Dal discorso di S.S. Pio XII al Tribunale della Sacra Rota Romana il 13 novembre 1949
Le circostanze presenti … danno … lo spettacolo di una crisi nell’amministrazione della giustizia, che oltrepassa le abituali deficienze della coscienza morale cristiana.
Le cause immediate di tale crisi sono da ricercarsi principalmente nel positivismo giuridico e nell’assolutismo di Stato; due manifestazioni che alla loro volta derivano e dipendono l’una dall’altra. Sottratta infatti al diritto la sua base costituita dalla legge divina naturale e positiva, e per ciò stesso immutabile, altro non resta che fondarlo sulla legge dello Stato come sua norma suprema, ed ecco posto il principio dello Stato assoluto. Viceversa questo Stato assoluto cercherà necessariamente di sottomettere tutte le cose al suo arbitrio, e specialmente di far servire il diritto stesso ai suoi propri fini.
Il positivismo giuridico e l’assolutismo di Stato hanno alterato e sfigurato la nobile fisionomia della giustizia, i cui fondamenti essenziali sono il diritto e la coscienza. Questo fatto richiama una serie di riflessioni, che si riducono tutte a due punti: le norme oggettive del diritto e la loro concezione soggettiva …
Nella scienza, come nella prassi giuridica, ritorna continuamente sul tappeto la questione del vero e giusto diritto. Ve ne è dunque anche un altro? un diritto falso e illegittimo? Senza dubbio l’avvicinamento di questi due termini per sé urta e ripugna. Non è però men vero che la nozione da essi significata è stata sempre viva nel senso giuridico, anche dei classici pagani. Nessuno forse fra loro ne ha dato una espressione più profonda di Sofocle nella sua tragedia Antigone. Egli fa dire alla sua eroina che, per le cure di Creonte, Eteocle era stato seppellito sÎn díkei dikaíai. Díkaios è colui che compie i suoi doveri verso Dio e verso gli uomini, che è giusto, pio, onesto, probo, umano; díke díkaia corrisponde dunque a ciò che noi chiamiamo vero e giusto diritto, mentre cheroídikes o cheirodíkaios designando il violento, colui il quale usa il diritto del più forte, indica l’uomo del falso e ingiusto diritto.
Tutta la crisi, a cui abbiamo accennato, si riepiloga nell’antagonismo fra il vero e il falso diritto … Se l’attività umana si regola e si dirige secondo quelle norme, essa rimane per se stessa in armonia con l’ordine universale voluto dal Creatore.
In ciò trova la sua risposta la questione del diritto vero e falso. Il semplice fatto di essere dichiarato dal potere legislativo norma obbligatoria nello Stato, preso solo e per sé, non basta a creare un vero diritto. Il «criterio del semplice fatto» vale soltanto per Colui che è l’Autore e la regola sovrana di ogni diritto, Iddio. Applicarlo al legislatore umano indistintamente e definitivamente, come se la sua legge fosse la norma suprema del diritto, è l’errore del positivismo giuridico nel senso proprio e tecnico della parola; errore che è alla base dell’assolutismo di Stato e che equivale ad una deificazione dello Stato medesimo.
Il secolo decimonono è il gran responsabile del positivismo giuridico. Se le sue conseguenze hanno tardato a farsi sentire in tutta la loro gravità nella legislazione, si deve al fatto che la coltura era ancora impregnata del passato cristiano e che i rappresentanti del pensiero cristiano potevano ancora quasi dappertutto far sentire la loro voce nelle assemblee legislative. Doveva venire lo Stato totalitario d’impronta anticristiana, lo Stato che – per principio o almeno di fatto – rompeva ogni freno di fronte ad un supremo diritto divino, per svelare al mondo il vero volto del positivismo giuridico …
Noi non intendiamo certamente di scusare i veri colpevoli. Ma la maggior responsabilità ricade sui profeti, sui propugnatori, sui creatori di una coltura, di un potere dello Stato, di una legislazione, che non riconosce Dio e i suoi diritti sovrani. Dovunque questi profeti erano e sono ancora all’opera, deve sorgere il rinnovamento e la restaurazione del vero pensiero giuridico.
Bisogna che l’ordine giuridico si senta di nuovo legato all’ordine morale, senza permettersi di varcarne i confini. Ora l’ordine morale è essenzialmente fondato in Dio, nella sua volontà, nella sua santità, nel suo essere. Anche la più profonda o più sottile scienza del diritto non potrebbe additare altro criterio per distinguere le leggi ingiuste dalle giuste, il semplice diritto legale dal diritto vero, che quello percepibile già col solo lume della ragione dalla natura delle cose e dell’uomo stesso, quello della legge scritta dal Creatore nel cuore dell’uomo ed espressamente confermata dalla rivelazione. Se il diritto e la scienza giuridica non vogliono rinunziare alla sola guida capace di mantenerli nel retto cammino, debbono riconoscere gli «obblighi etici» come norme oggettive valide anche per l’ordine giuridico.
L’organizzazione giuridica della Chiesa cattolica non è mai passata né rischia mai di passare per una tale crisi. E come potrebbe essere altrimenti? Il suo alfa ed omega è la parola del Salmista: In aeternum, Domine, est verbum tuum, stabile ut caelum … Verbi tui caput constantia est, et aeternum est omne decretum iustitiae tuae. Ciò vale per tutto il diritto divino, per quello altresì che l’Uomo-Dio ha posto a fondamento della sua Chiesa. Infatti, fin dal principio, nelle prime grandi promesse, ha stabilito la sua Chiesa come una società giuridica. Cieco in verità dovrebbe essere chi chiudesse gli occhi a questa realtà.
La scienza e la prassi del diritto canonico non riconoscono evidentemente alcun diritto legale che non sia anche vero diritto; loro ufficio è di dirigere, nei limiti fissati dalla legge divina, il sistema giuridico ecclesiastico sempre e interamente verso il fine della Chiesa stessa, che è la salute e il bene delle anime. A questo fine serve, in modo perfetto, il diritto divino; allo stesso fine deve tendere, il più perfettamente possibile, anche il diritto ecclesiastico.




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fonte vatican.va
fonte immagine liturgia.mforos.com