«Faceva caldo e ci siamo detti: perché non farla in acqua? Abbiamo fatto un’esperienza forte e scoperto tanta bellezza». Questo il commento del vicario della pastorale per i giovani della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano, saltato all’onore (o disonore) delle cronache per aver in una spiaggia calabra celebrato la “messa” in mezzo al mare, su un materassino, come si vede nella foto.
Giustamente il fatto e le immagini che lo hanno fatto conoscere hanno suscitato orrore, ma questo orrore deve spingerci a riconoscere in quella pantomima, che nulla ha a che fare con la messa cattolica, la realizzazione dei riti modernisti e conciliari, l’essenza del Novus Ordo Missae di Paolo VI.
Scrivevano infatti gli autori del Breve esame critico nel lontano 1969: “Il nuovo rito è dato quindi in partenza come pluralistico e sperimentale, legato al tempo e al luogo … L’abbandono di una tradizione liturgica che fu per quattro secoli segno e pegno di unità di culto (per sostituirla con un’altra, che non potrà non essere segno di divisione per le licenze innumerevoli che implicitamente autorizza, e che pullula essa stessa di insinuazioni o di errori palesi contro la purezza della fede cattolica) appare, volendo definirlo nel modo più mite, un incalcolabile errore“.
Come non vedere realizzate queste parole nei fatti occorsi in quel di Calabria?
Ci riflettano coloro che si fanno difensori della messa nuova, quale vittima degli abusi liturgici. Nella speranza che dalla visione di questi abusi possano giungere alla conclusione che essi non sono che la manifestazione di un Abuso, con la A maiuscola, che è il messale riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II e promulgato da Paolo VI.
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