Dalle pagine dell’insospettabile (per livore “antirinascimentale”) Ludwig von Pastor un ragguaglio sull’impegno crociato del papato borgiano.

Nemmeno un Alessandro VI si rimase del tutto inerte di fronte al pericolo che minacciava dall’Oriente. L’opera generosa dei suoi predecessori nel sovvenire i fuggiaschi provenienti dalle terre conquistate dai Turchi continuò anche sotto di lui e in sul tramonto del secolo egli era, a quanto pare, compreso seriamente all’idea d’una crociata. Finché il principe turco Djem era rimasto in potere dei cristiani, il sultano Bajazet era stato in certo modo tenuto a bada, ma dopo la sua morte cominciarono tosto da parte degli Ottomani nuovi attacchi contro i paesi cristiani … 
In seguito alle notizie sempre più minacciose che venivano dall’Oriente Alessandro VI sulla fine d’autunno del 1499 emanò degli inviti ai principi cristiani affinché nel marzo dell’anno prossimo spedissero loro oratori a Roma per trattare di una lega contro i Turchi. Quest’appello trovò così poca corrispondenza, che ai primi di febbraio del 1500 si dovettero emanare nuove esortazioni. Anche adesso l’esito fu abbastanza meschino. L’11 marzo fu tenuto un concistoro segreto, al quale erano invitati tutti gli ambasciatori presenti in Roma. Trovaronsi rappresentati Massimiliano, Luigi XII di Francia, Enrico VII d’Inghilterra, Ferdinando di Spagna, oltre a Napoli, Venezia, Savoia e Firenze. Alla presenza di tale assemblea Alessandro VI fece rilevare il pericolo che sovrastava da parte dei Turchi ed espresse il suo rammarico perché gl’inviti da lui emanati sulla fine dell’autunno non fossero stati ancora presi in sufficiente considerazione. Mostrò inoltre come Venezia fosse un baluardo della cristianità, alla cui tutela erano obbligati tutti. Le risposte degli ambasciatori furono così poco soddisfacenti, che il papa se ne dolse apertamente con la Germania, la Francia e Napoli; solo la Spagna ebbe la sua lode piena. Prima di tenere il concistoro il papa aveva incaricato il vescovo di Torcello, Stefano Taleazzi, di comporre un memoriale sull’impresa della crociata. Ai primi di maggio Alessandro VI per sollecitare la guerra contro i Turchi fece in concistoro le seguenti proposte: invio di un legato in Ungheria e imposizione della decima al clero francese, tedesco e ungherese; anche ai cardinali sarebbe imposta una tassa ed egli, il papa, sarebbe il primo a dare il suo contributo. Molti cardinali però si opposero, ma Alessandro VI non se ne lasciò stornare. Caratteristico per conoscere sentimenti allora largamente diffusi è il fatto, che, ciò nonostante, l’ambasciatore veneziano non voleva punto prestar fede alla serietà del pontefice. Tali dubbii vennero dissipati dai fatti seguenti.
Reca la data del 1° giugno 1500 una bolla diretta a tutta la cristianità, nella quale vengono descritte le orrende ed atroci sevizie dei Turchi contro i cristiani e si fanno premurose esortazioni per la comune difesa. L’intento degli Ottomani – si continua a dire – è rivolto alla conquista di Roma e quindi al soggiogamento di tutti i popoli cristiani. Perciò in nome della Chiesa romana vien dichiarata la guerra al nemico giurato. Onde ovviare alle spese verrà prelevata per tre anni una decima da tutti i benefici ecclesiastici senza eccezione e dagl’impiegati dello Stato pontificio. Ai morosi è minacciata la scomunica riservata al papa. Questa bolla per la crociata doveva pubblicarsi in tutte le diocesi del mondo in un giorno di festa e nella lingua del paese. In un breve diretto verso quel tempo al re di Francia veniva dichiarato che per il marzo erano stati convocati a Roma gli ambasciatori per consultarsi sulla questione turca, che molti erano mancati e che i comparsi ¡non erano muniti di poteri sufficienti. Che, malgrado nuovi inviti, il papa finora non aveva ricevuto dai principi che belle frasi generiche e che perciò egli, il papa, si rivolgeva di nuovo al re di Francia, il quale dopo la conquista di Milano aveva un doppio titolo per proteggere l’Italia dai Turchi. Inviasse quindi al più presto oratori a Roma poiché, essendo la Spagna e Venezia animate dal miglior zelo per la guerra, si poteva ancora sperare in un buon successo. Quanto a lui, il papa, aveva già imposta agli abitanti del suo Stato e al clero di tutto il mondo una decima, dichiarandosi pronto a sacrifici anche più grandi.
Un’altra prova, che Alessandro VI allora si occupasse sul serio della guerra contro i Turchi, è fornita dal fatto, che sulla fine di giugno egli richiamò dalla sua legazione alla Curia il Cardinal Peraudi, che era animato da zelo ardente per la crociata, e nella primavera dell’anno seguente cominciò a riscuotere dagli ufficiali di Curia e dai cardinali la tassa per la guerra turca, il cui provento doveva servire ad allestire una flotta
Di lì a poco l’ambasciatore veneziano a Roma ebbe l’infausta notizia, che Modone era caduta in mano dei Turchi; in breve andarono perdute anche Navarino e Corone. Dall’annunzio della caduta di Negroponte nessun altro avvenimento aveva suscitato tanto terrore … 
