissà se questo rappresenterà per taluni un’epifania sull’orizzonte valoriale delle destre dell’America Latina che godono di così tanta e trasversale buona stampa in Europa.
Per conto nostro, vi avevamo più volte avvertito.


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Immagine in evidenza: Malad Goyes, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons