Da Grandezze di s. Giuseppe, patrono e modello delle anime interiori
I secreti del cielo per ciò che riguarda il merito e la gloria dei Beati, non sono certamente da investigare; con tutto ciò noi crediamo, seguendo in ciò l’esempio dei dottori, senza nota d’imprudenza e di temerità, di poter stabilire i diritti che sembra avere l’impareggiabile nostro Patrono al più alto grado di grazia, di gloria che sia al di sotto di quelli che la chiesa accorda in cielo a Maria sua casta sposa.
Quando attentamente si considerano col lume della fede le sublimi prerogative onde a Dio piacque di onorare san Giuseppe, si resta persuasi che non gli si può preferire alcuno di quelli che per le loro virtù si sono segnalati avanti e dopo la venuta del figliuolo di Dio.
Tutta la perfezione e la nobiltà del genere umano, in ispezialtà del popolo ebreo, è stata riunita nella persona di lui. Di tutti i figliuoli di Adamo, Giuseppe era per eccellenza colui al quale Dio avrebbe potuto affidare il governo dell’universo; perché l’aveva già scelto ed incaricato del governo del suo divin figliuolo, più saggio, più nobile che tutto il rimanente del mondo. Non può egli dirsi che il nome di lui debb’essere scritto il primo nel catalogo dei santi, essendo stato egli il primo dichiarato santo nel vangelo; che gli altri santi possono riguardarsi come servi inutili; ma che è a dire rispetto a Giuseppe i cui servigi furon vantaggiosi, ed in qualche modo, necessarii alla conservazione ed alla condotta dell’unico figliuolo di Dio? Chi potremo noi mettere al disopra di Giuseppe, dopoché nostro Signore si è messo sotto di lui?
Il Verbo incarnato essendosi scelta per Madre là più pura di tutte le vergini, la più perfetta di tutte le donne che furono e potessero mai essere, si è scelto pure il migliore di tutti gli uomini acciocché gli facesse da Padre; e come l’eterno Padre creò tutte le cose pel suo Verbo, cosi Giuseppe ha, in qualche modo, create di nuovo e rifatte tutte le cose per lo stesso Verbo e dato la salute e la vita agli uomini; di maniera che noi gli siamo obbligati più che a qualunque altro, dopo Gesù e Maria, pel bene delle nostre anime. Avventurato Giuseppe! io mi rallegro di ciò che Dio ha fatto per voi! Voglio impiegare la mia vita ad amarvi, ad onorarvi; e quando le mani mi verranno per lavorare alla vostra gloria, e la voce per pubblicare le vostre maraviglie, io impiegherò quel poco che mi rimarrà di vita per far voti dall’intimo del cuore che il nome vostro sia sempre sulle labbra de’ vostri figliuoli, che le generazioni presenti e future raccontino le vostre grandezze e dappertutto, ove sarà annunziata la gloria di Gesù è di Maria, sieno annunziati altresì i buoni uffizii che loro avete reso, le grazie onde siete stato arricchito, il potere che avete ricevuto e la sublime gloria alla quale siete stato innalzato.
Esempio. L’ultima messa del Venerabile De–la–Salle.
Colpito da una mortale malattia che lo trasse al sepolcro, il venerabile fondatore dei Fratelli delle scuole cristiane, faceva di tutto per non lasciarsi vincere dai dolori che l’opprimevano affine di continuare ad adempire ai doveri della sua carica. Se non che in sul finire della quaresima si fece cosi violento, che costrinse il venerabile De-La-Salle a giacersi sempre in letto. A misura che sentiva mancarsi le forze, gli cresceva la gioia nell’anima e trasparivagli in sul viso. Io spero, ci diceva, che ben presto sarò liberato dall’ Egitto per essere introdotto nella vera terra promessa. Intanto s’avvicinava la festa di san Giuseppe. La divozione particolare da lui professata verso questo gran santo, scelto da lui a patrono e protettore dell’Istituto, gl’inspirava un’ ardente brama di celebrare in quel giorno la santa messa in onore di lui; ma doveva starsi pago di desiderarlo, giacché non era possibile, senza una specie di miracolo, di poterlo fare; eppure questo favore che il servo di Dio non osava aspettare non che chiedere, gli fu concesso. La vigilia della festa del santo, verso le dieci ore della sera, sentissi scemare i dolori e rinvigorire le forze. Di che egli fu cosi meravigliato che pensossi sognare, e non ne fe’ motto a veruno. La mattina seguente s’avvide che quel miglioramento era né sogno né immaginazione; poiché si conobbe in istato di potersi levare, e di celebrare i divini misteri. Grande fu per ciò la sua gioia in poter appagare la sua divozione; più viva fu quella dei suoi figliuoli, i quali lo credettero affatto guarito per un miracolo dell’Onnipotente. Tutti ne benedirono, esaltarono e ringraziarono la bontà di Dio e del loro patrono san Giuseppe. Il sant’uomo approfittossi di questo favore, e sali sull’altare con quel raccoglimento e fervore che richiedeva l’ultima sua messa. Il modo sciolto e disinvolto ond’ei la celebrò, fe’ credere ai fratelli che Dio, per la intercessione di san Giuseppe, gli avesse restituita la sanità. Si diedero premura di chiedergli avvisi pel loro spirituale profitto, come s’ egli fosse al tutto risanato; ed ei li diede loro per l’ultima volta colla speditezza d’un uomo ben sano e robusto; alla perfine, soddisfatto che ebbe alla sua pietà ed a quella de’ suoi fratelli, ricadde malato; gli si stremarono le forze, e la sua fine parve ormai prossima. Capirono allora, con sommo lor dispiacere, i fratelli, che la sanità non gli era stata punto ridonata, sibbene solo prestata acciocché potesse celebrare la santa messa in onore di san Giuseppe, e soddisfare alla sua divozione verso questo gran santo. In fatti, indi a qualche giorno, egli s’addormentò nel Signore, giungendo le mani, e lanciando un ultimo sguardo verso il cielo, pieno d’amore e di confidenza.
PRATICA. Ascoltate tutti i mercoledì la santa messa in onore di san Giuseppe.
ORAZIONE GIACULATORIA. Gesù, Giuseppe e Maria a voi mi affido per tutta la vita mia.
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Fonte immagine beweb.chiesacattolica.it