Ovviamente – e questo vale per personaggi trattati tanto nei vari articoli quanto nei libri – il giudizio complessivo su figure di spicco della letteratura, ora eccentriche, ora controverse, deve tenere come supremo criterio quello della Dottrina Cattolica: salvare il buono, rigettare il cattivo, usare prudenza per tutto [RS]
di Luca Fumagalli
Prima di iniziare, per i cultori delle belle lettere si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.

Tra gli scaffali della biblioteca dei dimenticati, quel luogo ideale che riunisce i libri di cui, nel tempo, si è persa la memoria, figurano anche le opere della poetessa britannica Wrenne Madeleine Jarman.
Se ancora qualcuno si ricorda di lei, il merito va soprattutto al carmelitano Brocard Sewell, appassionato cultore di letteratura, che della Jarman ha scritto, seppure brevemente, in alcuni dei suoi volumi e nell’opuscolo Tell Me Strange Things, un tributo a Montague Summers datato 1991 (la Jarman era amica dell’enigmatico reverendo, autore di saggi sull’occulto, sulla stregoneria e sui vampiri, e fu tra le poche persone presenti al suo funerale). In tempi più recenti, sulle tracce della poetessa si è messo il critico e bibliofilo Roger Dobson, scomparso nel 2013, che ha raccolto altri indizi e testimonianze. L’esito delle sue ricerche è stato esposto in un articolo, “Remembering Renjie: The Wrenne Jarman Mystery”, apparso sul numero 3 della rivista «The Lost Club Journal» (Inverno 2003-primavera 2004) e firmato con lo pseudonimo di Anthony Carter.

Wrenne Jarman, classe 1905, proveniva da una famiglia benestante di Richmond-on-Thames, nel Surrey – suo padre, Job Jarman, era un costruttore – e, ad eccezione di una parentesi alla fabbrica di aerei Hawker Siddeley durante la guerra, lavorò sempre come giornalista per il «Richmond and Twickenham Times». Probabilmente incontrò Summers per la prima volta proprio quando le fu chiesto di scrivere una serie di articoli sugli abitanti più famosi della cittadina ed è perciò ragionevole attribuire a lei il pezzo sul reverendo, apparso senza nome, risalente all’inverno del 1945. Gli stralci sopravvissuti della loro corrispondenza mostrano un affetto sincero da parte di entrambi. Padre Sewell, ad esempio, rivelò di aver trovato in un libro un tempo appartenuto a Frances Horovitz un biglietto di auguri indirizzato da Summers alla Jarman in occasione della Pasqua del 1946. Allo stesso anno risale pure una lettera, sempre da parte del reverendo, scritta quando l’amica, ormai ammalata, stava per entrare in una casa di cura ad Amblecote: «Mangia bene, bevi bene, dormi bene, riposa bene – cerca di stare bene. E possa Nostra Signora di Lourdes vegliare su di te come certamente farà».
Versi della Jarman, chiamata “Renjie” dagli amici, apparvero su diversi periodici del tempo come la «Poetry Review», il «Poetry Quarterly» e il «Punch», mentre del 1948 è la raccolta The Breathless Kingdom, pubblicata per la Fortune Press di Reginald Caton, un losco ma ingegnoso editore che, a seguito di diversi problemi con la giustizia, si era deciso a mettere da parte la letteratura erotica per passare alla poesia. Dopo la morte della Jarman vide la luce una seconda raccolta, Nymph, in Thy Orisons, curata dal fratello Archie, anch’egli poeta e pittore, e data alle stampe nel 1961 da Padre Sewell per i tipi della Saint Albert’s Press in un’edizione limitata di 250 copie. Le liriche riscossero il plauso, tra gli altri, di Walter de la Mare e Clifford Bax, e almeno in un’occasione la poetessa venne invitata ai microfoni della BBC. Nel 1970 le sue poesie migliori furono radunate in Poems of Wrenne Jarman (Hilary Press), corredate da una prefazione di Edmund Blunden.