Ad Alessandro VI però non va attribuita la colpa se il pericolo turco non venne allora più validamente affrontato. II 31 agosto 1500 egli largì un’indulgenza plenaria per tutti coloro che prestassero servigio di guerra nella flotta spagnuola armata a sostegno di Venezia. Subito nel concistoro dell’11 settembre 1500 venne stabilito, due essere le cose indispensabili: la prima fa di tutto affinché la flotta spagnola salpasse subito contro i Turchi; la seconda che si spedissero dei legati in Ungheria, Polonia, Francia e Germania. Il 26 settembre venne estesa anche alla Valacchia l’indulgenza giubilare per promuovere la guerra turca, concessa per l’Ungheria e la Polonia. II 5 ottobre furono eletti i nuovi legati: Giovanni Vera per la Spagna, Portogallo e Inghilterra, Pietro Isvalies per l’Ungheria e la Polonia, Peraudi per la Germania e i regni del Nord. Già prima con due brevi Consalvo di Còrdova era stato vivamente esortato affinché riunisse al più presto possibile le sue navi con la flotta veneziana; in fine si domandò la decima ai cardinali. Malgrado tutto questo l’ambasciatore veneziano non era ancora soddisfatto e manifestava come prima dei dubbii circa le assicurazioni del papa, di fare cioè quanto gli fosse possibile. Ora sia pur vero che Alessandro VI, rinunziando completamente alla sua politica nepotistica, specialmente ai disegni di Cesare Borgia, avrebbe potuto fare ancor di più, è però indubitato, che egli allora si adoperò molto. Se non si ottennero risultati decisivi, ciò deve imputarsi più ai principi «cristiani» che al papa
A causa delle insolite intemperie il Peraudi in questo viaggio venne più volte tribolato dal vecchio male di gotta e costretto al letto. Questo male e specialmente la scarsa corrispondenza ch’egli «trovò dappertutto presso principi, città e clero riguardo alla guerra turca, lo fecero talmente scoraggiare», che più volte supplicò il papa a richiamarlo dalla sua legazione … Enrico VII offrì 4000 lire, ricusandosi tuttavia espressamente di concorrere con uomini e navi alla crociata. «È bello, così il re, che il papa cerchi per questo santo scopo di metter la pace tra i principi cristiani; io però grazie |a Dio sto da gran tempo in pace con tutti; trovomi nell’impossibilità di prestare un aiuto qualsiasi; a questo compito sono più chiamati la Francia, la Spagna e anche l’Ungheria e la Polonia». Il re di Francia vagheggiava ben altri disegni che non la guerra contro i Turchi … Anche la maggior parte dei prelati ungheresi non mostrarono quasi alcun spirito di sacrifìcio. I magnati del laicato non erano tanto alieni dalla guerra turca, ma anch’essi mossero delle difficoltà …
Il 13 maggio dell’anno seguente si stipulò finalmente la lega tra l’Ungheria, Venezia e il papa … Alessandro VI nominò ammiraglio il vescovo Giacopo Pesaro … Giacopo Pesaro si diresse dapprima a Gerigo, dove l’attendevano 50 navi veneziane sotto il comando di suo fratello Benedetto. Unitisi, essi veleggiarono verso Pisola di Santa Maura, l’antica Leucadia. Nonostante la disperata resistenza dei nemici, sulla fine d’agosto si riuscì a conquistare quell’importantissimo punto strategico. In questi scontri il legato pontificio Giacopo Pesaro si segnalò in modo singolarissimo. Egli ebbe ora la soddisfazione d’issare sulla fortezza conquistata la bandiera della Chiesa romana e di papa Alessandro VI, che però non vi dovevano sventolare a lungo come a Costantinopoli si era ormai stanchi di quella dura guerra. La Porta vedevasi minacciata dalla parte dell’Asia dalla nuova potenza persiana, mentre Venezia era quasi esausta di denaro e soffriva nel commercio perdite incalcolabili. La speranza riposta nella lega con l’Ungheria non erasi realizzata perché il re Wladislao conduceva la guerra con assai poca serietà. In seguito a ciò Il governo veneto prestò facile orecchio alle offerte di pace esibite dai Turchi e da ultimo deliberò persino di restituire Santa Maura appena allora conquistata. Il 14 dicembre 1502 si venne a Costantinopoli ad un accordo provvisorio, il quale spianò la via alia pace pubblicatasi in Venezia il 20 maggio 1503. Senza Venezia l’Ungheria non era in grado di misurarsi coi Turchi, onde non fa meraviglia se ora anche il re Wladisliao deliberò di deporre le armi. Il 20 agosto 1503 egli ratificò un armistizio, che doveva durare sette anni. Così ebbero fine gli sforzi per la crociata. Molto rilevanti erano stati i soccorsi in danaro che l’Ungheria aveva ricevuto da Roma negli anni della guerra …
Devesi concludere che quanto fece Alessandro VI per la causa turca non era poi così poca cosa, come facevano apparire gli avversari dei Borgia.

(Ludwig von Pastor, Storia dei Papi, Vol. III, Roma, 1932, 531-545)


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Immagine: Tiziano, Jacopo Pesaro presentato a san Pietro da papa Alessandro VI (fonte wikipedia.org)