Sintesi della 678° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa di Coronavirus, preparata nella festa di Santa Scolastica (10 febbraio 2022) e completata nella domenica di Settuagesima (13 febbraio 2022). La numero 677 è in allestimento a cura di Simone Gambini mentre la numero 679 è in preparazione. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

E’ possibile oggi coerentizzare la ” Rivoluzione conservatrice”? Fare in modo che essa interroghi il presente? È possibile determinare linee di contatto tra la ” konservative Revolution” e lo status di disumanizzazione, smarrimento di Logos e finalità, secolarizzazione, aspetti che permeano la temperie contemporanea? È infine possibile fare in modo che la ” konservative Revolution” sia eredità viva e non materiale da archiviare?

Sono problematiche che percorrono l’ ultima opera dell’ amico Orazio Maria Gnerre, giovane politologo segnatamente interessato alle tematiche di una rifondazione del “decisionismo” e del ” comunitarismo”:” Materiali. Reinterpretare la Rivoluzione conservatrice”(1).

Con questa ultima opera, lo Gnerre ha affrontato la sfida di un nuovo “rischio interpretativo”.

Che cosa tuttora impedisce questo sforzo di coerentizzazione? A che cosa è dovuta la letargia e la refrattarieta’ della storiografia a fare i conti con la ” Rivoluzione conservatrice”? 

La matrice principale, anche se non esclusiva, è il pregiudizio negativo di un certo ” ostracismo liberale”(2) che espunge qualsiasi linea interpretativa che non sia condizionata da una pre- comprensione ermeneutica denigratrice del fenomeno della ” Konservative Revolution”.

Questo pregiudizio comporta la liquidazione del fenomeno della “Konservative Conservative” nella retrogada e oscurantista “cultura di destra” e soprattutto la sua associazione con il nazionalsocialismo.

Rispetto all’ ultimo punto è d’ uopo osservare che, per quanto alcuni autori passarono nelle file del nazionalsocialismo(ad esempio W.Sombart senza ripensamenti, mentre C.Schmitt e M.Heidegger dopo aver all’ inizio nutrito illusioni in una ” rigenerazione” attraverso il nazismo ne presero poi le distanze) la maggior parte avverso’ il nazismo, si tenne in disparte e alcuni autori furono perfino perseguitati (ad esempio, Klaus Haushofer, il “padre della scienza geopolitica e E.Niekisch, teorizzatore di un ” eurasianesimo” fondato sul sodalizio tra nazione tedesca e Unione Sovietica in funzione anti- anglosassone).

La “Konservative Revolution” non condivideva il razzismo biologico, né il neopaganesimo retrogrado professati dal Fuhrer.

Anche l’ opera principale di Moeller van den Broeckv(1875-1925), uno dei principali esponenti di questa corrente culturale,  “Das Tritte Reich”, esula dalla direttrice ideologica nazista, a parte il comune rifiuto della democrazia e del liberalismo.

Alla galassia di questo “ostracismo liberale” nei confronti della ” Konservative Revolution” appartiene la prospettiva di Norberto Bobbio, secondo cui essa sarebbe permeata da spiritualismo vacuo, retorico e pedagogico, mirato a infrenare il positivismo, il progressismo e l’ utilitarismo, come filosofie” anguste”, ” volgari” e ” mercantili”(3); Nicola Tranfaglia, Dino Cofrancesco, Furio Jesi e su tutti Umberto Eco, teorizzatore del cosidetto” Ur- Fascismo” o ” fascismo sotterraneo”(4).

Sono interpretazioni, al limite legittime, ma comunque riduttive, a prescindere dal fatto che considerino la ” cultura di destra” destinata a essere un vuoto contenitore di retorica, destinata a non avere vera e propria eredità dopo Giovanni Gentile, infeconda ai fini di apportare guadagni sul terreno delle scienze positive( Bobbio) oppure che considerino essa una costante dell’ intelligenza culturale” successiva alla Seconda Guerra Mondiale( Furio Jesi).

È appena il caso di ricordare che la dicotomia ” cultura di destra”-“cultura di sinistra”, fabbricata dall’ ideologia liberale stessa, è obsoleta e inadeguata a interpretare un fenomeno complesso come la ” Rivoluzione conservatrice”.

La breve opera” Materiali. Reinterpretare la rivoluzione conservatrice” e’ costituita di quattro saggi con una prefazione del dott. Andrea Giannini, politologo molto erudito sul pensiero di C. Schmitt e una parte conclusiva a carattere fotografico curata dal dott.Andrea Sandri.