Oltre a Summers, che ne elogiava l’intelligenza e il coraggio, un altro amico della Jarman dalla fama discutibile fu Aleister Crowley, l’autoproclamatasi “Bestia 666”, che negli anni quaranta abitava non troppo distante da casa sua. A quanto pare la fede cattolica di lei – testimoniata pure dalle sue poesie, molte delle quali a tema religioso – non fu di alcun ostacolo al loro rapporto, iniziato forse perché Crowley era rimasto folgorato dalla rara bellezza della donna che la faceva assomigliare, parole di Dobson, «più a una stella del cinema che a una poetessa». Sull’esatta natura della loro relazione, se fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, è impossibile esprimersi. Quel che è certo è che da allora la Jarman prese a soffrire d’asma e, almeno a suo dire, era stato Crowley ad averglielo trasmesso in qualche modo.
Altri aneddoti sulla poetessa sono stati raccontati dallo scrittore Derek Stanford in un articolo, “Boutique Fantasque”, apparso sul «London Magazine» nel numero di agosto/settembre 1988. Stanford, che ebbe modo di conoscerla quando lavorava al Baldur Bookshop di Hill Rise, si dilunga sul suo fascino, sulla sua sfortuna con gli uomini – «Tutti quelli che amo, e che mi amano, muoiono, Derek. È qualcosa che ha a che fare con me, non pensi?» – e sulle sue preoccupazioni a proposito di una casa infestata dai fantasmi. Si parla pure di una disavventura con Dylan Thomas, quando, invitato a Richmond per recitare alcune poesie, si presentò davanti all’uditorio visibilmente alticcio, concludendo la sua performance con uno straordinario conato di vomito. Sul finale i toni dello scritto si fanno però più cupi: Stanford scrive di avere incontrato la Jarman un’ultima volta, poco prima della sua morte, dietro la stazione degli autobus. Nonostante la splendida giornata d’inizio estate, appariva triste e gli confessò con marezza che non riusciva più a pregare.

La poetessa morì di cancro al Westminster Hospital l’8 marzo 1953, appena quarantottenne. Il canonico R. P. Philips, lo stesso che nel 1948 aveva celebrato il funerale di Summers, le diede gli ultimi sacramenti. Di lei disse: «Era una grande anima e sopportò atroci sofferenze con la più grande pazienza e rassegnazione».
Il suo corpo venne infine sepolto nella tomba di famiglia al Richmond Cemetery accanto a quello del padre, della madre e del fratello, scomparso nel 1982.
Per anni il luogo di sepoltura è stato al centro di un piccolo mistero: a cadenza regolare qualcuno vi lasciava lettere e fiori, un fatto decisamente curioso che non mancò di ispirare a Stanford una ghost story. L’identità dell’ammiratore rimase sconosciuta fino a quando, nel 2000, Lionel Kenneth Watson, un settantenne di Isleworth, si fece avanti: «Non incontrai mai Wrenne personalmente, ma da giovane […] sono venuto a conoscenza del suo nome alla London Poetry Society, pochi mesi prima della morte. L’inusuale nome di battesimo mi rimase in mente; di lì a poco lessi entrambi i suoi libri di poesie, alcune delle quali mi piacciono davvero molto, e infine venni a sapere della sua tomba non molto distante da qui».

Watson rivelò anche l’esistenza di un terzo libretto della Jarman, otto pagine in tutto, The Inward Greatness, contenente un componimento dedicato a Winston Churchill e pubblicato dalla misconosciuta Fountains Press di Richmond (un nome di comodo dietro il quale verosimilmente si celava l’autrice stessa).
Ancora si attende qualcuno che si prenda la briga di indagare la vita della Jarman, caratterizzata da numerose zone d’ombra, mettendo soprattutto in risalto un talento poetico che in pochissimi hanno avuto la fortuna di incontrare.
Fonti dell’articolo e delle immagini: R. DOBSON, Remembering Renjie: The Wrenne Jarman Mystery, in The Library of the Lost, a cura di M. VALENTINE, Tartarus Press, Leyburn, 2020, pp. 118-128; B. SEWELL, In Memory of Wrenne Jarman, in Tell me Strange Things, The Aylesford Press, Aylesford, 1991, pp. 17-18.





















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