Punto I – Più volte Gesù Cristo ha predetta agli Apostoli la sua amara Passione; ed è da considerarsi quello, che ne seguì. Parla della sua Passione dopo averlo Pietro confessato Figlio d’Iddio, e ne parla per eccitare tutti ad imitarlo nel portare pazientemente la Croce; essendoché non potrà nella Gloria con Lui gioire, chi ora non vuole con Lui patire. Ma Pietro che fa? Sia per diabolica tentazione, sia per tenerezza di amore, gli si oppone, e lo dissuade coll’opinione, che una Passione sì obbrobriosa non sia convenevole al Figlio di un Dio vivo e immortale. Parla Gesù Cristo della sua Passione agli Apostoli un’altra volta nel ritorno da Galilea in Gerusalemme; e spiega loro i penosi disonori, che ha da soffrire, acciocché imparino dalle umiliazioni di un Dio a esser umili: e che ne avviene? Due di essi, Giacomo, e Giovanni, s’invaniscono sorpresi dall’ambizione di salire a dignità, e preminenze: onde bisogna che il Salvatore gli sgridi, e lor faccia intendere, che non è il suo Regno se non per chi sta in umiltà.
Riflessione – Si rifletta, come succede l’istesso anche a noi; e se erano degni di qualche scusa gli Apostoli, perché il Mistero della Croce non era per anco da loro inteso, che scusa vi può essere per noi, se da’ pensieri della Passione non ricaviamo profitto? Nella Meditazione anch’io propongo di mortificarmi, e umiliarmi: ma quante volte, per opera sia dell’amor proprio, sia del Demonio, mi sento ritirato dalla mortificazione, e dall’umiltà? Non ostante che in ogni punto della Passione di Gesù Cristo mi dica al cuore d’imparare da Lui ad essere umile, quante volte io sono per anco gonfio di propria stima, pieno di vanità, di pretensioni, e puntigli?
Colloquio – Redentore dell’Anima mia, deh investitemi del Vostro Spirito, affinché io superi e vinca questa repugnanza, che ho in me stesso al patire. Ove si tratta di annegare certe mie volontà troppo umane, conosco per una parte li miei doveri; ma per l’altra parte mi sento codardo e debole, e mi ritiro per poco dall’eseguire ciò che Voi m’ispirate. Specialmente la mia superbia oh quanto è grande! Io non so chi vi sia, che abbia né tanti lumi, né tanti motivi a praticar l’umiltà, quanti ne ho io dalla Fede nella Vostra Santa Passione. Gesù dolcissimo, Gesù amantissimo, Maestro della vera pazienza, e della vera umiltà, fatemi imparare queste virtù, che voi vi siete degnato d’insegnarmi. Non permettete, che sia infruttuosa la Vostra Passione per me. Io mi prostro a’ piedi della Vostra Grandezza, e vi prego, datemi grazia di meditarla con frutto.
Pratica – M’imprimerò questa massima, che né senza umiltà, né senza pazienza mi salverò. Sarò paziente, se sarò umile: e sarò umile, se m’internerò a conoscer bene le mie miserie.
Punto II – Mentre stanno le turbe a far meraviglie sopra i veduti miracoli, parla Gesù Cristo un’altra volta della sua Passione agli Apostoli, e dice loro: Tenete ben a mente queste parole: poiché così sarà, ch’io sarò dato nelle mani de’ miei nemici. Così Egli dice, acciocché sappiano, che nulla a lui succederà suo malgrado, e tutto sarà di sua spontanea volontà; e quindi anche intendano, e si ricordino, allorché lo vedranno morire in Croce, ch’Egli è un Uomo Dio. Non può il Salvatore parlare più chiaro per imprimere ne’ loro animi il grande Mistero; e nulladimeno essi non capiscono punto ciò ch’Egli voglia dire, come se fossero ciechi, o insensati. Torna Gesù Cristo a parlar loro dell’istessa Passione, con dire apertamente, che sarà tradito, e schernito, e flagellato, e sputacchiato, ed ucciso, com’è stato di Lui predetto nella Scrittura: e di tutto ciò nulla per anco essi intendono: e stimando essere questo un dire allegorico, ne stravolgono il senso coll’applicarlo a tutt’altro, che alla verità dell’imminente Passione. Quindi è, ch’entrano in gara di maggioranze a ogni poco, senza rassodarsi nell’umiltà, ch’è la virtù insinuata dal Divino Maestro.
Riflessione – Non investighiamo, onde sia provenuto ciò negli Apostoli, e sopra di noi riflettiamo. Non sono forse tale ordinariamente ancor io, quando leggo, o medito la sagrosanta Passione, stupido, ottuso, che né capisco, né intendo? Nel pensare, chi è, che patisce, perché patisce, e per chi, io non ho quasi cognizione alcuna di sentimento, come se in me fosse affatto morta la Fede: e chi sa, che questa mia oscurità di mente, e questa mia durezza di cuore non sia forse un effetto di quel tremendo castigo minacciato alli reprobi, che per i Misteri del Salvatore saranno privi d’intendimento?
Colloquio – Io lo temo, o mio Dio, ed ho per i miei peccati una giusta occasione a temerlo; ma a Voi grido misericordia, o illuminatore dell’Anime, e vi supplico di rischiarare queste mie tenebre. È vero, ch’io sono indegnissimo de’ vostri lumi: ma vi prometto col vostro aiuto, che non più me ne abuserò, e me ne prevalerò con fedeltà a Vostra Gloria. Aprite gli occhi della mia mente, soprannaturalizzate il mio cuore, e datemi il dono dell’intelletto, per trattenermi ne’ dolorosi Misteri con attenzione e divozione, e per movermi alla compassione, e alla compunzione. Io né fo, né so fare orazione; poiché in verità che orazione è la mia, dopo la quale mi trovo colle passioni più che mai vive? Deh mio Gesù, voi siete buono; e per le viscere della vostra misericordiosa Bontà io vi prego, insegnatemi, aiutatemi colla Vostra Santissima Grazia.
Pratica – Mi raccomanderò nel principio, e nel fine della Meditazione alla Beatissima Vergine, e nella mia indegnità spesso mi umilierò, non essendo solito Iddio concedere il dono dell’Intelletto, che agli umili.
Fonte: Pensieri ed affetti sopra la Passione di Gesù Cristo per ogni giorno dell’anno, ricavati dalla Divina Scrittura e dai Santi Padri per opera di Fr. Gaetano Maria da Bergamo cappuccino (Venezia 1811). Dalla pagina Facebook Christus Vincit.
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Fonte immagine beweb.chiesacattolica.it