L’ autore del “Nomos della Terra” torna nell’ opera a ricoprire un ruolo centrale (che aveva ricoperto in” Prima che il mondo fosse”) come uno dei principali promotori della ” Konservative Revolution”, accanto a E.Junger e a M.Heidegger, mentre nella precedente opera “Dialogo sul conflitto” C.Schmitt ” agiva sullo sfondo” principalmente.

La scelta del giovane politologo beneventano peraltro pare in controtendenza rispetto alla direttrice prevalente della storiografia che non coinvolge di solito direttamente C.Schmitt e M.Heidegger nel cuore della ” Konservative Revolution”, ma tende a considerarli contigui ad essa, ma comunque sullo sfondo.

Gnerre non è d’ accordo sulle interpretazioni unilateralmente politologiche della ” konservative revolution”

D’ altronde il conservatorismo stesso è una disposizione spirituale, prima ancora di essere una “forma del politico”(5). Basti pensare che, nonostante la strumentalizzazione del Fuhrer, ” Das dritte Reich” di Van den Broeck non pretendeva in prima istanza di presentare un regime politico, era semplicemente il titolo di un libro…

Sempre Van den Bruck lasciò ai posteri queste parole di imperitura bellezza “Chi non pensa che lo scopo dell’ esistenza si realizzi nel breve istante, nel momento, nel tempo dell’ esistenza stessa è un conservatore”.

Il “conservatore” è consapevole che la sua opera sarebbe effimera se non poggiasse su di un’eredita’ di valori e,al tempo stesso, di poter costituire un’ eredità di cui i posteri potranno far tesoro.

A differenza dello sterile nostalgismo del “reazionario” e del progressista che considera la storia perenne trascendimento senza permanenza di valori, il ” conservatore” possiede e si affida al “senso dell storia”.

Gnerre ha puntualizzato nel corso della conferenza promossa da ” Das Andere” ad Ascoli Piceno lo scorso 9 ottobre il suo rifiuto di ogni riduttiva interpretazione conomicista della ” Konservative Revolution”: essa non si può certo ridurre alla rivolta di ” ceti piccolo borghesi”, timorosi di essere schiacciati dal trascendimento storico, gelosamente attaccati al proprio mulino e ” minacciati” dall’ orda bolscevica.

Ha altresì rifiutato di interpretare lo svolgimento della ” Konservative revolution” in antitesi tout court al pensiero di K.Marx; ché anzi il ” dialogo” più o meno sotteranneo tra ” rivoluzionari conservatori” e K.Marx è uno degli aspetti emergenti che il Nostro ha intenzione di rimarcare nella sua opera.

La dittatura antiliberale e antidemocratica, permeata da un “pensiero forte” di C.Schmitt e la ” dittatura del proletariato” bolscevica devono essere interpretate, a giudizio di Gnerre, come due declinazioni, ancorche’ differenti, del ” decisionismo” Novecentesco; eventi eccezionali che fanno irruzione e rompono la monotonia borghese, l’ appiattimento sulla ragione calcolante e strumentale che segnava la crisi del soggetto durante il 900′. Su questo terreno C.Schmitt poteva incontrare K.Marx, precisamente sul terreno della critica all’ alienazione prodotta dal capitalismo.

Accanto al Marx ” scientifico”, che da la priorità alle dinamiche sociali- economiche, accanto al Marx ” disincantato” che valorizza l’ epopea moderna della borghesia nella direzione della conquista di tutti i mercati, esiste anche un Marx ” minoritario”, ma interessante, con una coloritura “romantica” e “umanista”, critico della disumanizzazione prodotta dal capitalismo.

Nondimeno, il limite dell’ analisi marxista consiste nell’ assolutizzare la valenza della ” materia sociale” e di ridurre in ultima analisi l'”alienazione” alla dimensione economica; ponendosi sullo stesso terreno e finendo per condividere gli assunti culturali dell’ economia classica che pure aveva criticato(6).

Secondo la caratterizzazione cronologica offerta da Marcello Veneziani(7), la ” konservative Revolution” è un fenomeno definito da due date ben precise, 1918 (fine della Grande Guerra) e 1932( ascesa del nazismo), a loro volta segnate dalla pubblicazione di due opere paradigmatiche: ” Tramonto dell’ Occidente” di O.Splenger ( uscito nel 1918) e ” L’ operaio” di E.Junger( uscita nel 1932).

