di Giuliano Zoroddu
Diamo una panoramica di come fino ai tempi della generale riforma montiniana si svolgevano in Roma le funzioni per la beatificazione di un Servo di Dio.
Parliamo anzitutto del luogo. Prima di Alessandro VII (1655-1667) il “rito” consisteva solamente nella consegna del breve di concessione della messa ed officio in onore del Servo di Dio, da allora innanzi decorato del nome di “Beato”. Le eventuali cerimonie romane si svolgevano nella chiesa dell’Ordine di appartenenza del nuovo Beato o in quella nazionale.
Il suddetto Pontefice dispose però doversi essa celebrare nella Basilica Vaticana ed infatti vi celebrò quella di san Francesco di Sales nel 1662, come riporta il Lambertini. Questi, divenuto Papa col nome di Benedetto XIV, confermò il prescritto del suo predecessore con la costituzione Ad sepulcra del 23 novembre 1741.
Passiamo quindi all’apparato e alle cerimonie.
Dalla loggia centrale esterna della Basilica veniva appeso l’arazzo coperto del beatificando, il che tutt’ora si usa. Un altro pendeva sotto il portico. Infine un’immagine, sempre coperta, veniva situata nella gloria del Bernini, nella raggiera che sovrasta la Cattedra di San Pietro. Il tempio veniva riccamente adornato di damaschi rossi.
La cerimonia si svolgeva all’Altare della Cattedra con l’assistenza dei Cardinali, dei prelati e dei consultori della Sacra Congregazione dei Riti, i quali si sedevano in cornu Evangelii, e del Capitolo Vaticano, con a capo il Cardinale Arciprete, che prendeva posto in cornu Epistolae.
Quando tutti si fossero seduti, allora il postulatore della causa, accompagnato da un prelato (di solito il Segretario) della Congregazione dei Riti, si portava dal Prefetto della medesima a presentare il Breve pontificio e a chiederne la pubblicazione. Prima della lettura del documento veniva chiesta la venia, il permesso, al Cardinale Arciprete. Al “legantur” di quest’ultimo, il decreto veniva pubblicato dall’alto di un pergamo. Conclusa la lettura si scopriva l’immagine della Gloria e la reliquia del nuovo Beato e tutti genuflettevano. Contemporaneamente si scoprivano l’arazzo esterno e quello sotto il portico al suo delle campane e, prima del 1870, dei cannoni di Castel Sant’Angelo. Il prelato celebrante intonava allora il Te Deum, incensava tre volte l’immagine del nuovo Beato e ne cantava per la prima volta l’orazione. A questi atti faceva seguito la celebrazione della messa.
Il Sommo Pontefice interveniva nel pomeriggio, recandosi con tutto il Sacro Collegio a venerare le reliquia e l’immagine del Beato. Solitamente si dava la benedizione con il Santissimo Sacramento, che veniva incensato dallo stesso Papa, cui porgeva il turibolo il primo Cardinale dell’Ordine dei Preti. Alla fine della visita papale riceve dalla postulazione un’immagine del Beato e dei fiori.
Altre cerimonie si svolgevano in qualche chiesa romana, dell’Ordine o della Nazione del Beato e, prima della Breccia di Porta Pia, il Papa faceva anche ad esse la visita.
Per maggior informazioni si possono leggere le pagine dedicate al tema da un membro di prima importanza delle corti di Gregorio XVI e Pio IX, quale l’eruditissimo Moroni: Le cappelle pontificie, cardinalizie, e prelatizie (pp. 366-368) e il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (v. IV, pp. 264-271) ; e gli esempi di beatificazione di cui abbiamo parlato su Radio Spada: La beatificazione di Pio V e La beatificazione di Papa Pio X.




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Immagine: Beatificazione di Marcellino Champagnat il 29 maggio 1955 (fonte liturgia.mforos.com)
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