di Giuliano Zoroddu

L’altro giorno sfogliavo per motivi lavorativi la Gerusalemme Liberata del Tasso ed ho avuto modo di rileggere le prime ottave del canto XI, in cui il Poeta ci fa rivivere attraverso i suoi versi la vita liturgica dei crociati.
Siamo nel 1099 e Goffredo di Buglione si prepara a dare l’assalto finale a Gerusalemme per liberare il Santo Sepolcro. Ma mentre il “capitan de le cristiane genti” è tutto intento a preparare le macchine da guerra, gli si presenta Pietro l’Eremita il quale gli ricorda che prima di preoccuparsi delle armi materiali deve preoccuparsi di quelle spirituali. “Sia dal Cielo il principio” gli rammenta, prendendo in prestito il famoso motto latino “Ab Iove principium“, e lo invita a indire pubbliche preghiere per invocare “la milizia degli angioli e de’ santi / che ne impetri vittoria ella che puote“. Ad esse dovranno partecipare non solo i sacerdoti, ma anche i tutti i “duci” perché vedendo la devozione dei capi, anche “il vulgo” sia mosso verso le pratiche di pietà.
Così il mattino seguente si ordina la processione e, come da rituale, si cantano le Litanie dei Santi. Ed è appunto sulla base di queste che il Tasso crea i seguenti versi.

Te Genitor, te figlio eguale al Padre,
E te che d’ambo uniti amando spiri:
E te, d’uomo e di Dio, Vergine Madre
Invocano propizia ai lor desiri.
O Duci, e voi, che le fulgenti squadre
Del Ciel movete in triplicati giri.
O Divo, e te, che della diva fronte
56La monda umanità lavasti al fonte.

Chiamano e te, che sei pietra e sostegno
Della magion di Dio fondata e forte:
Ove ora il novo successor tuo degno
Di grazia e di perdono apre le porte.
E gli altri messi del celeste regno,
Che divulgar la vincitrice morte.
E quei che ’l vero a confermar seguiro,
Testimonj di sangue, e di martiro.

Quegli ancor, la cui penna, o la favella
Insegnata ha del Ciel la via smarrita:
E la cara di Cristo e fida ancella,
Ch’elesse il ben della più nobil vita:
E le vergini chiuse in casta cella,
Che Dio con alte nozze a se marita:
E quelle altre magnanime ai tormenti,
Sprezzatrici de’ Regi, e delle genti.

In primo luogo si invocano le singole persone della Santissima Trinità: il Padre, il Figlio che del Padre è l’Uguale, e lo Spirito Santo che è l’amore personale del Padre e del Figlio e che da entrambi procede. Segue la Sancta Dei Genetrix e Virgo virginum in un verso che ripropone la parte mariana delle Litanie, richiamando gli immortali versi danteschi del XXXIII canto del Paradiso [1].
Dopo Maria è la volta degli spiriti angelici, all’interno dei quali si distinguono di Duci, ossia gli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Un posto speciale ha poi San Giovanni Battista “divo” battezzatore della “diva fronte“, cioè di Gesù Cristo, Uomo-Dio, che pur essendo puro da ogni macchia di peccato si fece versare l’acqua sul capo dal Cugino per lavare nella sua Carne le sozzure del vecchio Adamo e per istituire quel il Sacramento che ci apre le porte del Paradiso.
Manca san Giuseppe ed il motivo è semplice: ancora il nome di questo gran santo non era stato inserito all’interno delle Litanie [2].
Particolar risalto è dato all’invocazione di san Pietro, colui a cui, solo, Cristo disse: “Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam“, che in quell’anno 1575 nella persona del suo “degno” successore Gregorio XIII Boncompagni apriva ai fedeli i tesori delle indulgenze del grande Giubileo. Per l’occasione lo stesso Tasso si recò a Roma per fruire di quei benefici che solo le supreme chiavi del Vicario di Cristo possono concedere al mondo.
Vengono invocati poi gli Apostoli: coloro che Cristo inviò – ἀπόστολος, da ἀποστέλλω, è appunto colui che viene inviato – ad annunziare al mondo la sua vittoria sulla morte: “absorta est mors in victoria“; quindi coloro che, come Stefano, Lorenzo e Vincenzo, per dar di ciò testimonianza non esitarono a versare il sangue.
A questi fanno seguito i Dottori della Chiesa che con gli scritti e con la parola furono (e sono) al popolo cristiano “conduttori” verso il Cielo.
Ampio spazio è riservato a Maria Maddalena, modello dei contemplativi, ricordata con le parole che il Signore rivolse alla di lei sorella Marta: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti inquieti per un gran numero di cose. Eppure una sola è necessaria. Maria ha eletto la miglior parte, che non le sarà levata“[3].
Chiudono questa litania tassesca quelle donne cristiane che per quell’unum necessarium, sprezzanti dei tiranni pagani, patirono con animo grande il martirio.
In questi pochi versi del sublime poema si può ammirare la fede del suo autore e si può contemplare quella verità insovvertibile per cui la Chiesa Romana è stata sempre cultrice del Bello e altrice di artisti.



[1] Per il XXXIII del Paradiso rimando al mio «Sua disianza vuol volar sanz’ali». Il XXXIII canto del Paradiso, poema dantesco di Maria Mediatrice.
[2] Dice lo Schuster: «La questione della precedenza accordata a san Giovanni su san Giuseppe nelle litanie dei Santi, venne già trattata da Benedetto XIV. L’introduzione dell’invocazione di san Giuseppe nella prece litanica è relativamente recente, e quando vi fu inserita, non si giudicò opportuno di risolvere in qual senso vada inteso quel passo del Vangelo, che Giovanni sia il maior inter natos mulierum. Giovanni da lunghi secoli era in pacifico possesso di quel primo posto nella lunga teoria litanica dei Santi; egli inoltre era martire. Per non compromettere quindi nulla, san Giuseppe fu posto in mezzo tra il Battista e san Pietro».
[3] Il Tasso, con la Chiesa Latina, identifica Maria di Betania con la Maddalena. Per approfondimenti vedi Chi è Santa Maria Maddalena?



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