Un libro elogiatissimo nei secoli passati, da troppi decenni quasi ingoto, un capolavoro che le Edizioni Radio Spada sono onorate di presentare: I patimenti di Gesù, del Ven. Tommaso di Gesù.
Nota delle Edizioni Radio Spada
Si può dire che questo è un libro veramente unico e capace di cambiar la vita di chi lo legge, che pare composto per chi ha portato e sta portando una croce, e che – citiamo dalla Prefazione dell’edizione fatta negli anni ’30[1] – è «davvero ispirato», «non perderà mai della sua vibrante attualità», vergato da «un martire di Cristo, in catene per Cristo, flagellato ogni giorno per Cristo – che scrive, più col proprio sangue che con l’inchiostro, i patimenti del primo Martire, del Martire Divino». Ancora: si può affermare che, pur accessibilissimo e semplice, è un maestoso trattato tanto su Dio quanto sull’Uomo, un ricco tesoro di teologia e di antropologia, che mira al fondo del grande mistero del male, un mistero da cui nessuno può fuggire.
Del resto, non è esagerato sostenere che «forse nessun altro autore interessa e commuove quanto il nostro Venerabile», capace di produrre «un sentimento così vivo, così ardente, così toccante da suscitare nell’anima del lettore, anche il più freddo, la più viva commozione». Spinti dalla bellezza del testo, molto si potrebbe aggiungere in queste prime righe della nostra Nota, ma procediamo con ordine, per maggior chiarezza.
Chi è dunque il Ven. Tommaso di Gesù? Un sacerdote dalla vita eroica, «uno dei più grandi e forti mistici agostiniani» passato dalle coste dell’Africa all’eternità il 17 Aprile 1582: «Nato cinquanta anni prima da una delle principali famiglie del Portogallo, decenne fu affidato, per la formazione religiosa e civile, al grande P. Luigi da Montoya O. S. A. A 15 anni vestì l’abito Agostiniano nel Convento delle Grazie di Lisbona, distinguendosi fino da principio per la vivezza della sua fede, per la sua pietà e purità di vita e per un vivo trasporto verso la Passione del Redentore. Sacerdote e predicatore, grande fu il bene ch’egli operò in mezzo al popolo. Maestro dei novizi del suo Ordine, con l’esempio e la parola ne indirizzò non pochi sulla via delle più alte virtù. Dormiva poco, dicono i suoi biografi, tutto applicato oltre che all’orazione ed all’apostolato, alla lettura dei Libri Santi e dei Padri. Singolarissima la sua carità per gl’infelici e per i poverelli.
Nel 1578, per invito personale del re Sebastiano, dovette seguire l’armata Portoghese nella disgraziata spedizione d’Africa. Ferito mentre impavido, fra l’infuriare di un tremendo combattimento, assisteva i moribondi, fu preso, fatto schiavo e come tale venduto ad un Marabuto, che sul principio lo trattò umanamente per indurlo all’apostasia. Riuscite inutili tutte le seduzioni, il triste padrone lo sottopose alle più dure privazioni, ai più crudeli martirii. Spogliatolo dei suoi abiti, incatenato come un malfattore, lo fece chiudere in un’orrenda prigione, dove ogni giorno gli faceva somministrare uno scarsissimo vitto ed un’abbondante flagellazione, e ciò fino a che non avesse rinunziato a Cristo. Fu in questo periodo, in una orribile prigione e nel tempo di così crudeli sevizie che il servo di Dio scrisse, in lingua portoghese, quel mirabile e veramente aureo libro – I patimenti di Gesù – noto in tutto il mondo – e sul quale hanno meditato e pianto, hanno ritrovato se stesse, si sono sentite scosse e ad un tempo sollevate tante e tante anime».
