L’anno 1950, anno del Giubileo, la Pasqua ricorreva il 9 aprile. Pio XII, allora sedente sul trono di san Pietro, scese in San Pietro per immolare il santo sacrificio secondo le secolari cerimonie della Cappella Papale (vedi La Cappella Papale di Pasqua). Assistevano al sacro rito trecentomila persona, fuori e dentro la Basilica.
Dopo il duplice canto, latino e greco, del Vangelo, il Pontefice rivolgeva ai presenti la seguente omelia. E la rivolgeva il latino, lingua antica, ma non morta per essere la lingua della Chiesa del Dio vivo.
Il testo integrale latino si può trovare sul sito della Santa Sede.
Ecco qui comunque, in italiano, una saggio delle parole, attualissime, del Sommo Pontefice.
Siamo il Corpo Mistico di Gesù: là dove è giunta la gloria del Capo, ivi viene anche sollecitata la speranza del Corpo. «Come Cristo risuscitò da morte … così noi viviamo una nuova vita» (Rom. VI, 4). E come «Cristo, risuscitato da morte, non muore più, la morte più non lo dominerà» (Rom. VI, 9) così noi, dietro il suo esempio e nutriti dalla sua grazia, dobbiamo non solo spogliarci «dell’uomo vecchio, il quale per le passioni ingannatrici si corrompe» (Ephes. IV, 22), ma dobbiamo anche «rinnovarci nello spirito della nostra mente per rivestirci del uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (cfr. Ibid. XXIII, 24). Queste stupende esortazioni dell’Apostolo delle Genti sembrano quanto mai opportune nella solennità dell’Anno Santo, quando i fedeli di tutto il mondo — attingendo ai tesori spirituali della Chiesa — sono chiamati non solo ad espiare i propri peccati e a una forma più perfetta della vita, ma ad adoperarsi ciascuno secondo le proprie forze, affinché tutti gli altri, dopo essersi mondati dalle colpe e spogliati dagli errori e dai pregiudizi, si accostino con cuore ben disposto a Colui che è via, verità e vita (cfr. Joann. XIV, 6). Non vi può essere tranquillità né per i singoli, né per i popoli, né per le nazioni, se non a condizione che tutto sia composto in quell’ordine che nasce dai precetti del Vangelo e che è confermato e riscaldato dalla divina grazia. Riflettiamo tutti ciò che Cristo disse agli Apostoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace; io non ve la do in quel modo che la dà il mondo» (Joann. XIV, 27). Ben sappiamo per triste esperienza, quanti delitti e stragi e guerre furono cagionati perché gli uomini abbandonarono la strada maestra che il Divin Redentore indicò con lo splendore della sua luce e consacrò con il suo Sangue. A quella strada bisogna tornare, tutti e ciascuno, e tener presente che la pace non potrà governare la società, se prima non ispiri e guidi l’animo di ognuno. Per questo è necessario da forti frenare gli smodati e cattivi appetiti, è necessario rendere soggetti questi alla ragione, e la ragione a Dio e a la legge divina. Da questo punto di vista, è ottimo l’insegnamento del sommo oratore Romano, sebbene pagano. «A siffatte perturbazioni che la stoltezza introduce nella vita umana e aizza come furie, dobbiamo resistere con tutte le forze e con tutti i vizzi, se vogliamo trascorrere con placida tranquillità quei po’ di tempo che e dato alla nostra vita» (Cic. Tusc. III c. 11).Ma «il risanamento di (questi) mali è riposto solo nella virtù» (Ibid. IV, c. 15).Brilli, adunque, negli animi, fiorisca nella vita familiare, trionfi in mezzo alla civile società quella cristiana virtù, da cui soltanto è lecito sperare quel rinnovamento dei costumi e quella restaurazione giusta e ordinata del benessere de le Nazioni, che è nei comuni voti di tutti.. Cristo, come ben sapete, non si limita, come i sapienti di questo mondo, ad insegnarci le virtù; ma. affinché noi abbiamo a -faticosamente raggiungerla. ci ammonisce con il suo esempio, stimola la nostra volontà e la fortifica con la sua celeste grazia. Inoltre ci attira e ci scuote additandoci la meta nel premio della felicità eterna. Se tutti si decideranno a seguirlo, saranno fatti partecipi di quella intima serenità, che è la perfezione della gioia (cfr. S. Thom., Summ. Theol., I-II q. 70. a. 3), anche se dovranno subire angustie, persecuzioni e1 umana ingiustizia; infatti accadrà loro quei che già in altri tempi accadde agli Apostoli, i quali «se ne andavano dal cospetto del consiglio, contenti per essere stati degni di patir contumelia per il nome di Gesù» (Act. Ap. V, 41).Di più, se tutti in realtà raggiungeranno questa intima vera pace, che si basa sulla legge divina e trova i! suo perenne alimento nella divina grazia, allora, spenti gli odii, calmate le passioni, distribuite le ricchezze con più equo criterio di giustizia e di carità, potrà finalmente con immancabile certera e con sereno auspicio sorgere per il mondo intero quella che fu definita «l’ordinata concordia» (S. Aug. De Civ. Dei, 1. XIX, c. 13). E’ questa la fervente preghiera, che Noi rivolgiamo al Divin Redentore, che oggi celebriamo trionfatore della morte, mentre non cessiamo di ripetere a voi, Venerabiii Fratelli e diletti figli, le indimenticabili parole deli Apostolo, quanto mai confacenti alla odierna celebrazione; «Siate allegri, siate perfetti , consolatevi, siate concordi, state in pace, e il Dio della pace e delta carità sarà con voi» (Il Cor. XIII, 11). Amen.
Secondo l’ordinario poi il pontificale proseguiva verso l’offerta del sacrificio, introdotto dal canto del Prefazio di Pasqua e dal canto del Sanctus eseguito dalla Cappella Sistina diretta dal Maestro Mons. Lorenzo Perosi.
Al culmine del solennissimo rito la benedizione Urbi et Orbi.
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fonte immagine liturgia.mforos.com
fonte video ProVaticanus