L’ultimo degli inni eucaristici composto da san Tommaso per l’officiatura del Corpus Domini è il “Verbum supernum prodiens“. L’Angelico Dottore lo predispose per le Lodi, rielaborando precedenti testi di attribuzione ambrosiano e gregoriana. La parte più nota dell’inno è sicuramente il “O salutaris hostia“.
Verbum supérnum pródiens,
Nec Patris linquens déxteram,
Ad opus suum éxiens,
Venit ad vitæ vésperam.
In mortem a discípulo
Suis tradéndus ǽmulis,
Prius in vitæ férculo
Se trádidit discípulis.
Quibus sub bina spécie
Carnem dedit et sánguinem;
Ut dúplicis substántiæ
Totum cibáret hóminem.
Se nascens dedit sócium,
Convéscens in edúlium,
Se móriens in prétium,
Se regnans dat in prǽmium.
O salutáris hóstia,
Quæ cæli pandis óstium,
Bella premunt hostília;
Da robur, fer auxílium.
Uni trinóque Dómino,
Sit sempitérna glória:
Qui vitam sine término
Nobis donet in pátria.
Amen.
Il Verbo discendendo dal cielo,
ma senza lasciare la destra del Padre,
per compiere l’opera sua,
giunse alla sera della sua vita.
E mentre un discepolo stava per tradirlo
a morte presso i suoi nemici,
egli, prevenendolo, in cibo di vita
diè se stesso ai discepoli.
Ad essi sotto doppia specie
diè la sua carne e il suo sangue;
affinché nella sua doppia sostanza
tutto cibasse l’uomo.
Nascendo si fece nostro compagno,
nel suo convito si diè come alimento,
morendo si fece nostro prezzo,
nel suo regno ci si dà in premio.
O salutifer ostia,
che del cielo schiudi la porta,
guerre nemiche ci stringono,
dacci forza, portaci aiuto.
Al Signore uno e trino
sia sempiterna gloria;
il quale la vita senza termine
ci doni nella patria.
Amen.
Traduzione poetica:
Unito a noi, né scevro
dalla paterna destra,
giunto era il Verbo al termine
di sua mortal palestra,
per compier la grand’opera
a cui dal ciel calò.
Presso a morir, da un perfido
discepolo tradito,
quell’amorosa vittima
sé in pascolo di vita
a tutti i suoi discepoli
pria di sua man donò.
Lor sotto doppia spezie
diè la sua carne e il sangue;
e l’uom così, che fragile
nel ben si scuora e langue,
con gemina sustanzia
volle nutrir di sé.
Nascente si diè sozio,
cibo si diè conviva,
prezzo pur diessi agli uomini,
quando per noi moriva;
regnante or sull’empireo
divien nostra mercè.
O salutevol ostia
c’apri del ciel le porte,
fra tante ostitli insidie
di questa guerra a morte
socorri tu, corrobora
la nostra infermità.
Al trino Sire ed unico
sia gloria sempiterna;
ed egli nella patria,
dove immortal governa,
la vita indefettibile
ci dia per sua bontà.






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fonte immagine beweb.chiesacattolica.it
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