Quando «nel Portogallo si seppe del miserando stato al quale era stato ridotto il Venerabile Padre, fu una gara per liberarlo. Il re del Portogallo e quello di Spagna ne incaricarono i rispettivi ambasciatori. La sorella, contessa di Linares,
mandò forte somma per il riscatto, principi e grandi delle due Nazioni unirono i loro sforzi a questo fine – ma tutto inutile, perché il servo di Dio, per quanto riscattato, non volle abbandonare gli altri poveri cristiani che gemevano in ceppi e catene, per assisterli, difenderli, rinfrancarli nella fede, ricondurli a Cristo, se erranti. Invano i messi di Spagna e del Portogallo, che lo vedevano ridotto agli estremi per le sofferenze di ogni genere alle quali s’era trovato esposto, si affaticarono intorno per ricondurlo in patria. Fino all’ultimo respiro egli volle rimanere con i suoi poveri schiavi – volle condividere le loro pene, volle essere il loro confortatore. Ed in mezzo a loro rese a Dio la bella ed eroica anima sua».
Il libro è molto ordinato, ma allo stesso tempo ricchissimo: si parla delle sofferenze di Cristo nel corso della Passione, indirizzandosi però a ogni uomo in generale e alle anime che soffrono in particolate, per insegnare loro come sopportare, «anzi amare i propri patimenti, onde farne una sorgente di meriti». Ai singoli dolori di Gesù, affrontati dettagliatamente, corrispondono riflessioni, colloqui, istruzioni, preghiere: la struttura è agevole, ottima per la consultazione e la lettura meditativa, anche diluita nel tempo. È sicuramente più semplice leggere e “ruminare” le pagine del testo che spiegarle brevemente in questa introduzione.
Non stupisce che portato in patria il manoscritto, una volta pubblicato, «fu una rivelazione». Le copie «andarono a ruba. Tradotta in quasi tutte le lingue, [l’opera] si diffuse ben presto in tutte le nazioni». Le edizioni[2] «si moltiplicarono ricevendone un numero grandissimo di anime innumerevoli vantaggi spirituali».
Scorrendo le pagine – ove si incontreranno abbondanti riferimenti biblici (e in particolare profetici) – si viaggia nel tema ineludibile del dolore, attraverso quell’amoroso inferno di volontarie pene di cui parlava Padre Scupoli nel suo Combattimento Spirituale, ovvero il Sacro Cuore di Nostro Signore.
Le Edizioni Radio Spada, in questa nuova versione del meraviglioso libro, hanno aggiornato alcune espressioni, adeguato qualche frase, ma in nessun modo toccato il senso, che difficilmente avrebbe potuto essere oggetto di miglioramento. E con ogni auspicio di santi frutti, augurano a tutti buona lettura.
>>> I patimenti di Gesù <<<
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[1] Direzione della Biblioteca Agostiniana, LEF, Firenze, 7 Aprile 1933 (gli altri virgolettati della Nota provengono dalla medesima fonte).
[2] La Direzione della Biblioteca Agostiniana aggiunge all’inizio dell’edizione del 1933: «Come è noto, l’opera del nostro Ven. Padre si divide come in due parti. Nella prima, egli tratta dei patimenti di Gesù dalla sua concezione nel seno purissimo di Maria fino alla vigilia della sua passione cruenta. La seconda, tratta invece dei patimenti di Gesù nel corso della sua passione propriamente detta. È precisamente questa la parte, la più importante e toccante al tempo stesso e che meglio corrisponde al nostro scopo, che noi riproduciamo secondo la bella traduzione che alla fine del sec. XVIII ne preparò il Sac. Bernardino Famiani. Della prima parte abbiamo riportato solo due considerazioni che servono come d’introduzione, collocandole per questo al principio dell’opera. La considerazione che non poche anime pie già conoscono quest’opera e la conoscono nello stile, nella lingua e perfino nell’ortografia e punteggiatura del piissimo traduttore, abbiamo creduto ben fatto riprodurla tale e quale. Solo ci siamo presi la libertà di modificare qua e là qualche parola, qualche frase un po’ troppo antiquata o non corrispondente perfettamente al testo originale».