Come spesso capita, i pastrocchi del Vaticano neomodernista alimentano le smanie del tradizionalismo. E in un clima di sospetto generale gli autogol si moltiplicano.
Che accade? Facciamola breve: nella preghiera della consacrazione di Russia e Ucraina – scritta malino, per usare un eufemismo – spunta un passaggio con un curioso ”titolo mariano”: Terra del Cielo (Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione. Tu, “terra del Cielo”, riporta la concordia di Dio nel mondo). E appunto: apriti cielo!
Giornalisti santamartani che, con tanto di spiegazioni sui media ufficiali, parlano di citazione da un non meglio precisato inno slavo-bizantino; “tradizionalisti” in agitazione che temono consacrazioni a Pachamama (non senza qualche legittimo sospetto visti i riferimenti passati); vescovi Novus Ordo (che clebrano abitualmente un rito fatto a tavolino coi protestanti) che improvvisamente invocano una corretta filologia mariana. E via di botti, dubbi, ansie, terrore.
Ebbene riescono a sbagliare tutti. Il Vaticano con la sua smania di nuovismo è perennemente alla ricerca di cose ad effetto per comunicare in maniera meno immediata ciò che dicono benissimo le formule antiche (vedere i titoli delle Litanie Lauretane), in più andando a rovistare – come vedremo a breve – tra soluzioni lontane e complesse quando la risposta è vicina e semplice. Dall’altra chi tra i “tradizionalisti” ma ancor più tra i “conservatori” cerca i problemi dove non ci sono e li ignora dove ci sono: se un terzo delle energie impiegate in questa storia fossero state usate per denunciare l’indifferentismo delle varie Assisi, gli svarioni ratzingeriani e le lacune della “nuova Messa”, sarebbe stato meglio per tutti.
La soluzione? Facilissima. Di ”terra coelestis”, terra celeste, parla addirittura San Pier Damiani, Dottore della Chiesa, nel suo celebre Rhythmus de S. Maria Virgine Maria. Commenta Felice d’Onufrio, Gl’inni sacri di Alessandro Manzoni e la lirica religiosa in Italia, 1894:
L’invoca infatti col nome di fonte della fonte vivente, di oriente dell’oriente, di porta chiusa del tempio , di aula del supremo re, di orto delle delizie, di profumo delle soavità , di fecondo campo benedetto da Dio dal quale sorse la gemma che, compressa dallo strettoio della croce, irrigo le aride menti col vino dello Spirito Santo; la chiama ancora terra celeste ferace di latte e miele, e la prega perchè accolga il nostro saluto come quello di Gabriele.
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Immagine da link a libro digitale.