Volentieri offriamo ai lettori un utilissimo estratto del Compendio di logica e metafisica di Padre Matteo Liberatore. Perché proporre questo testo? Perché comprendere la “gerarchia delle certezze” significa avere un corretto modus cogitandi e avviarsi, attraverso una più profonda cognizione della realtà, a riconoscere l’ordine d’importanza delle verità che ci circondano.


[…] IV. La certezza metafisica, fisica e morale differiscono specificamente tra loro, e l’una è superiore all’altra. 

Dim.: Che differiscano specificamente, non ha bisogno di prova; giacché in esse l’obbietto formale è diverso e l’obbietto formale impartisce la differenza specifica all’atto e a tutto ciò che risulta dall’atto. Che poi l’una sia superiore all’altra, facilmente ti apparisce, se porrai mente non alla parte negativa, cioè all’esclusione del dubbio (la quale è del tutto indivisibile e non ha gradi), ma alla parte positiva della certezza, cioè alla intensità dell’adesione, la quale procede dall’efficacia dell’obbietto formale. Imperocché, come è chiaro per la tesi seconda, la certezza è proporzionata al motivo, in virtù del quale l’obbietto trae all’assenso. Dunque, ove il motivo è più attuoso e dotato di forza maggiore, la certezza, che ne conseguita, è più prestante. Or così avviene della certezza metafisica nel paragone colla fisica, e della certezza fisica nel paragone colla morale. Dunque la seconda supera la terza, ed entrambe son superate dalla prima. 

Ma per porre quasi sotto occhio la cosa con un esempio, prendansi tre giudizi, de’ quali il primo abbia certezza metafisica, il secondo fisica, il terzo morale. Sian questi: Il tutto è maggiore della parte, L’acqua rinfresca, I benefici allacciano i cuori. Come ben vedi, la prima proposizione risulta dalla identità delle idee, ed è tale che l’ opposto ripugna del tutto. La seconda si appoggia alle leggi di natura, le quali si raccolgono con la osservazione e con la esperienza. La terza si fonda sulla stabilità delle leggi morali, le quali, benché siano di per sé ferme, tuttavia inchiudono ordine alla volontà, che in un ente mutabile può andar soggetta a depravazione. Ora, sebbene ciò non tolga la certezza propria di tale obbietto, tuttavia rende meno stretto il legame che stringe l’attributo col subbietto della proposizione. Il perchè i giudizi del secondo e terzo genere non godono d’una necessità assoluta, ed involgono sempre questa condizione: purché Dio non deroghi alle leggi di natura, e le leggi morali esercitino la virtù loro sul subietto, di cui si tratta. Le quali cose essendo così, non vi ha chi non vegga che le tre enumerate specie di certezza non solo differiscono tra loro, ma inoltre son tali che l’una prepondera all’altra. Di esse, com’ è chiaro, la più eccellente è la metafisica; a cui è seconda la fisica; il terzo luogo è tenuto dalla morale. 

V. La certezza della Fede soprannaturale è maggiore di qualsiasi certezza naturale. 

Dim. Questa proposizione non è che il corollario della seconda e della terza tesi. Imperocché la fede soprannaturale somministra alla mente un più stabile motivo di assenso ed un lume più perfetto, che qualsivoglia naturale evidenza. Laonde, se la certezza tanto é maggiore, quanto più nobile é il lume che irradia l’intelletto, e più fermo ed alieno da falsità il motivo che tira all’assenso; ognuno intende da sé medesimo che la certezza della fede soprannaturale debb’ essere maggiore di qualunque certezza naturale. 

51. Obbiezioni. Obb. I. La certezza, qual che ella sia, è posta in indivisibile, cioè nell’esclusione del dubbio. Ma cose sì fatte non hanno gradi, e però l’una non può superarsi dall’altra. Dunque la certezza in qualunque verità è la stessa. 

