Il Lugdunense II è stato il quattordicesimo concilio ecumenico della Chiesa. Si tenne dal 7 maggio al 17 luglio del 1274 sotto la presidenza dello stesso Sommo Pontefice, il beato Gregorio X. L’assise aveva un’importanza fondamentale, dovendosi trattare della unione dei Greci e dei Latini. A tal fine il Papa aveva invitato a prendervi parte le due menti più brillanti della Cristianità: san Tommaso d’Aquino, domenicano, autore peraltro del Contra errores Graecorum, e san Bonaventura, francescano, cardinale vescovo di Albano. Il primo, come si sa, morì durante il viaggio. Il secondo morì pochi giorni prima la chiusura del concilio. Il seguente brano, tratto dalla Storia universale della Chiesa cattolica dell’abbé René François Rohrbacher, tratta appunto la sua opera nel contesto delle cerimonie del ritorno dei Greci alla comunione della Chiesa Romana.
Giunto appena a Lione, san Gregorio X ammalò dagli stenti del viaggio, a tal che non poté assistere alla messa solenne il giorno della dedicazione di San Pietro di Roma, che è il 18 di novembre. Egli aveva creati da poco cinque cardinali, tutti commendevoli pel loro merito. I due principali erano Pietro di Tarantasia, arcivescovo di Lione, che diventò cardinale vescovo d’Ostia, e finalmente papa sotto il nome d’Innocenzo V. Era un religioso di san Domenico, dottor famoso nel suo ordine e che aveva insegnato a Parigi dopo san Tomaso: egli era provinciale quando Gregorio X lo fece arcivescovo di Lione nel 1272 e cardinale l’anno seguente. Il più celebre de’ suoi colleghi fu san Bonaventura, generale de’ frati minori.
[…] Arrivato a Lione san Gregorio X, il re Filippo di Francia venne a visitarlo, e gli lasciò a guardia una schiera eletta di genti da guerra, capitanata da Imberto Beaujeu suo parente. Questo monarca aveva restituito al papa il Contado Venasino, che era stato ceduto alla Santa Sede sotto il pontificato di Gregorio IX, e che, ciononostante, Alfonso conte di Tolosa, da cui il re Filippo aveva ereditato, non aveva fino allora renduto mai.
Intanto i prelati e gli ambasciatori arrivavano da tutte parti a Lione pel concilio. Vi si trovarono cinquecento vescovi, settanta abbati e mille altri prelati. Fin dal 2 del maggio 1274 ei vi si prepararono con un digiuno di tre giorni. La prima sessione Fu tenuta il dì 7 del medesimo mese, che era il lunedì delle rogazioni, nella chiesa metropolitana di San Giovanni. Il santo papa Gregorio discese dalla sua camera verso l’ora della messa, condotto secondo il costume da due cardinali diaconi, e si assise sopra un seggiolone che gli era stato preparato nel coro. Disse terza e sesta, perché era giorno di digiuno, poscia un suddiacono portò i sandali e lo calzò, mentre i suoi cappellani dicevano intorno a lui i salmi ordinarii dell’apparecchio alla messa. Poscia ch’ebbe lavate le mani, il diacono e il suddiacono lo vestirono pontificalmente di ornamenti bianchi a motivo del tempo pasquale, col pallio, come se egli avesse dovuto celebrare la messa. Allora, preceduto dalla croce, egli sali sull’ambone, che era preparato ed ornato e si assise sulla sua seggiola, avendo un cardinale a prete assistente, uno a diacono, e quattro altri cardinali diaconi con alcuni cappellani in piedi. Giacomo, re d’Aragona, era assiso presso al papa sul medesimo ambone.
In mezzo alla nave della chiesa sopra seggiole elevate erano due patriarchi latini, Pantaleone di Costantinopoli e Opizzone di Antiochia; i cardinali vescovi, tra i quali erano san Bonaventura, vescovo di Albano, e Pietro di Tarantasia, vescovo d’ Ostia, e dall’altro lato i cardinali preti, poi i primati, gli arcivescovi, i vescovi, gli abbati, i priori e altri prelati in gran numero, i quali non contrastarono per la preminenza del grado, perché il Sommo Pontefice aveva disposto in modo che la seduta non recherebbe pregiudizio alle loro Chiese. Più al basso era Guglielmo, maestro dello spedale, Roberto, maestro del tempio, con alcuni frati dei loro ordini; gli ambasciatori dei re di Francia, di Alemagna, d’Inghilterra, di Sicilia, e di diversi altri principi, finalmente i deputati dei capitoli e delle chiese.
