di Piergiorgio Seveso

Caleidoscopi cattolici

Anche questa volta la strobosfera esce con un giorno di ritardo per permettere ai nostri lettori di fruire più agevolmente e senza eccessive distrazioni dei video delle conferenze della settima giornata di cultura radiospadista di Rubiera, in particolare modo dei brevi ma incisivi interventi del c.d “caleidoscopio radiospadista”.

Mentre presentavo gli interventi pomeridiani, mostravo al pubblico dei convenuti, attenti e stupiti, un piccolo caleidoscopio metallico dove piccole pietre colorate, ad ogni millimetrico spostamento, creavano nuovi mirabili scenari, nuove combinazioni coloristiche tali da meravigliare ed edificare chi vedeva.

Così era nata l’idea del caleidiscopio: in una salda cornice dottrinale, portare la ricchezza dello sguardo e del giudizio cattolico (integrale e mai termine fu meno abusato) sulla realtà tutta intera, su tutti gli aspetti della vita, in tutti i più sconosciuti e imprevedibili meandri dell’apologetica cattolica.

La figura del Caleidiscopio in fondo rende tutti i relatori parte di una comunità di ingegni e talenti dove nessuno primeggia, nessuno deborda, nessuno travalica con relazioni verbose e sonnolente, non esistono “one-man-show” (quelli semmai li fanno i comici a teatro o i piazzisti alle convention) ma tutti sono necessariamente costretti alla brevità, alla trasmissione di concetti chiari ad un uditorio che merita certamente l’approfondimento ma anche la linearità, sfrondata da vezzi narcisistici, da pose gladiatorie, intellettualoidi o (para)accademiche.

Dottori privati

Tanti e tanti anni fa il milanese professor Antonio Zocco, tipica figura di tradizionalista eccentrico anni Settanta e Ottanta, latinista, celibe, in un distinto appartamentino ricolmo di libri e di memoria in centro città e con un ciarliero merlo indiano come compagno di vita, mi ammoniva con tono amicale e sentenzioso: “Stia attento ai dottori privati!”.

Era l’ultima volta che ci incontravamo, poco più tardi un severo incidente domestico e una conseguente malattia l’avrebbero condotto alla morte ma volevo che ne rimanesse cara memoria anche in questa rubrica.

Lì per lì, non compresi del tutto il senso e la portata dell’affermazione, in fondo ero ancora un cattolico “tradizionalista” alle prime armi, un’’Alice nel paese delle meraviglie dell’integrismo, un giovane affetto dal “mal guerardiano” in braghe corte, ma con gli anni la cosa si era sedimentata carsicamente in me.

Una frase che mi fece pensare e che è divenuta sempre più attuale negli ultimi anni.

Eppure lo stesso professore che la proferiva aveva una tenera e appassionata dedizione verso un famoso e dottissimo “dottore privato” di quegli anni ovvero Romano Amerio.

Oggi, infatti, privi come siamo di guide visibili o certe e con lo stesso episcopato “cattolico” passato armi, bagagli e croci pettorali (in legno) tra le schiere del Gran Turco o della Gran Loggia, ci troviamo ad avere solo dottori privati, privi di autorità ma non per questo privi di autorevolezza.

Ovviamente è necessario avere verso tutti questi dottori privati il giusto senso di equilibrio, il giusto ponderato rispetto che non ne faccia dei novelli San Tommaso ma nemmeno degli opinionisti da talk show.

Anni fa scrivevo cose consimili, prefando uin libro del carissimo “nemico” don Curzio Nitoglia, e mi sovvengono ogni volta che vergo queste righe. Proprio per modestia o, forse meglio, per realismo.

Questa stessa rubrica mantiene STATUTARIAMENTE e ONTOLOGICAMENTE una sua irregolarità di uscita, una sua estemporaneità d’argomenti proprio per preservarci dalla “tentazione oracolare” tanto presente nel mondo tradizionalista, dall’impancarci a nuovi banditori, a Savonarola in trentaduesimo, a Fra’ Cipolla confusionari e ridicoli.

L’unica voce fedele e affidabile è quella della dottrina romana, noi al massimo ricamiamo, infioriamo, tracciamo qualche ulteriore svolazzo per attualizzare e volgarizzare, applicando le massimo eterne alle dolorose contingenze ecclesiali dell’oggi. Lo facciamo anche per confortare gli amici, spesso stretti dalla morsa di dubbi e scrupoli, e per mettere in guardia i nemici, lanciando giuliottianamente le uova marce del nostro sarcasmo.

Compagni al concistoro

Per citare una vecchia canzone degli “Amici del vento”, si è svolto l’ottavo “concistoro” dell’era bergogliana: una ventina di nuovi “cardinali” accuratamente scelti tra latinoamericani, terzomondiali, vescovi delle periferie esistenziali e dei deserti asiatici, gesuiti, fedeli esecutori, “ordinari locali” innocui e vagamenti inebetiti. Il quadro del futuro (futuribile) nuovo conclave si delinea sempre più con una maggioranza schiacciante fedele al nuovo corso bergogliesco.

Volendo quantificare perché la matematica può essere severa, circa un centinaio di “porporati” appartengono o per fedeltà pregressa, o per gratitudine creaturale, o per insignificanza congenita o per forma spiritualis alla mente e al cuore del “gerente”.

Il tradizionalista medio certamente potrebbe sillabare di ”interventi straordinari dello Spirito Santo” ma la dura legge dei numeri è questa.

Fonte immagine: Pixabay (free use)

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