Armin Mohler (segretario di E.Junger) se ne può considerare il notaio, dal momento che operò una sistematizzazione della storia della ” Rivoluzione conservatrice” tedesca nella sua stessa tesi di laurea del 1949, “Die konservative Revolution in Deutschland”.

Sullo sfondo vi è l’ anima del Romanticismo tedesco in cui questo fenomeno ritrova le sue radici, notevole è il retaggio culturale proveniente dall’ opera di Nietsche, Wagner, Burkhardt, Bachofen e Tonnies ( questo sociologo fu il primo a elaborare una compiuta definizione del concetto di ” comunità”).

Nella sua poliedricita’, nei suoi numerosi affluenti(8) la ” konservative Revolution” risenti’ indubbiamente dell’ influenza della cultura tradizionalista religiosa russa, segnatamente dell’ opera di F. Dostoevskij, che peraltro’ segnò un’ impronta significativa su Van den Bruck.

Le forme politiche del ” nazionalbolsceviscismo” si spiegano proprio in ragione di questa influenza della cultura russa su alcuni ” rivoluzionari conservatori” tedeschi (ad esempio W. Sombart e E.Niekisch).

Essi accolsero con favore la prospettiva di un’ alleanza geopolitica dei “blocchi continentali” ( Germania e Russia) contro le ” potenze mercantili” ( in primis, contro l’ Inghilterra).

Secondo la reinterpretazione che il politologo beneventano intende compiere le categorie di Conservazione e Tradizione con cui solitamente viene disaminata la ” Konservative Revolution” non vanno semplicemente abbandonate, conservano comunque la loro utilità, vanno tuttavia integrate.

Il titolo di una nota opera di J.Herf, “Modernizzazione reazionaria”(9) bene sintetizza la natura del “Conservatore Rivoluzionario”; non il rifiuto tout court della modernita’, non già la pretesa di ingabbiare o frenare il corso della storia, non già lo sterile nostalgismo professato dal ” Culture pessimismus”(10).

Piuttosto, come ha rimarcato lo Gnerre, è fondamentale qui l’ operazione dell’ “Aufebung” hegeliano, il cui risultato è il toglimento e la conservazione al tempo stesso: il ” Conservatore Rivoluzionario” espunge dalla modernità ciò che è decadente e non degno di essere proseguito (ad esempio,il progressismo vacuo i razionalismo astratto, etc), conserva invece ciò che costituisce feconda eredità valoriale. In una sintesi in cui il ” proteron”(passato idilliaco) e l'” usteron”( utopia di un futuro migliore) si ricongiungono tramite un anello.

In questa ottica per Junger si tratta di ” ripensare la tecnica”( non di respingerla tout court) e per Van den Bruck si tratta non gia’ di “immobilizzare la tradizione, ma di ricollegarsi ad essa”.

Di qui il rifiuto da parte del” Rivoluzionario Conservatore” di una filosofia della storia lineare e ” progressista”, piuttosto è una direttrice circolare e a spirale che consente la sintesi di “proton” ed ” escaton”, di ” rivoluzionario” e ” conservatore”, di origine e telos dell’ intero universo politico(10).

Ora ,secondo lo Gnerre, è stata la triade di pensatori Junger- Schmitt- Heidegger a determinare i frutti più significativi della ” Konservative Revolution”. Chi scrive solo dopo aver ascoltato attentamente la conferenza del giovane politologo campano dello scorso 9 ottobre e aver fatto i conti con la sua ultima opera si rende conto peraltro del ruolo decisivo di M.Heidegger e di C.Schmitt, ché precedentemente ero propenso a credere che questi due autori si rapportassero solo in modo tangenziale alla ” Konservative Revolution”.

Aggiungerei per inciso la caratteristica peculiare della cultura filosofica tedesca di determinare attraverso triadi di pensatori la ” forma mentis” di una determinata epoca (ad esempio la triade Fichte- Schelling- Hegel determinò’ l’ idealismo tedesco e la triade, mentre la triade Adorno- Markuse- Horkheimer soppiantera’ la triade Junger- Schmitt- Heidegger nel secondo dopoguerra)

Una volta messe tra parentesi le pur utili categorie di ” tradizione” e ” rivoluzione”, la reinterpretazione della ” konservative revolution” concerne la presa di posizione del ” soggetto” di fronte al binomio Economia- Tecnica, le due dimensioni emergenti della modernità.

Al processo di spersonalizazzione operato dal pantecnicismo, la “konservative revolution” ha risposto con la riscoperta di un “cartesianesimo” di nazionalità tedesca che ,a giudizio di chi scrive, ha la sua ascendenza nella fichiana ” dottrina dell’ io puro” e culmina nella ” Crisi delle scienze europee”, la ben nota opera del 1936 di E.Husserl.

