In questo ultimo periodo va di moda la storia canadese. Noi, convintissimi che nulla abbia la Chiesa Romana da temere dall’indagine storica e che, indegnamente parafrasando il Maestro divino, anche la verità storica ci farà liberi, ve ne raccontiamo un episodio. Un episodio vero però, non le solite fole dell’anticlericalismo e del modernismo “vaticano” col complesso di inferiorità! Vi raccontiamo la storia di alcuni Gesuiti che furono massacrati dai nativi, nella fattispecie Irochesi, nel Seicento. Ve la raccontiamo, attraverso alcuni brani della lettera decretale Militantem Ecclesiam di quel grande Pontefice e anche grande dotto che fu Pio XI.
Il sangue sparso di quei figli, i quali combattendo il buon combattimento danno testimonianza alla verità cattolica e sempre più la illustrano di nuovi fulgori, in modo eccezionale dà forza alla Chiesa militante, che Cristo si acquistò immacolata a prezzo del suo preziosissimo Sangue. Tra questi atleti di Cristo sono da annoverare senza dubbio i Martiri del Canada e del resto dell’America Boreale, da noi nell’anno santo 1925 innalzati agli onori dei Beati, ossia quegli incliti sodali della Compagnia di Gesù, Giovanni de Brebeuf, Isacco Jogues, Gabriele Lalemant, Antonio Daniel, Carlo Garnier, Natale Chabanel, sacerdoti, e Renato Goupil e Giovanni de La Lande, coadiutori. Fra i tantissimi missionari che, mossi dallo zelo delle anime, predicarono il Vangelo agli aborigeni di quelle regioni, costoro per la fede affrontarono la morte, con animo invitto, fra crudeli supplizi. Essi ora, corruscanti della gloria di nuovi miracoli, a buon diritto, anzi ottimo, ascriviamo oggi agli onori supremi dei Santi del Cielo.
Il loro capo e maestro, Giovanni de Brebeuf, nato da nobile famiglia a Condé, Diocesi di Bayeux, il 25 marzo 1593, fu cooptato fra i sodali della Compagnia di Gesù l’8 novembre 1617, e cinque anni dopo fu ordinato sacerdote. Uomo grandemente forte e impavido, dedito massimamente alla mortificazione, congiuntissimo a Dio nell’orazione, spesso anche illustrato da celesti visioni, andò nelle missioni indiane del Canada e dai suoi superiori, fu inviato nel 1626 tra gli Uroni. Stando fra loro per tre anni con tanto zelo si prese cura di loro, che giustamente è considerato il primo apostolo di quel popolo. Costretto a rientrare in Francia, tornò di nuovo in Canada nel 1633 e nuovamente si stabilì fra gli Uroni prima dal 1634 al 1641 e poi ancora dal 1644 al 1649. Uomo di grande ingegno e dotato di scienza, scrisse libri nel sermone di quei popoli pagani e ne compose dei lessici, perché fossero d’aiuto ai missionari nell’apprendimenti dei dialetti canadesi e nella chiara esposizione della religione cristiana. Insigne per le virtù sacerdotali e per le fatiche, si spese nella predicazione del Vangelo e curò con straordinaria passione per guadagnare tutti a Cristi. Fu anche cultore esimio e propugnatore della devozione alla Vergine Madre di Dio Maria, al suo castissimo Sposo Giuseppe e ai santi Angeli Custodi. Portò a compimento la sua santissima e laboriosissima vita il giorno 16 marzo 1649, dopo aver sostenuto con invitta fortezza squisitissimi tormenti. Menando infatti strage nel territorio degli Uroni, gli Indiani Irochesi lo catturarono assieme a Gabriele Lalemant, suo compagno, e lo condussero nel vicino villaggio di Sant’Ignazio vicino all’accampamento di Santa Maria nell’attuale regione dell’Ontario. Spogliatolo, lo percuoto prima con bastoni, quindi sospendono al suo collo delle scuri ardenti, frecciano il suo corpo con lesine infuocate, gli strappano le carni, le cuociono e le mangiano; poi, deridendo il battesimo, gli rovesciano tre volte sul capo un bacile di acqua bollente; tagliano le sue labbra, la lingua e le narici; strappano i suoi capelli e la pelle; nella ferita aperta rovesciano cenere ardente; strappatigli i denti, gli conficcano in gola un tizzone ardente; in ultimo con una scure lo decapitano. Inoltre, mentre tutti guardano sbalorditi l’animo costante e impavido del Martire, uno degli Irochesi, gli strappa dal petto e divora il cuore del pugile di Cristo, mentre gli altri ne bevono il sangue.
