Bergoglio è tornato dal Canadà, col petto impreziosito da varie medaglie al merito offertegli dagli scombiccheratori di fango del mondo intiero per aver fatto l’ennesimo infondato mea culpa a discapito dell’onorabilità della Chiesa Romana, colpevole nei suoi membri addirittura di collaborazionismo nel “genocidio” dei nativi. Abbiamo già trattato di questa faccenda suo tempo e invitiamo a rileggere gli articoli in merito.
Ora vogliamo porre l’attenzione su alcune dichiarazioni fatta da Bergoglio nell’immancabile conferenza stampa aerea, nelle fattispecie in merito ad una “rivalutazione” del divieto ecclesiastico all’uso degli anticoncezionali.
Molti cattolici, ma anche molti teologi, credono che sia necessario uno sviluppo nella dottrina della Chiesa per quanto riguarda gli anticoncezionali. Sembrerebbe che anche il suo predecessore, Giovanni Paolo I, pensasse che un divieto totale magari necessitasse di una riconsiderazione. Lei cosa pensa al riguardo, nel senso: è aperto, insomma ad una rivalutazione in questo senso? O esiste una possibilità per una coppia di considerare gli anticoncezionali?
Questa è una cosa molto puntuale. Ma sappiate che il dogma, la morale, è sempre in una strada di sviluppo, ma in uno sviluppo nello stesso senso. Per utilizzare una cosa che è chiara, credo che l’ho detto altre volte qui: per lo sviluppo teologico di una questione morale o dogmatica, c’è una regola che è chiarissima e illumina. È quello che ha fatto Vincenzo di Lerins nel secolo X più o meno. Dice che la vera dottrina per andare avanti, per svilupparsi, non deve essere quieta, si sviluppa ut annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate. Cioè si consolida con il tempo, si dilata e si consolida e viene più ferma ma sempre progredendo. È per questo che il dovere dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica, non si può fare teologia con un “no” davanti. Poi sarà il Magistero a dire no, sei andato oltre, torna, ma lo sviluppo teologico deve essere aperto, i teologi (ci) sono per questo. E il Magistero deve aiutare a capire i limiti. Sul problema dell’anticoncezionale, so che è uscita una pubblicazione su questo tema e su altri temi matrimoniali. Questi sono gli atti di un congresso e in un congresso ci sono le ponenze, poi discutono fra loro e fanno le proposte. Dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto questo congresso hanno fatto il loro dovere, perché hanno cercato di andare avanti nella dottrina, ma in senso ecclesiale, non fuori, come ho detto con quella regola di san Vincenzo di Lerins. Poi il Magistero dirà, sì va bene o non va bene. Ma tante cose sono chiamate. Pensa tu per esempio alle armi atomiche: oggi ho ufficialmente dichiarato che l’uso e il possesso delle armi atomiche è immorale. Pensa alla pena di morte: oggi posso dire che siamo vicini all’immoralità lì, perché la coscienza morale si è sviluppata bene. Per essere chiaro: quando il dogma o la morale si sviluppano, sta bene, ma in quella direzione, con le tre regole di Vincenzo di Lerins. Credo che questo sia molto chiaro: una Chiesa che non sviluppa in senso ecclesiale il suo pensiero è una Chiesa che va indietro, e questo è il problema di oggi, di tanti che si dicono tradizionali. No, no, non sono tradizionali, sono “indietristi”, vanno indietro, senza radici: sempre è stato fatto così, nel secolo scorso è stato fatto così. E l’“indietrismo” è un peccato perché non va avanti con la Chiesa. Invece la tradizione diceva qualcuno – credo che l’ho detto in uno dei discorsi – la tradizione è la fede viva dei morti, invece questi “indietristi” che si dicono tradizionalisti, è la fede morta dei viventi. La tradizione è proprio la radice, l’ispirazione per andare avanti nella Chiesa, e sempre questa è verticale. E l’“indietrismo” è andare indietro, è sempre chiuso. È importante capire bene il ruolo della tradizione, che è sempre aperta, come le radici dell’albero, e l’albero cresce… Un musicista aveva una frase molto bella: Gustav Mahler, diceva che la tradizione in questo senso è la garanzia del futuro, non è un pezzo da museo. Se tu concepisci la tradizione chiusa, questa non è la tradizione cristiana… sempre è il succo delle radici che ti porta avanti, avanti, avanti. Per questo, per quello che tu dici, pensare e portare avanti la fede e la morale, ma mentre va nella direzione delle radici, del succo, va bene. Con queste tre regole di Vincenzo di Lerins che ho menzionato.
