Volentieri offriamo ai lettori questo estratto dal IV volume della Storia universale della Chiesa scritta dal Card. Hergenröther (La Chiesa educatrice nella società medievale e l’Impero carolingio). 

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Di soppiatto si mantenevano ancora delle reliquie degli antichi manichei in Italia, d’onde potevano agevolmente comunicare coi pauliciani dell’impero greco [1]. Dall’Italia, sull’entrare del secolo undecimo, una donna si dice abbia propagata la setta nelle Gallie, e guadagnatovi altresì degli ecclesiastici. Ademaro di Angoulème racconta dei manichei di Aquitania, che negavano la virtù del battesimo e della croce, si astenevano da certe vivande e, professando all’esterno castità, rompevano a bestiale lussuria.

Secondo questo ed altri cronisti, furono scoperti di sì fatti eretici ad Orleans, ove due preti singolarmente, Stefano e Lisoi, si adoperavano a disseminare false dottrine. Costoro negavano la nascita di Cristo dalla Vergine, la sua passione, la sua sepoltura, la sua resurrezione (Doceti), la Trinità, la creazione del mondo; rigettavano il battesimo e la eucarestia, non meno che la venerazione dei santi; riputavano le opere buone come superflue, le dissolutezze della carne come nulla pericolose alla salute dell’anima; usavano certa loro iniziazione con imposizione delle mani e tenevano conventicole notturne, nelle quali pare che si abbandonassero senza distinzione ad ogni lussuria. Di più loro si imputava accusa di bruciare i bambini così procreati, e delle ceneri loro preparare una specie di eucarestia [2].

In un sinodo celebratosi in presenza di re Roberto ad Orleans, il 1022, tredici di questi eretici, fra cui dieci canonici di Santa Croce, non volutisi convertire a nessun costo, dopo lungo esame furono dati alle fiamme; solo un chierico e una monaca fecero abiura. Né molto appresso (1025) il vescovo Gerardo di Cambray scoprì in Arras degli eretici venuti d’Italia, i quali rifiutavano il battesimo, l’eucarestia, la penitenza, il matrimonio, facevano dipendere la salute solo dalle buone opere, affermavano che nulla vi aveva nella chiesa che non si trovasse parimente in casa, e di più combattevano il culto dei santi, salvo forse degli apostoli e dei martiri, vantando all’incontro la propria santità e perfezione. Il vescovo Gerardo li fece imprigionare e si argomentò di ribattere le loro ragioni contro la necessità del battesimo (rispetto all’indegnità dei ministri, alle ricadute dei battezzati nelle antiche colpe e alla mancanza di fede e di desiderio negli infanti), e così pure contro la presenza reale di Cristo nel Sacramento dell’altare, contro i riti della Chiesa e il sacerdozio, contro la penitenza e il matrimonio. Egli venne a capo di ridurre i traviati all’abiura; poi si adoperò altresì a mettere zelo nel vescovo di Liegi, perché si affaticasse alla riduzione degli eretici della sua diocesi.

Appresso (fra il 1028 e il 1030), il duca Guglielmo d’Aquitania radunò un sinodo a Charroux, a questo disegno anche di opporsi alla propagazione dell’eresia manichea [3]. Nell’Alta Italia parimente si davano tali eretici, che di sovente s’ingegnavano a celarsi col nome di patarini, massime nel castello di Montfort presso Torino. Uno di questi manichei, per nome Gerardo, dichiarava innanzi all’arcivescovo Eriberto di Milano (1027-1046) che conveniva spingere di forza all’eternità i moribondi per l’acquisto della salute. E così poi esponeva il mistero della Trinità: il Padre essere eterno, il Figlio essere l’anima dell’uomo diletta da Dio, Gesù Cristo l’anima nata sensibilmente dalla Vergine, cioè a dire dalla Sacra Scrittura; lo Spirito Santo essere la intelligenza vera e devota delle Sante Scritture, della scienza divina. Il sommo sacerdote o pontefice dei fedeli non essere quello di Roma, bensì un altro, inviato immediatamente da Dio, senza tonsura, che di continuo visita i fratelli dispersi e rimette i peccati.