R. Dist. la magg: La certezza, quale che ella sia, è posta in indivisibile, quanto alla sua parte negativa, conc.; quanto alla sua perfezione positiva, da cui deriva quella negazione, nego. Dist. del pari la min.: Ciò che è di tal fatta, cioè che da ogni lato è posto in indivisibile, non ha gradi, conc.; altrimenti, nego. La diversità della certezza e l’eccellenza dell’una sull’altra non si desume dalla esclusione del dubbio, che è la sua parte negativa, ma si desume dalla positiva perfezione dell’adesione dell’animo e dalla diversità del motivo, che tira all’assenso. Il che essendo spiegato nella dimostrazione, non ha bisogno di essere qui novamente chiarito. 

Replicherai: Almeno la certezza della Fede non è superiore alla certezza naturale, ma piuttosto è inferiore. Perciocché la certezza naturale convince anche i riottosi; al contrario la Fede non trae, se non quei che vogliono. 

R. Nego tal replica. In quanto alla dimostrazione dist : La certezza naturale costringe anche i riottosi in virtù della sua maggiore fermezza, nego; in virtù dell’evidenza, di cui è dotata, concedo. Essendo la mente una facoltà necessaria, non può negare l’assenso al vero evidentemente propostole, essendovi determinata dalla propria natura. Per contrario, ove manca l’evidenza, manca il mezzo naturalmente acconcio a conseguire l’adesione dell’intelletto. Di qui è che la verità naturale, la quale apparisca con evidenza, costringe all’assenso; non così la verità soprannaturale, la quale si appoggia a criterio esterno, cioè all’ autorità di Dio rivelante. Ma da ciò segue soltanto che il primo assenso sia necessario, perché evidente; l’altro libero, perchè d’evidenza privo. Or noi ricavammo la preminenza della Fede, a fronte della certezza naturale, non dall’evidenza e necessità dell’assenso, ma dalla nobiltà del lume soprannaturale, che irradia la mente, e dall’eccellenza del motivo; le quali cose di gran lunga sono più prestanti nella Fede, che nella conoscenza naturale. 

Obb. II. Non si dà certezza fisica e morale. Imperocché la certezza esige esclusione di dubbio, e il dubbio non è escluso né dall’una né dall’altra. Potendo le leggi, sì fisiche come morali, patire eccezione; nei singoli casi assentiamo all’obbietto in modo, che sempre dubitiamo non forse allora appunto abbia ad avverarsi l’eccezione. 

R. Nego l’assunto. Quanto alla dimostrazione, conc. la magg. e nego la min; alla cui prova aggiungo questa distinzione: Se dalle circostanze non apparisce che in quel caso non ha luogo l’eccezione, conc.; se ciò apparisce, nego. 

Essendo che il solo Dio può derogare alle leggi naturali, e non operando egli inconsultamente; ci comporteremmo da sciocchi se, quando non ci è ragione, la quale persuada essersi in quel caso sospeso il corso della natura, sospettassimo che ciò sia avvenuto. Del pari, dovendo nelle leggi, che regolano i costumi umani, derivar l’eccezione dall’abuso della libertà, pel quale siasi quasi spogliata la natura di uomo; è fuor di proposito il dubbio, quando non vi ha ragione, che induca a credere si strano accidente nel caso, di cui si tratta. Per la qual cosa, benché assolutamente ed astrattamente sia possibile l’eccezione; nondimeno possiamo sapere che essa concretamente e relativamente a quel dato caso non si verifica: e però l’assenso all’obbietto è senza esitazione.

Questo soltanto dall’obiettata possibilità può inferirsi, che la certezza fisica e morale non è del tutto assoluta, come la metafisica, di cui il contrario ripugna del tutto; ma è sempre ipotetica, in quanto involge come condizione che non siasi derogato alle leggi, che reggono il corso ordinario del mondo. Il che, a voler dire il vero, non distrugge la natura della certezza, ma solo ne costituisce un grado inferiore. 


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Foto modificata di Rafael Guajardo da Pexels