Dopo la morte gloriosa di questo fortissimo atleta di Cristo, cominciò il suo martirio Gabriele Lalemant, al quale gli Irochesi, oltre a quelli crudelissimi già detti, gli Irochesi inflissero altri numerosissimi tormenti. Infatti, dopo avergli fatto passare la notte tra ferocissimi tormenti, il giorno dopo, gli strappano gli occhi e al loro posto inseriscono carboni ardenti e infine gli spiccano il capo con la scure. Nacque questi a Parigi da genitori, chiari per nobiltà e virtù, il 10 ottobre 1610. A vent’anni fu accolto nella Compagnia di Gesù, nella quale, svolto il tirocinio e portati a termine i corsi di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote e addetto all’insegnamento della filosofia. Adorno di dottrina e virtù, inviato, com’era sua desiderio, alle missioni del Canada, nel 1646 giunse in Quebec, dove imparò la lingua degli Indiani. Per circa due anni esercitò il sacro ministero a Sillery e a Trois Riviers; agli inizi del 1649 con i compagni arrivò presso gli Uroni, ma catturato da quei barbari (gli Irochesi), ricevette la corona del martirio il 17 marzo di quello stesso anno.
Terzo di questo manipolo d’eroi fu Antonio Daniel, il quale, nato da Dieppe nel 1601, ventunenne entrò nella Compagnia di Gesù, quindi dopo tre anni ordinato sacerdote, nel 1633 andò in missione in Canada e aiutò il beato Giovanni Brebeuf, di cui era compagno, nel fondare la missione di San Giuseppe chiamata Ihonatiria. Tradusse il Padre nostro nella lingue degli Indiani, e compose degli inni devoti perché fossero cantati dai neofiti. In seguito fu inviato a Quebec per dirigere l’erigendo seminario e lo portò a compimento con l’istituzione di opere missionarie per gli allievi indigeni. Ritornato presso gli Uroni, indefessamente curò la fondazione e la promozione di numerose missioni, fra le quali quelle più importanti di San Giovanni Battista, di San Giuseppe Sposo della beata Vergine Maria e di Sant’Ignazio di Loyola. Il 4 luglio 1648, aveva appena terminato il sacrificio, che improvvisamente gli Irochesi, irrompendo nel villaggio di San Giuseppe, iniziarono a metter tutto a ferro e fuoco. Egli rimase rivestito delle sacre vesti e, battezzati i catecumeni (che poi si diedero alla fuga con tutti gli altri del villaggio), quale buon pastore, solo contro l’impeto dei barbari, abbattuto sulla soglia della cappella da dardi infuocati e proiettili, diede la sua vita per le pecorelle. I selvaggi gettarono il corpo, vittima e olocausto, fra le fiamme che bruciavano la chiesa.
L’anno dopo, uno il 7 e l’altro l’8 dicembre, ottennero il desiderato martirio Carlo Garnier e Natale Chabanel, anch’essi compagni del beato Giovanni Brebeuf nell’apostolato della Nuova Francia. Il primo, nato a Parigi il 25 maggio 1606, studiò con diligenza nel collegio di Clermont ed entrato a diciott’anni nella Compagnia di Gesù, dopo aver ricevuto il sacerdozio nel 1633, andò nelle missioni canadesi. A Quebec alla bambina, che per prima battezzò, pose per voto il nome di Maria. Inviato dai suoi superiori ad evangelizzare gli Uroni e fra questi rifulgente per le fatiche apostoliche e le virtù, caro a tutti dal primo momento per l’angelica innocenza di costumi, consacrò fino alla morte il suo ministero … fu gravemente ferito da due proiettili di piombo, mentre ancora versava l’acqua battesimale sui suo amati neofiti. Così ferito a morte, vedendo un uomo moribondo, si sforzava di raggiungerlo in ogni modo per porgergli l’assoluzione sacramentale, ma a motivo del venir meno delle forze più volte cadde per terra e, percosso da un barbaro Irochese, conseguì la palma del martirio.
Il giorno dopo la conseguiva l’altro dei due martiri: Natale Chabanel. Questi, nato nella diocesi di Mende il 2 febbraio 1613 e accolto nella Compagnia di Gesù a diciassette anni, dopo aver insegnato per molti anni lettere a Tolosa, conclusi il corso di teologia e il terzo anno di prova, se ne andò nelle Missioni Canadesi l’anno 1643 e, inviato presso gli Uroni, prese ad evangelizzare la Missione di Santa Maria … Ucciso in odio alla fede da un Urone apostata ottenne la palma del martirio.
