Volentieri offriamo ai lettori questo interessante estratto del IV volume della Storia universale della Chiesa scritta dal Card. Hergenröther (La Chiesa educatrice nella società medievale e l’Impero carolingio).
Dalla Germania convertita il Cristianesimo si distendeva verso settentrione fra i popoli della Scandinavia, di razza e di lingua, di religione e di costumi congiunti ai germani, ma da lungo tempo divisi in nazioni particolari (danesi, normanni, svedesi), e ancora nel secolo nono spartiti in tanti piccoli regni governati da re di assai ristretta potenza. Pochi templi essi avevano con sacerdoti e sacerdotesse, offrivano sacrifici di animali e di uomini, praticavano gli incantesimi, usavano una certa forma di battesimo dei bambini e un cotale segno del Dio del tuono (Thor), simile alla croce, per benedire il cibo e la bevanda. La poligamia era lecita, benché peraltro vi fossero in onore le donne, come presso i germani; parimenti l’esporre e mettere a morte i bambini, le vendette di sangue, la crudeltà e la barbarie, massime contro gli schiavi, un’indomabile audacia e disprezzo della morte, il suicidio e la bramosia di sanguinose conquiste erano frequenti in questi popoli. Audaci pirati, volentieri correvano i mari, devastavano le costiere della Gallia, della Germania e dell’Inghilterra, facevano traffico di uomini e se ne portavano via ricchi tesori. La loro idolatria era simile a quella degli antichi germani, ma di un’impronta anche più cupa e tenebrosa, quale si mostrava anche nelle saghe e nei miti. Principale divinità era Odino, dal quale originavano le schiatte reali; indi Thor, Dio della guerra e del tuono, e Freia, Dea della natura, stati in lotta con la razza dei giganti, di cui l’uno ucciso, per nome Imero, aveva poi dato materia alla formazione del mondo. Tutto fra essi ricordava una lotta tra forze insociabili; pure non vi mancava l’idea di una retribuzione nell’altra vita e di una futura l’innovazione del mondo. Ad accettare il Cristianesimo però questi popoli erano ancor meno propensi che i germani; e solamente l’esempio del re e dei grandi vi poteva a poco a poco ridurre le moltitudini inselvatichite e barbare [1].
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La procedura giuridica tra i germani era quasi un’imitazione dei duelli. La Chiesa cercò di mitigarla non solo col diritto di asilo, onde scampò la vita a tante persone e ad altre almeno procacciò ristoro, non solo con l’intera sua legislazione, dai Carolingi accolta pure nelle leggi dello Stato, ma ancora per diversi provvedimenti introdotti contro non poche forme barbare di giudizio. Vero è che non venne a lei fatto di sopprimere in tutto i cosiddetti giudizi di Dio (ordalie) sovente pericolosi alla vita, perché avevano messo troppo fonde radici nei costumi e nelle menti del popolo. Ma ella si studiò almeno di avviarli per una via più mite, di porli sotto la vigilanza del clero e sostituire in loro scambio altre forme giudiziarie, con tutto che alcuni vescovi stessi fossero impigliati nei pregiudizi dei loro contemporanei. Né contro tali giudizi insorse Carlomagno, né Liutprando venne a capo di sradicarli presso i longobardi [2].
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[1] Edda rhytmica S. antiquior. Saemundina dicta ed. Thorlucius (Hamb., 1787 s.), t. 4. recens,. Raskii cur. Afzelius, Holm., 1818. Traduzioni di molti canti edite dall’Hagen (Breslau, 1814), dal Grimm (Berlin, 1815), dal Legis (Leipzig, 1829 ss. voll. 3). Questa mitologia in canti sacri fu raccolta nell’antica forma poetica, verso il 1100, dal prete cristiano Saemund Frode, ovvero Sigfusson (morto circa il 1133); ma in prosa fu registrata in parte dallo storico irlandese Snorre Sturleson e da altri fino al secolo XIV. Snorna Edda assamt Scaldu af Rask. Stockholm, 1818; trad. in tedesco da Fr. Ruhs, Berlin, 1812. L’antica e la moderna Edda fu, insieme con le narrazioni mitologiche degli Skalda, tradotta e commentata dal Simrock, Stuttgart 1855. Spiegazioni e commenti presso il Kraft, Kirchengesch. germ. Volker I, 1, p. 118 ss. Il poema Muspilli ed. Schmeller, in Buchners Beitragen I (Munchen, 1832), 2. Stuhr, Glauben, Wissen und Dichten der alten Skandinavier. Kopenhagen, 1825. Lellis, Alkuna nord. und nordslav. Mythologie. Leipzig, 1831. Hofmeister, Nord. Mythologie. Hannover, 1832. (Petersen e Thomsen) Leitfaden zur nordischen Altertumskunde, trad. dal Paulson. Copenhagen, 1837. Dahlmann, Gesch. von Danemark. voll. 3. Hamburg, 1840 ss. Munch, Die nordgermanischen Volker. Lubeck, 1858. H. Hildebrand, Das heidnische Zeitalter in Schweden (tradotto sopra la seconda edizione svedese da J. Mestorf), Hamburg, 1873.
[2] Ordalie, giudizio, secondo alcnni da or (grande) e dele (parte, porzione), Ordele appare già in Decr. Thassil. c. 8, anche «iudicium Dei» (Greg. Tur. VII. 14. Leg. Baiuv. XVII, 2. Leg. Fris. de Thiubba III, 6, 8. Cfr. Phillips, Deutsche Gesch. I, 246-267. Dahan, Zur Gesch. der deutschen Gottesurteile, Munchen, 1857. Altra bibliografia in Zopfl, Deutsche Rechtsgesch. III, 397 ss.), riconoscinto dalle leggi civili: Capitular. 630 c. 2. Carol. M. Capitular. 794, c. 9. Salisb. 799) c. 15. Carol. II. 873. Capitular. Caris. (Pertz l. c. l. I, 519-521). Otto I ot II (ibid. II, 33-35).
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