Essendosi seduto, il papa fece il segno della croce sui prelati che aveva in faccia, si cantarono le preghiere notate nel pontificale per la celebrazione di un concilio; indi il santo padre predicò sul testo: «lo ho desiderato ardentemente di mangiar questa pasqua con voi» e dopo essersi un poco riposato, spiegò al concilio le ragioni per le quali lo aveva raccolto: cioè il soccorso di Terra Santa, la riunione de’ greci e la riforma de costumi. Finalmente indicò la seconda sessione al lunedì seguente, indi spogliò gli ornamenti e recitò nona: così finiva la prima sessione.
In quell’intervallo, innanzi la seconda, il papa e i cardinali chiamarono separatamente gli arcivescovi, ciascuno con un vescovo ed un abbate della sua provincia; e quegli avendoli presi in particolare nella sua camera, dimandò loro e ottenne una decima delle entrate ecclesiastiche pel soccorso di Terra Santa, per sei anni a cominciare dalla festa di san Giovanni Battista di quell’anno medesimo 1274.
La seconda sessione si tenne il venerdì 18 di maggio, e in essa si osservarono le stesse cerimonie che nella prima. Il papa non vi fece punto sermone, ma solo un trattenimento sullo stesso argomento della prima, indi si pubblicarono costituzioni intorno la fede; e si licenziarono tutti i deputati dei capitoli, gli abbati e i priori non mitrati, eccetto quelli che erano stati chiamati nominativamente al concilio; si licenziarono altresì tutti gli altri minori prelati mitrati, e si fermò la terza sessione pel lunedì dopo l’ottava di Pentecoste, che era il 28 di maggio.
Mentre aspettavasi la terza il sommo pontefice ricevette lettere da Girolamo e da Buonagrazia, due dei quattro frati minori che egli aveva mandati a Costantinopoli nel 1272, e che nunziavano l’arrivo d’ambasciatori greci per la riunione. Lietissimo di tale notizia, il santo papa Gregorio fece chiamare tutti i prelati nella chiesa di San Giovanni. Tutti vi erano in cappa, e san Bonaventura, cardinale vescovo di Albano, predicò sopra questo testo del profeta Baruch: “Sorgi, Gerusalemme, e sta in alto, e gira gli occhi all’oriente, e mira radunati i tuoi figli dall’oriente fino all’occidente“. Dopo il sermone furono lette le lettere dei due nunzii.
La terza sessione fu tenuta il 7 di giugno: e il re d’Aragona non vi assisté, Pietro di Tarantasia, precedentemente arcivescovo di Lione, allora cardinale vescovo d’Ostia, predicò su queste parole d’Isaia: “Alza all’intorno il tuo sguardo, e mira: tutti costoro si son radunali per venire a te“. Indi si pubblicarono dodici costituzioni intorno le elezioni dei vescovi e le ordinazioni dei chierici. Dopo si fatta lettura, il papa parlò al concilio, e permise ai prelati di uscire di Lione e di allontanarsene fino a sei leghe. Egli non fermò il giorno della seguente sessione a motivo dell’incertezza dell’arrivo de’ Greci. Così finì la terza sessione. Nondimeno, tra la seconda e la terza, come tra la prima e la seconda , il papa riunì i prelati per compiere innanzi a loro la lettura delle costituzioni.