La riposta è, a voler usare un eufemismo, assai sospetta.
Inizia dicendo: “Sappiate che il dogma, la morale, è sempre in una strada di sviluppo, ma in uno sviluppo nello stesso senso“, poi citando come al solito ad usum delphini san Vincenzo di Lerino, loda alcuni teologi aperturisti sull’uso dell’anticoncezionale, in quanto il dovere dei teologi è quello di andare avanti nella dottrina, precisando che poi sarà il magistero a dire se abbiano o meno ragione.
Poste queste premesse teoriche, passa agli esempi e cita la questione relativa alla pena di morte. La pena di morte, la sua liceità, è una verità rivelata, più volte ribadita come tale dalla Chiesa e dai Papi [1]. Però con un rescritto del 1° agosto 2018 Bergoglio cambiava ufficialmente la dottrina in merito. Il motivo? Lo sviluppo della coscienza cristiana.
Ossia: una coscienza cristiana poco sviluppata fa sì che la Chiesa insegni che è lecito l’uso della pena capitale; una coscienza cristiana che col tempo si sviluppa arriva a un insegnamento opposto.
Non si capisce dove in questo sviluppo si scorga “lo stesso senso”, e soprattutto non si capisce dove sia in tutto questo sviluppo Dio che rivela.
O forse si capisce, nel senso che non c’è. E non c’è perché il fondo di tutto questo discorso è nulla di più e nulla di meno che il Modernismo [2].
Giova rileggere un passo della Pascendi di san Pio X: “Circa il magistero ecclesiastico così essi la pensano: … in fin dei conti il magistero non nasce che dalle coscienze individuali ed a bene delle stesse coscienze ha imposto un pubblico ufficio; ne consegue di necessità che debba dipendere dalle medesime coscienze e debba quindi avviarsi a forme democratiche … Or, restando tuttavia nella teoria della evoluzione, vuole di più osservarsi che quantunque i bisogni servano di stimolo per la evoluzione, essa nondimeno, regolata unicamente da siffatti stimoli, valicherebbe facilmente i termini della tradizione, e strappata così dal primitivo principio vitale, meglio che a progresso menerebbe a rovina. Quindi studiando più a fondo il pensiero dei modernisti, deve dirsi che l’evoluzione [dei dogmi] è come il risultato di due forze che si combattono, delle quali una è progressiva, l’altra conservatrice. La forza conservatrice sta nella Chiesa e consiste nella tradizione. L’esercizio di lei è proprio dell’autorità religiosa; e ciò, sia per diritto, giacché sta nella natura di qualsiasi autorità il tenersi fermo il più possibile alla tradizione; sia per fatto, perché sollevata al disopra delle contingenze della vita, poco o nulla sente gli stimoli che spingono a progresso. Per contrario la forza che, rispondendo ai bisogni, trascina a progredire, cova e lavora nelle coscienze individuali, in quelle soprattutto che sono, come dicono, più a contatto della vita. Osservate qui di passaggio, o Venerabili Fratelli, lo spuntar fuori di quella dottrina rovinosissima che introduce il laicato nella Chiesa come fattore di progresso. Da una specie di compromesso fra le due forze di conservazione e di progressione, fra l’autorità cioè e le coscienze individuali, nascono le trasformazioni e i progressi“.
Sono le stesse cose che ritroviamo nella risposta di Bergoglio.
Detto ciò, è lecito chiedersi se, come nel caso della liceità della pena di morte, la più matura coscienza del popolo cristiano porterà il magistero ad autorizzare l’uso degli anticoncezionali.
[1] Rimandiamo allo studio dell’abbé Jean-Michel Gleize FSSPX in merito.
[2] Aiutano a comprendere appieno quest’affermazione due scritti di don Mauro Tranquillo FSSPX: Dottrina sulla pena di morte, Modernismo e Papa Francesco e Annotazioni a margine… POSTILLE ALLA NUOVA DOTTRINA BERGOGLIANA SULLA PENA DI MORTE.
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fonte immagine vaticannews.va
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