Il 27 ottobre 1940, a mezzo del suo motu proprio “Norunt profecto“, Pio XII stabiliva che il 24 novembre di quello stesso anno tutte le messe dovessero essere celebrate secondo la sua intenzione: “E la Nostra intenzione – scriveva il Pontefice – è questa: che per il valore infinito di tanti Sacrifici Eucaristici, che quel giorno si offriranno all’Eterno Padre in ogni momento e in ogni parte del mondo, s’impetri l’eterno riposo a tutti coloro che sono morti per causa della guerra; che si ottengano i celesti conforti della grazia agli esuli, ai profughi, ai dispersi, ai prigionieri, a tutti coloro, insomma, che soffrono e piangono per le calamità del presente conflitto; che, finalmente, ristabilito, nella giustizia, l’ordine, e placati gli animi sotto l’influsso della cristiana carità, una vera pace congiunga e affratelli tutti i popoli dell’umana famiglia, ridonando ad essi la tranquillità e la prosperità“.
Egli stesso discese il 24 novembre nella Patriarcale Basilica Vaticana ad offrire sulla tomba del Principe degli Apostoli il sacrificio di pacificazione.
A fargli corona c’erano gli Eminentissimi Cardinali Granito Pignatelli di Belmonte, Gasparri, Salotti, Sibilia, Vidal y Barra­queé, Verde, Lauri, Rossi, Fumasoni Bion­di, Tedeschini, Marmaggi, Maglione, Tis-serant, Pellegrinetti, Pizzardo, Caccia Dominioni. Canali, Jorio, Cattani e Mercati; il Patriarca Latino di Antiochia, numerosissimi Arcivescovi e Vescovi, le rappresentanze delle Sacre Congregazioni, Sua Eminenza il Principe Gran Maestro dell’Ordine di Malta, i Parenti di Sua Santità, il Gran Maestro del Sacro Ospizio e i Principi Assistenti al Soglio. Inoltre assistevano alla messa i rappresentanti di­plomatici di Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Colombia, Spagna, Bra­sile, Argentina, Polonia, Belgio, Chile, Bolivia, Portogallo, Repubblica Dominicana, Jugoslavia, Venezuela, Ungheria, Slovac­chia, Lituania, Romania, Nicaragua, Ir­landa, Cuba, del Sovrano Militare Ordine di Malta e San Marino.
La celebrazione della messa fu interrotta dall’eloquente omelia del Pontefice, la quale terminò con la seguente preghiera:

O Padre nostro che state nei cieli, o Dio, protettore nostro, volgete lo sguardo a Cristo vostro Figlio; mirate i segni vermigli delle sue ferite, a cui lo condusse l’amore per noi e l’obbedienza a Voi, con le quali volle farsi in ogni tribolazione nostro Avvocato e Propiziatore. O Gesù, Salvatore nostro, parlate al Padre vostro e Padre nostro per noi, supplicatelo per noi, per la vostra Chiesa, per tutti gli uomini, conquista del vostro sangue. O Re pacifico, Principe di pace! Voi, che avete le chiavi della vita e della morte, donate la pace della requie sempiterna alle anime di tutti i fedeli, dal turbine di guerra travolti nella morte, e, noti e ignoti, lacrimati o illacrimati, sepolti sotto le rovine delle città e dei villaggi distrutti, per le pianure insanguinate, su per i colli squarciati, negli abissi delle valli o nei gorghi marini. Scenda sulle loro pene il vostro sangue purificatore a imbiancare i loro manti e a renderli degni e fulgidi al vostro cospetto beatificante. Voi, amoroso confortatore degli infelici, che lacrimaste alle lacrime di Marta e Maria sconsolate per il morto fratello, concedete la pace del conforto, della rassegnazione e dell’aiuto ai miseri, dalle calamità della guerra prostrati nella tribolazione e nel dolore, agli esuli, ai profughi dalla patria, ai raminghi sconosciuti, ai prigionieri, ai feriti fiduciosi in Voi. Rasciugate le lacrime di tante spose, di tante madri, di tanti orfani, di tante famiglie, di tanti derelitti; lacrime nascoste, cadenti sopra il pane del dolore, dopo durati digiuni, in freddi tuguri, pane diviso fra i fanciulli più volte condotti ai vostri altari nell’umile chiesetta a pregare per il babbo o per il fratello maggiore, forse morto, forse languente, forse sperduto. Consolate tutti coi doni celesti e con quei sollievi e soccorsi della feconda carità, che Voi sapete ispirare agli animi gentili, i quali negli affannati e sfortunati riconoscono i loro fratelli e amano le immagini vostre. Concedete ai combattenti, coll’eroismo nell’adempimento del loro dovere, anche fino al supremo sacrificio, per la difesa della Patria, quel nobile senso di umanità, che in ogni evento non fa ad altri ciò che non vorrebbe fosse fatto a sé o al proprio popolo.
O Signore, regni e trionfi la carità del vostro divino Spirito sul mondo, e torni fra i popoli e le nazioni la pace della concordia e della giustizia. Siano accetti e graditi al mite e umile vostro Cuore i nostri voti, e Vi renda a noi propizio il numero e la devozione dei santi sacrifici che, prona, tutta la Chiesa, vostra Sposa, per Voi stesso, Sacerdote e Vittima in eterno, offre al divino vostro Padre. Parlate Voi ai cuori degli uomini. Voi avete parole, che penetrano e scuotono il cuore, che illuminano la mente, che calmano le ire, spengono gli odi e le vendette. Dite quella parola che seda le tempeste, che risana gl’infermi, che è luce ai ciechi e udito ai sordi, che è vita ai morti. La pace fra gli uomini, che voi volete, è morta: risuscitatela, o divino Vincitore della morte; e per Voi si tranquillino alfine la terra e il mare; cessino nei cieli i turbini, che, sfidando i raggi del sole od occulti fra le tenebre della notte, gettano su inermi popolazioni il terrore, gl’incendi, le distruzioni, le stragi; la giustizia con cristiana carità pareggi dall’uno e dall’altro lato i sussulti delle bilance; sicché riparata ogni ingiustizia, restaurato l’impero del diritto, estinta ogni discordia e rancore degli animi, risorga e si ravvivi in serena visione di nuova e unanime prosperità una vera e ordinata e duratura pace che affratelli, nel cammino dei secoli e nel consenso del bene più alto, tutte le genti dell’umana famiglia sotto lo sguardo vostro. Così sia.

Al termine della messa, secondo la cronaca che riprendiamo da L’Osservatore Romano della Domenica del 1° dicembre seguente, “dopo il mottetto «Lux aeterna» eseguito dalla Cap­pella Musicale Pontificia, è stato cantato dal clero e dal popolo il «De profundis». Indi, dopo l’«Adoro te devote» è stato esposto il Santissimo Sacramento all’al­tare papale. Cantate le Litanie dei Santi e il Salmo «Miserere», seguivano le preci e gli Oremus, il canto del mottetto «Da pacem Domine» e il «Tantum ergo»; l’Eminentissimo Cardinale Federico Tede­schini ha infine impartita la Benedizione Eucaristica. La silenziosa manifestazione che, tra i versetti del Magnificat aveva seguito il Santo Padre all’arrivo nella Basilica Va­ticana, non ha potuto contenersi fino alla fine e al ritorno il Papa è stato accom­pagnato dal canto solenne del Tu es Petrus espressione della comune fede nel Vicario di Cristo”.



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fonte immagine liturgia.mforos.com