 Il vescovo Rogero di Chalons scriveva al vescovo Wazone di Liegi (1043-1048), essersi trovati fra la gente di campagna dei manichei, i quali tenevano conventicole segrete con oscene azioni e iniziazioni sacrileghe, e avevano in orrore il matrimonio e l’uso delle carni. E alla gente di villa apparteneva altresì Leutardo, il quale a Chalons sulla Marne impugnava tra il volgo il culto delle immagini e spezzava i Crocifissi; e che poi finì, come pare, col suicidio. Il sinodo di Reims del 1049 fulminava già scomunica su questi eretici come su tutti quelli che da essi accettassero servigi e li pigliassero a difendere. Indi a non molto si scoprirono simili eretici in Germania; e intorno al 1052 l’imperatore Enrico III a Goslar ne fece sospendere vari alle forche. Vero è che contro siffatti rigori verso gli eretici si levarono pure d’ogni tempo alcune voci, come tra gli altri il vescovo Wazone di Liegi (+1048); ma stante i principii di diritto civile e religioso allora vigenti non se ne poteva dimostrare per nessun modo la illegalità [4]. Certo l’usare violenza in punto di fede era condannato recisamente anche dai Papi, come ad esempio da Nicolò I; ma più verso gl’infedeli che verso gli apostati battezzati, i quali erano veri ribelli contro l’ordine religioso e civile, e dalla loro ribellione non era dovere che traessero profitto a discapito della società cristiana [5].

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[1] Di manichei in Italia e altrove si ha menzione sotto i papi Gelasio, Simmaco, Ormisda, Gregorio I (l. 2, ep. 37, al. 25), nel Lib. diurn. c. 3, tit. 9, in Gregorio II nel 723. Secondo il Chron. Alberici (1241) ad a. 1239, Fortunato, contemporaneo di s. Agostino, sarebbe venuto dall’Africa in Campania e avrebbe tratto dalla sua il capo-corsaro Widomaro. Il continuare della setta in Italia è affermato da Glaber Radulph. l. c. III, 8, e dagli Acta Concil. Atrebat. 1025, presso il Mansi l. c. XIX, 423 s. Quanto alle relazioni loro con i pauliciani ammesse dal Muratori, dal Mosheim, dal Gibbon, si hanno testimonianze più recenti: Ercerin., Ep. ad S. Bern. (1143), Rainer (+1259), Sum. de Cathar. et Leon. (Martène et Durand. Thes. anecd. V. 1767).
[2] Intorno ai manichei del secolo XI reca molti passi il Du Plessis d’Argentrè, Collect. iudicior. I, 1, p. 5 s., così Ademarus Cabannensis, Chronicon ad a. 1010, ed. Labbè, Nov. Bibl. II, 176, ed. Bouquet, Recueil X, 154 s. Glaber Radulph., presso il D’Achery, Spicil. I, 604; Chron. S. Petri ibid. IV, 474. Fragm. hist. Aquit. presso Petr. Pithoeus, Hist. Franc. (Baron., Annal. a. 1017; Il Basnage riteneva questi eretici per «cristiani purificati», il Mosheim, per mistici; al contrario il Fusslin, lo Schmidt e altri, a ragione, per manichei.
[3] Sinodi di Orleans. di Arras e di Charroux v. Mansi l. c. XIX, 373 s. 376 s. 423 s. 486. Hefele l. c. IV, 674 ss. 680 ss. 687 ss.
[4] Landulph. sen., Hist. Mediol. l. II, c. 27, ed. Murat., Rer. Ital. Script. IV, 88. Glaber Radulph., Hist. 1. 2. c. 2; l. 4, c. 2. Roger, Ep. ad Wazon. in Gest. Episc. Leod. c. 59, ed. Martène et Durand l. c. IV, 898 s. Concil. Rhem. 1049 v. Hefele l. c. IV. 722 ss. Herm, Contract. Chron. a. 1025, ed. Pertz, Mon. Germ. hist. Script. V. 67 ss.
[5] Nicol. I., Ep. ad consulta Bulg. c. 41. Cfr. Hergenrother. Katholische Kirche und christlicher Staat. p. 553-555.

Immagine in evidenza di Sailko, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons


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