ISTRUZIONE

Oggi è l’unico giorno in cui non si celebra Messa, per rispetto al Sacrificio cruento che Gesù Cristo fece di Se stesso sulla Croce. Il
Venerdì Santo è chiamato Parasceve, nome che deriva dal Greco, e significa Apparecchio, usato dagli Ebrei per indicare il giorno precedente la Pasqua, nel quale apparecchiavano il necessario agli usi della vita per il giorno seguente, in cui non era lecito apprestare cosa alcuna. Questo giorno, ritenuto l’antico nome, fu dai tempi apostolici consacrato alla memoria della passione di N. S. Gesù Cristo.

La Chiesa oggi innalza preghiere per ogni sorta di persone ad indicarci che Gesù Cristo è morto per tutti. Finite le preghiere si scopre la Croce. Il Sacerdote, stando in piano dal lato dell’Epistola, indi ascendendo l’altare, poi recandosi nel mezzo, toglie a poco a poco il velo dalla Croce, la mostra al popolo dicendo: “Ecce lignum crucis”. due cantori soggiungono: “quo Salus Mundi pependit” e tutto il coro ripete: “Venite, adoremus”.
 Collocata la Croce sopra uno strato prezioso, vengono tutti i Sacerdoti ed i chierici minori senza calzari ad adorarla, genufiettono tre volte, e dopo la baciano. Solo in questo giorno si esponeva in Gerusalemme la vera Croce di Gesù Cristo, e molti reputano che da questa consuetudine sia venuta la disciplina di esporre alla pubblica adorazione la Croce nel Venerdì Santo.
Nel tempo dell’adorazione della Croce si cantano alcuni versetti chiamati “Improperii”. Dopo l’adorazione della Croce si trasporta con solenne processione il Santissimo Sacramento dall’altare dove era stato riposto nel Giovedì Santo, all’altare dove si deve celebrare la Messa, detta dei Presantificati. Questa Messa ha un rito suo speciale, e si riduce alla sola incensazione dell’altare, al canto del Pater Noster (dopo il quale divisa l’Ostia se ne pone una particella nel calice) alla recita di una orazione,
ed alla Comunione. Sul principio di questa Messa non si accendono i lumi, per esprimere le tenebre da cui fu coperta la terra in tale giorno; l’altare poi, ch’è senza paramenti, ricorda la nudità di Gesù Cristo.

VEXILLA REGIS

In occasione dell’arrivo a Poitiers della reliquia della Santa Croce, il poeta Venanzio Fortunato compone un poemetto in dimetri giambici. Il testo ha subito alcuni rimaneggiamenti nel corso del tempo; la versione qui riportata è detta “di Urbano VIII” (fonte di queste informazioni: https://www.mpasceri.it/sito/preghiere/vexilla_regis_prodeunt.asp)

Vexilla Regis prodeunt:
Fulget Crucis mysterium,
Qua vita mortem pertulit,
Et morte vitam protulit.

Quae vulnerata lancae
Mucrone diro, criminum,
Ut nos lavaret sordibus,
Menavit unda, et sanguine.

Impleta sunt, quae concinit
David fideli carmine,
Dicendo nationibus:
Regnavit a Ligno Deus.

Arbor, decora, et fulgida,
Ornata regis purpura,
Electa digno stipite
Tam sancta membra tangere.

Beata, cujus brachiis
Pretium pependi saeculi,
Statera facta corporis,
Tulitque praedam tartari.

Crux, ave spes unica,
Hoc passionis tempore,
Piis adauge gratiam,
Reisque dele crimina.

Te, fons salutis, Trinitas,
Collaudet omnis spiritus:
Quibus Crucis victoriam
Largiris, adde premium. Amen.



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