Una risposta dunque alla manipolazione (“utilizzare gli enti obliando il logos che sta a loro fondamento”) prodotta dalla tecnica sfrenata e disinibita, sfuggita quindi al controllo umano, prima e ben più che al marxismo.

“Ripensare la tecnica” per Junger significava riporla sotto il dominio e il controllo del soggetto umano; egli era così distante dalla prospettiva di un rifiuto globale della modernità, che nell’ ” Operaio”, l’ opera forse più paradigmatica della jungeriana ” rivoluzione conservatrice”, il guadagno più significativo della modernità stessa, cioè la centralita’ dell'”homo faber”, dell’ “operaio” si congiungeva con quella tradizionale, di spartana ascendenza  del ” militare”, entrambi accomunati dalla ferrea disciplina, sacrificio e abnegazione, il primo in fabbrica, il secondo in guerra.

Sul rapporto tra nazismo e” konservative revolution” ho già detto succintamente all’ inizio . Nonostante la concezione della ” konservative Revolution” evochi tuttora, a una lettura superficiale, un legame con la barbarie nazista, essa si tenne sostanzialmente al margine del nazionalsocialismo, che ne fu non tanto il coronamento, quanto piuttosto il ” tradimento”.

Dopo l’ entusiasmo iniziale, M.Heidegger si discosto’ dal nazionalsoocialismo, avendo realizzato che esso non andava affatto nella direzione del ” porsi all’ ascolto” dell’ evento rivoluzionario dell’ Essere, ma rimaneva nell’ inglobante della tecnica onnipervasiva (per quanto H.Marcuse, ex allievo dell’ autore di ” Essere e Tempo” , non gli perdono’ l’ adesione iniziale che risaliva alle lezioni presso le università di Marburgo e Friburgo).

C.Schmitt rimase parimenti deluso dal nazismo, che non realizzò quella temperie di decisionismo e stabilizzazione per i quali aveva inizialmente illuso.De hoc satis.

Dato il pregiudiziale ” ostracismo liberale” che permea ancora tanta storiografia, resta un atteggiamento refrattario a tematizzare la ” konservative Revolution” , a maggior ragione, a cimentarsi in una sua reinterpretazione.

Orazio Maria Gnerre ha voluto con la sua ultima opera trasmettere il messaggio che questo ” rischio reinterpretativo” vale la pena, dal momento che il tecnocapitalismo produce crisi ricorrenti, a detrimento del ” soggetto”. 

Nel corso di una conferenza dello scorso 27 gennaio organizzata dal “Centro Dimore della Sapienza”, cui hanno partecipato in qualità di relatori il dott. Roberto Pecchioli, il dott. Paolo Borgognone, il dott. Massimo Selis e , in qualità di moderatore, il dott. Lorenzo Maria Pacini, è emerso il processo disgregatore della globalizzazione tecnocapitalista, che procede a distruggere prima i tessuti sociali- economici, successivamente tutti i vincoli comunitari, a partire dalla famiglia naturale, infine la dimensione dell’ intimità.

Dall’ ultima opera di Orazio Maria Gnerre è emersa anche la necessità di preservare dai processi di disgregazione tecno-capitalista anche la dimensione naturale del linguaggio, per M.Heidegger coestensiva all’ Essere, anzi luogo attraverso cui l’ evento dell’ Essere interpella.

Chi scrive dubita fortemente che una rigenerazione possa partire dal cuore della gioventù, che oggi rappresenta per la grande maggioranza l’ ossevatorio privilegiato del processo di disgregazione tecnocapitalista.

Se talvolta si poteva” rimproverare” agli autori della ” Konservative Revolution” un’ esuberanza delle “idee” rispetto alle” parole”, oggi il processo in corso e’ drammaticamente inverso; con la moltiplicazione di vacui neo- logismi, il pantecnicismo rende artificiale il linguaggio stesso, che di conseguenza non solo non è più topos di manifestazione del pensiero…non fa che manifestarne l’ assenza.

Note

(1)l’ opera fu presentata nel corso del convegno del 5 ottobre 2021 organizzato dall’ associazione “das Andere” presso la sala dei Savi del Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno.Furono relatori il Presidente dell’ Associazione Giuseppe Baiocchi, il dott.Orazio Maria Gnerre, moderatore il dott. Diego della Valle e vi presenzio’ il sindaco di Ascoli Piceno dott.Marco Fioravanti.

