di Luca Fumagalli
Nonostante i mille e più limiti di un progetto che si fonda tutto sulla libera intraprendenza di un piccolo gruppo di redattori, senza padri nobili né padrini se non la Chiesa stessa, Radio Spada è una realtà che, a dispetto delle più ottimistiche previsioni, continua nel tempo senza dare segni di cedimento. Ormai sono passati dieci anni dalla fondazione ufficiale: ancora sul blog si pubblicano articoli e la casa editrice dà alle stampe vecchi e nuovi libri. Come prevedibile, non è mancato chi ha cercato in ogni modo di metterci i bastoni tra le ruote o di dare adito a polemiche sterili e francamente inutili. A questi, per fortuna, fanno da contraltare i molti lettori che si sono via via affezionai a Radio Spada e che non oserebbero mai perdersi un incontro o un convegno.

Oltre ad aver introdotto nel dibattito “tradizionalista” italiano nuovi temi e spunti di riflessioni con un piglio spiazzante, tentando di sfuggire alla tentazione dei facili schematismi e dei compartimenti stagni dell’ideologia, Radio Spada gode anche di una certa attenzione da parte dei media esteri interessati alle questioni cattoliche (questo è uno dei motivi per cui, per quanto sia difficile stare al passo con la crescente mole di lavoro, si è deciso di introdurre nella programmazione settimanale del blog pure pezzi in lingua spagnola e inglese). È capitato che nostri libri e articoli venissero segnalati su siti internazionali e pure che qualcuno, compreso il sottoscritto, fosse invitato a parlare al di fuori dei confini del Bel Paese.

Giusto di recente, a fine settembre, ho trascorso una manciata di giorni a Londra, chiamato dalla Catholic Writers Guild a tenere una conferenza la sera del 28 sul tema della diffusione della letteratura cattolica britannica in Italia. La Guild, legata alla figura di G. K. Chesterton, è un’associazione finalizzata alla promozione dell’arte cattolica, e da qualche tempo ha iniziato a organizzare incontri con studiosi provenienti dal resto d’Europa, un modo per confrontarsi e scambiare opinioni in una prospettiva meno angusta. Il Master of the Keys, Pierpaolo Finaldi, il latore dell’invito e la mia guida per la Londra cattolica nei giorni immediatamente precedenti alla conferenza, è il direttore della Catholic Truth Society (CTS), un ente che dal 1868 pubblica libri di preghiere, scritti apologetici, letture spirituali e vite di santi, tutti testi che fanno bella mostra di sé all’ingresso di ogni chiesa inglese.

Difficile, con pochi giorni d’esperienza sulle spalle, fare un bilancio dello stato del cattolicesimo britannico, ma da quello che ho potuto constatare con i miei occhi e dalle battute che ho scambiato con Pierpaolo, sua moglie Chiara e qualche altro fedele, la sensazione è che si tratti di un mondo profondamente conservatore, in cui il vetus ordo gode di ampia libertà e di una buona diffusione (una sera, a casa sua, Pierpaolo mi ha mostrato un opuscolo in cui erano elencate le messe in latino celebrate ogni settimana in tutto il Paese: il numero era impressionante). Certamente non tutto è oro quel che luccica – al di là dei doverosi distinguo nel campo “tradizionalista”, progressisti e modernisti sfegatati sono presenti in massa pure a quelle latitudini – ma l’impatto è stato rincuorante. Del resto non va dimenticato che i cattolici inglesi, a partire dal XVI secolo, hanno vissuto in una condizione disperante, costantemente sotto la spada di Damocle del tiranno di turno. Abituati a essere una minoranza in una nazione protestante, hanno imparato, riecheggiando Guareschi, a custodire il seme. Non è quindi un caso che proprio da lì siano giunte alcune delle critiche più feroci nei confronti delle riforme del Concilio Vaticano II e, soprattutto, della “nuova messa”.

Tornando al mio soggiorno, la sera dell’arrivo a Londra ho assistito a una messa in latino celebrata in una chiesetta di Maiden Lane, Corpus Christi, e nei giorni successivi, oltre alla magnifica chiesa dei gesuiti a Farm Street, ho avuto modo di visitare la cattedrale di Westminster, sede dell’arcivescovo a capo della comunità cattolica dell’Inghilterra e del Galles. Edificata a fine XIX secolo in un curioso stile bizantino, si tratta di un edificio talmente insolito che, giusto poco tempo fa, un giornalista ha preso un gigantesco abbaglio spacciandolo in un suo servizio per la moschea di Londra. Il primo impatto, devo ammetterlo, non è stato dei migliori, ma ci è voluto poco per ricredermi, affascinato da un interno a tre navate caratterizzato da una caleidoscopica giustapposizione di stili. Ognuna delle cappelle laterali è decorata secondo un’estetica peculiare – stupende, in particolare, quella irlandese e quella scozzese – e l’atmosfera che si respira è proprio quella della cattolicità, ovvero dell’unità nella diversità. La stessa cosa la si prova quando si osservano i fedeli in preghiera: i diversi colori della pelle denunciano le più disparate provenienze.

Altra chicca gustosissima è stata la possibilità di visitare la G. K. Chesterton Collection custodita presso la sede londinese dell’americana Notre Dame University. Si tratta della collezione – ancora da riordinare e catalogare – di alcuni oggetti appartenuti al celeberrimo scrittore, compresi diversi libri, e di un ambia biblioteca che contiene molti dei saggi che sono stati dedicati a lui, all’amico Belloc e ai principali esponenti del movimento distributista. Nel medesimo pomeriggio mi sono inoltre gustato una pinta di birra allo Ye Olde Cheshire Cheese, il pub in Fleet Street – la strada dove si trovavano le redazioni delle principali testate giornalistiche del Paese – in cui Chesterton era solito intrattenersi in interminabili conversazioni con i suoi sodali.

Per quanto riguarda la conferenza, vi è poco da dire. Dato il mio inglese parlato non proprio fluente, mi sono preparato l’intervento in forma scritta nei giorni precedenti, cercando di leggerlo al meglio delle mie possibilità, quantomeno per non risultare tedioso. I convenuti hanno risposto con entusiasmo, colpiti dal fatto che un italiano potesse dimostrare tanta passione per i loro scrittori cattolici. Non sono mancate le domande, e la serata, tenuta in una sala di Farm Street, è terminata tra bicchieri di vino e amabili conversazioni.

Non ha senso tediare il lettore che ha avuto la pazienza di leggere fin qui con ulteriori aneddoti sulla cultura cattolica e sulla chiesa inglese o con particolari sugli altri luoghi di Londra che ho visitato, luoghi che ancora recavano il segno dei recenti funerali di Elisabetta II. La lazione più importante che apprende il viaggiatore è che il mondo non inizia e finisce con la propria casa, ma è molto vasto, tanto affascinante quanto contradditorio. L’esperienza di Londra mi ha dunque confermato nell’esigenza di continuare a ragionare di Chiesa nei termini più ampi possibili, senza cadere nelle reti di quella miopia italocentrica, oltretutto gravata da vetusti retaggi ideologici, che affligge anche il dibattito politico nazionale. È un approccio che Radio Spada ha sempre adottato e che continuerà ad adottare, si spera, ancora per molto.










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Foto di copertina: la cattedrale di Westminster (immagine dell’autore)