I ciceri e tria sono un piatto tipico salentino un tempo legato esclusivamente alla festa di San Giuseppe, il 19 marzo, ma che oggi si trova nei ristoranti tutto l’anno. Si tratta di un piatto molto antico, che viene citato addirittura dal poeta Orazio nel 35 a.C. Vengono chiamati anche “massa di San Giuseppe”, “lajana e ciciri” o “massaciciri”. La tria (il termine probabilmente deriva dall’arabo “ittrya”, cioè pasta fritta o secca) è una sorta di tagliatella, più spessa e a volte irregolare, fatta con semola di grano duro e acqua. La particolarità dei ciceri e tria è l’aggiunta, a quella che può sembrare una comune pasta e ceci, di una parte della pasta fresca fritta, che conferisce croccantezza al piatto.

Del resto, a Roma San Giuseppe viene definito “frittellaro” e molte ricette a lui dedicate sono fritte e i ceci sono tra gli alimenti caratteristici della devozione a questo santo. In alcune versioni dei ciceri e tria, la pasta viene arricciata su se stessa e questa forma starebbe ad evocare la barba di San Giuseppe.

Questo piatto è stato riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali come prodotto agroalimentare tradizionale pugliese.

La ricetta dei ciceri e tria è tratta dal libro “Santa Pietanza” di Lydia Capasso e Giovanna Esposito.

DOSI: 6 persone

DIFFICOLTA’: Media

PREPARAZIONE: 40 minuti

RIPOSO: 12 h e 30 minuti

COTTURA: 2 h e 10 minuti

COSTO: Basso

INGREDIENTI:

Per la pasta:

  • 300 g di semola di grano duro
  • Acqua q.b. (a temperatura ambiente) (190 g circa)
  • 1 pizzico di sale

Per il condimento:

  • 300 g di ceci secchi
  • 1 foglia di alloro
  • 1 costa di sedano
  • 8 pomodorini
  • 1 peperoncino piccante
  • Olio EVO q.b.
  • Sale q.b.

PREPARAZIONE:

Per preparare i ciceri e tria, la sera prima mettete a bagno i ceci in acqua fredda.

Il giorno dopo eliminate l’acqua, sciacquate i ceci e metteteli in una pentola, coperti con abbondante acqua, con un filo d’olio, il sedano mondato e tritato, l’alloro e i pomodorini tagliati a pezzetti. La ricetta originale prevedeva anche l’aggiunta di uno spicchio d’aglio ma io l’ho omesso. Quindi, coprite con un coperchio e portate a bollore, dopodiché abbassate la fiamma e fate cuocere per circa due ore, fino a quando i ceci diventeranno teneri, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno. Poi eliminate l’alloro e salate.

Nella ricetta originale c’era scritto di far dorare un altro spicchio d’aglio, tritato, in abbondante olio e di versare il tutto sui ceci quando questi sono a metà cottura ma io ho saltato questo passaggio.

Intanto, preparate la “tria”: sulla spianatoia impastate la semola con un pizzico di sale e l’acqua necessaria (a me ne sono bastati 190 g) ad ottenere un impasto liscio e sodo ma lavorabile. Poi formate una palla e fatela riposare per circa mezz’ora, ricoperta con una ciotola.

Trascorso questo tempo, stendete la pasta in una sfoglia di 2-3 mm e ritagliatevi delle tagliatelle larghe un dito e lunghe 10-15 cm.

Quando i ceci saranno cotti, allungate con un po’ d’acqua il loro brodo di cottura, se necessario. Quindi, portatelo a bollore e cuocetevi ¾ della pasta, tenendola al dente. Basteranno un paio di minuti. La minestra dovrà rimanere piuttosto densa ma non asciutta. Poi spegnete il fuoco e fate riposare per cinque minuti.

Nel frattempo, in una padella scaldate dell’abbondante olio extravergine d’oliva con il peperoncino e friggetevi la pasta rimanente, fino a quando diventerà dorata e croccante. Ci vorranno circa dieci minuti. Poi sgocciolatela su carta assorbente.

Infine, servite la pasta e ceci cospargendo ciascun piatto con la tria fritta.

Alla prossima ricetta,

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