Finalmente il giorno della festa di san Giovanni Battista, 24 giugno, gli ambasciatori giunsero a Lione cioè: due prelati, Germano, antico patriarca di Costantinopoli, e Teofane, metropolitano; diversi senatori, il principale de’ quali era Giorgio Acropolita, primo ministro dell’imperatore e storiografo dell’impero. Tutti i prelati del concilio trassero a incontrarli coi loro servi; i camerieri, con tutta la casa del papa; il vice-cancelliere, tutti i notai e lulle le famiglie de’ cardinali. Essi condussero gli ambasciatori greci onorevolmente sino al palazzo del sommo pontefice, che li ricevette nella sala, in piedi, attorniato da tutti i cardinali e da molti prelati, e diede loro il bacio di pace. Essi gli presentarono le lettere dell’imperatore, sigillate in oro, e quelle de’ prelati; poscia dissero che venivano a rendere ogni obbedienza alla Santa Chiesa Romana e a riconoscere la fede che ella tiene. Dopo di che andarono alle proprie dimore, contentissimi del ricevimento che era stato loro fatto.
Il giorno dei santi Pietro e Paolo, 29 di giugno, il santo papa Gregorio X celebrò solennemente la messa nella metropolitana alla presenza de’ Greci e di tutto il concilio. Fu letta l’epistola in latino ed in greco, e del paro il vangelo: dopo di che avendo predicato san Bonaventura, si cantò il simbolo in latino, che fu intonato dai cardinali e continuato dai canonici della metropoli. Poscia il medesimo simbolo su cantato solennemente in greco dal patriarca Germano con tutti gli arcivescovi greci di Calabria, e due penitenzieri del papa l’uno domenicano, l’altro francescano, i quali sapevan quella lingua. Tutti ripeterono tre volte l’articolo del Santo Spirito: che procede dal Padre e dal Figliuolo. Finito il simbolo, gli ambasciatori e gli altri greci intonarono nella loro lingua un cantico in onore del papa, e stettero in piedi presso all’altare sino al termine della messa.
[…] la morte di san Bonaventura. Egli era stato incaricato dal papa di far come da presidente del concilio e di apparecchiar le materie che vi si dovevano trattare. Dopo la terza sessione ammalò; tuttavia assisté anche alla quarta, nella quale il logoteta, o gran cancelliere di Costantinopoli abiurò lo scisma: ma la dimane le forze l’abbandonarono al punto che fu costretto rimanersene a casa. Da poi quel tempo egli non si occupò che de’ suoi esercizii di pietà. Il sereno che gli rideva in volto annunziava la tranquillità dell’anima sua. Il papa medesimo gli amministrò il sacramento dell’ Estrema Unzione, come provato da una iscrizione che si vedeva ancora nel 1731 nella camera in cui egli morì. Nella sua malattia ebbe sempre gli occhi raccolti sopra un crocifisso. La sua beata morte avvenne la domenica 15 luglio 1274. Era nell’ anno cinquantesimo terzo dell’età sua, e fu compianto da tutto il concilio per la sua dottrina, la sua eloquenza, le sue virtù e le sue maniere cotanto amabili che guadagnavano il cuore di tutti quelli che lo vedevano. Fu sepolto il giorno stesso a Lione, nella casa del suo ordine, vale a dire de’ frati minori. Il santo papa volle uffiziare in persona a’ suoi funerali. Tutti i padri del concilio vi assisterono insieme con tutta la corte di Roma. Pietro di Tarantasia, cardinale, vescovo d’Ostia, dell’ordine de’ frati predicatori, recitò l’elogio funebre del santo su queste parole di David: “lo ti piango, fratello mio, Gionata!”. E commosse più assai colle sue lagrime e con quelle che fece versare nell’uditorio che coll’eloquenza di un discorso improvvisato.
San Bonaventura fu canonizzato da Sisto IV nel 1482. Sisto V lo pose nel novero dei dottori della Chiesa, come Pio V vi aveva messo san Tomaso d’Aquino. Si legge negli atti della sua canonizzazione la storia di diversi miracoli operati per intercessione di lui. Avendo la peste attaccata la città di Lione nel 1628, si fece una processione nella quale si portarono alcune reliquie del servo di Dio, e incontanente il flagello cessò i suoi guasti. Altre città sono state anch’esse liberate da diverse calamità pubbliche, invocando il medesimo santo.
René François Rohrbacher, Storia universale della Chiesa cattolica dal principio del mondo sino ai dì nostri, Tomo XIX, Milano, 1854, pp. 85-100.
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fonte immagine beweb.chiesacattolica.it
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