Orazio Gnerre si è già segnalato all’ attenzione del pubblico filosofico con 2 opere precedenti, ” Prima che il mondo fosse.All’ origine del decisionismo novecentesco”( Mimesis,2018), ” Dialogo sul conflitto”( Edizione Scientifica, 2021) opera scritta a quattro mani con il prof.Gianfranco La Grassa

(2) l’ espressione è del dottor.Francesco Miolli, dottore in Lettere presso l’ Università degli Studi di Salerno e autore di una recensione all’ ultima opera di Gnerre, pubblicata sul sito ” Il Pensiero storico”( ” Reinterpretare la Rivoluzione Conservatrice con Orazio Maria Gnerre”)

(3) cfr.Norberto Bobbio,” Profilo ideologico del Novecento italiano”, -Torino, 1986,pp.3-4

(4)per Dino Cofrancesco rinvio a ” Destra e Sinistra” in ” Ideologia italiana”, Genova,1984,pp.22-42; per Nicola Tranfaglia al suo articolo ” Scomuniche e Pasticci” apparso su ” Repubblica” il 9 giugno 1986; per Furio Jesi al suo saggio relativamente recente” Cultura di destra con tre inediti e un’ intervista”, Nottetempo,Roma, 2011; infine,per quanto riguarda Umberto Eco,sulla teorizzazione del suo ” fascismo eterno”,permeato dal culto della tradizione,dal rifiuto della modernità,dal rifiuto dello spirito della critica e del progresso,dall’ elitismo menziono il breve saggio del 1975″ Il fascismo eterno”,prodotto in una conferenza tenuta presso la ” Columbia University” nello stesso anno

(5) cfr.Gennaro Malgieri,” Conservatori da Edmund Burke a Russell Kirk”, Il Minotauro,Roma,2006,p.9( introduzione)

(6) cfr.Daniele Perra,” La fascinazione schmittiana per il marxismo” in ” Essere e Rivoluzione”,Nova Europa,Benevento,2019,pp 55- 61 e Orazio Maria Gnerre,”Prima che ilmondo fosse”, cit,pp.42-43

(7)cfr.Marcello Veneziani,” La rivoluzione conservatrice in Italia”, Sugarco,Mi,1986,p.15

(8)ibidem,p.16″ Oltre agli autori già emersi,le figure più rappresentative della Konservative Revolution furono Ernst von Salomon e suo fratello Bruno,diventato poi comunista.Alfred Baumler,l’ esegeta di Nietsche in chiave nazionalsocialista,i poeti Stefan George, Gottfried Benn e Friedrich George Junger,fratello di Ernst,il grande sociologo ed economista Werner Sombart, lo scrittore Hans Grimm,i lteorico austriaco dell’ organicismo Othmar Spam, Hans K. Gunther e Max Scheler.

Sullo sfondo,con una ” fisionomia specifica””non riconducibili a un filone determinato,Marcello Veneziani colloca C.Schmitt e M.Heidegger, quando invece Orazio Gnerre pensa di riporli nel fulcro dell ” Konservative Revolution”e non già a ridosso di essa.

(9) di fatto, G.Herf fu il primo intellettuale a usare l’ espressione ” modernismo reazionario”,a indicare una corrente culturale del 900′ che alla futurista esaltazione della tecnologia univa il rifiuto di alcune direttrici della modernità, il progressismo,l’ egualitarismo astratto e la democrazia liberale

(10)” Kulture Pessimismus” è una forma filosofica basata sull’  idea del declino irreversibile della civiltà moderna.Alcuni noti esponenti furono durante l’800′ A.Schopenauer,M.Arnold,il” primo Nietsche”,pessimista e critico dell’ apollineo classico; durante la prima fase del 900′,O.Splenger in Germania,A.J.Toymbee e T.S.Eliot in Inghilterra

(11) la filosofia della storia di Van Den Bruck è fondata sulla ” conversio”,cioè sulla ricongiunzione tramite un anello metaforico tra la forma politica del ” rivoluzionario” e quella del ” conservatore”. La forma politica del Terzo Reich è superamento e salto qualitativo riapetto a quelle precedenti,tanto da dover essere definita soprattutto in maniera apofatica, per negazione dei caratteri spettanti alle precedenti forme politiche.Prospettiva dunque differente dalle progressiste filosofie della storia contemporanee di matrice illuminista e positivista, basate invece sull’ ” ascensio” , sull’ idea del progresso lineare.cfr.Gennaro Malgieri, ” I conservatori”, cit., p.141

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