Gli altri tre pugili di Cristo, primi Martiri dell’America Boreale, sono i beati Isacco Jogues, Renato Goupil e Giovanni de La Lande.
Il primo, nato ad Orleans nel 1607, già da bambino iniziò ad ardere d’amore per Cristo appassionato e la sua Vergine Madre. A diciassette anni entrò nella Compagnia di Gesù con il desiderio di prendere la via delle missioni presso gli infedeli. Pronunziati i voti e ordinato sacerdote a Parigi nel 1636, nello stesso anno, ad aprile, fu inviato in Canada o Nuova Francia, dove compì strenuissimamente l’apostolico ministero fra gli Uroni. Era con lui Renato Goupil. Nativo dell’Angiò e cooptato giovinetto fra i coadiutori laici della Compagnia di Gesù, ma dimesso dal noviziato per la scarsa salute, per la semplicità della vita, l’innocenza e la pazienza singolare nelle avversità, sottomesso per amore a Dio, che sempre ebbe vicino in ogni cosa, e alla sua volontà, spontaneamente era andato nella Nuova Francia per offrire tutto sé stesso al servizio dei missionari … Avendo imparato l’arte chirurgica, prestò utilissima opera di assistenza agli infermi e ai malati nell’ospedale e al contempo insegnò i misteri e i precetti della religione cristiani a piccoli e grandi. Nell’anno 1642, agli inizi di agosto, Isacco, mentre con Renato e altri compagni da Quebec tornava alla missione degli Uroni, incappa negli Irochesi, i quali li fanno prigionieri e li portano nei loro villaggi. Egli, che in un primo tempo non era stato fatto prigioniero dei barbari, spontaneamente si fece catturare perché i fedeli e i neofiti già prigionieri non fossero privati dell’aiuto della religione. Lui e Renato, come maestri dell’odiata religione (cristiana), sono torturati dagli Irochesi più crudelmente degli altri prigionieri, spostati di villaggio in villaggio tra le ingiurie, battuti crudelissimamente con bastoni in ogni singolo villaggio, bruciati coi carboni ardenti, subendo lo spezzamento e il taglio delle dita. Isacco, allargategli le braccia a mo’ di croce, fu sospeso ad una palizzata per tutta una notte ed esposto all’immane crudeltà e ludibrio di donne e bambini. Ridotti entrambi in durissima schiavitù, sopportarono ogni pesantissimo disagio di quella condizione con animo forte e mai franto, tanto che nel frattempo settanta di quei barbari li convertirono a Cristo … dopo pochi giorni, Renato, poiché aveva tracciato il segno salutifero della Croce sulla fronte di un suo nipote, da un vecchio Irochese in odio alla medesima santa Croce fu colpito di scure e, profferendo i dolcissimi nomi di Gesù, Maria e Giuseppe, cadde martire il 29 settembre presso Auriesville, nell’attuale Stato di New York … Isacco, riuscito a fuggire, fece ritorno in Francia, venendo da tutti onorato come martire. Urbano VIII, Nostro predecessore, gli concesse la facoltà di celebrare il sacrificio dell’altare, pure se gli erano state troncate le dita, dicendo: “Non è giusto che un martire di Cristo non beva il Sangue di di Cristo!”. Dopo un anno, soprattutto per sfuggire alla devozione del popolo nei suoi confronti, ottenne di poter ritornare all’amata missione. E quando vi giunse, pregato dal governatore della colonia francese, non ricusò di andare come ambasciatore di pace presso i ferocissimi Irochesi, suoi carnefici … per insegnar loro la fede di Cristo, vi fece ritorno assieme a Giovanni de La Lande, di Dieppe, che spontaneamente si era unito con atto di perpetua donazione ai Padri della Compagnia di Gesù, come compagno e servitore.
Ma gli Irochesi accolsero il primo apostolo indegnamente: lo malmenarono, un barbaro gli staccò un braccio e sotto i suoi stessi occhi lo divorò., un altro lo percosse con la scure e così (Isacco) conseguì l’illustre palma del martirio il 18 ottobre 1646. Il giorno dopo Giovanne de La Lande, ucciso alla stessa maniera e per la stessa causa, ricevette il premio degno della sua umiltà e pietà.
Il testo completo della Decretale si può trovare negli Acta Apostolicae Sedis (XXII, pp. 497-509)



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fonte immagine thekoalamom.com
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