Il nome di quinquagesima venne a questa Domenica dai cinquanta giorni che corrono fra di essa e la domenica di Risurrezione. Fu detta anche Dominica carnis privium, perché negli andati tempi in alcune contrade da essa aveva incominciamento il digiuno quadragesimale, forse a fine di compensare col digiuno dei giorni di questa settimana le domeniche della Quaresima, nelle quali non si digiuna.

Piena di consolanti misteri é dessa, egualmente che il numero di cinquanta che le dà il nome.

Ogni cinquanta anni infatti aveva luogo nell’antica legge il solenne Gubileo, tempo di remissione e di beatitudine nel quale davasi dai padroni la libertà ai servi, non già quella libertà libertina che fa l’uomo più che schiavo e lo abbrutisce e getta nel brago delle passioni, ma sì quella santa libertà che rammenta a’ facoltosi e nobili l’essere tutti gli uomini indistintamente figli dell’istesso Padre che è nel Cielo, che li vuole tutti fratelli innanzi a Lui per la carità e l’amore; quindi dopo cinquanta giorni si sacrificavano gli agnelli e finalmente nel quinquagesimo dì dopo la Pasqua, scese il divino Spirito a santificare gli Apostoli nel Cenacolo. Vedi adunque quanto ragionevolmente siffatto numero di cinquanta è posto a significare lo stato della beatitudine nella quale, come osserva il Piazza, ci sarà dato rinvenire l’adozione della libertà, la cognizione della verità, la perfezione della carità.

I cinquanta giorni che principiano con questa Domenica han termine con quella di Pasqua, giorno il più lieto e fra tutti gli altri il più beato per la risurrezione dell’Uomo-Dio, per la compita redenzione dell’uomo.

Siccome però a raggiungere cotanta beatitudine è necessario tener la via della mortificazione e della santa umiltà, cosi la Chiesa in questi ultimi giorni del Carnevale in cui il popolo più follemente si lascia ai sollazzi mondani di questo tempo, così nell’ufficio di tal giorno e nella Messa si piace apparire mesta e severa a fine di tener desto nell’animo il santo timor di Dio, così salutare per tener lungi da noi il vizio ed il peccato. Da questo poco che per noi si è ragionato, chiaro si vede quanto a ragione la Stazione di questo giorno abbia luogo in S Pietro in Vaticano, reggia, la più solenne e splendida, che mai fosse sulla terra del Dio Vivente, sacro palladio di nostra santa Religione, simbolo magnifico della celeste beata magione, cui coll’aiuto di Dio ci sarà un giorno dato pervenire per via dei patimenti e delle lagrime, poiché sta scritto: “beati quei che piangono con ciò sia che essi possederanno il Regno di Dio”.

Oltre la stazione si espone poi in S. Pietro in modo solenne l’Augustissimo Sacramento in forma di 40 ore e ciò ancora per compensare la Maestà di Dio delle offese e dei peccati, che pur troppo commettonsi in questi ultimi giorni di Carnevale, con altrettanti atti di adorazione e di amore da parte delle persone timorate e divote.

Anche nella grandiosa chiesa del Gesù si espone il SS.mo Sagramento con nobile e sontuoso apparato a spese della edificante Congregazione dei Nobili Romani posta sotto il titolo della Santissima Assunta. Ed anche in questa chiesa il S. Padre colla nobile sua Corte suole recarsi ad adorare Gesù Sagramentato nel lunedi grasso. Nella Chiesa poi di S. Maria sopra Minerva, nello stesso scopo di riparazione ed edificazione, con grande concorso di fedeli in questi tre ultimi giorni del Carnevale si recita il Santo Rosario della B. Vergine.

Finiremo notando che in questi medesimi giorni, per statuto di Clemente VIII, gli Operai della dottrina Cristiana si portano alla visita delle Sette Chiese, facendo la Comunione Generale nella Basilica di S. Paolo. Il quale piissimo pellegrinaggio suole celebrarsi nel giovedì grasso dai RR. PP. dell’Oratorio con comitiva di devoti e coll’intervento di Principi e di altri personaggi, avendo luogo la Comunione Generale nell’insigne titolo dei Ss. Nereo ed Achilleo e ciò per istituzione del S. Apostolo di Roma, S. Filippo Neri.

Fonte: Il divin Salvatore. Periodico settimanale romano, Anno I, N. 23, 25 Febbraio 1865, pp. 361-362.



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