Volentieri offriamo ai lettori questo prezioso estratto de L’esistenza di Dio di Mons. G. Ballerini:


[…] Allo scopo di sempre più e sempre meglio precisare la questione, dobbiamo avvertire che la dottrina della trascendenza non esclude quella della intima presenza di Dio a noi ed a tutte le cose. E ciò importa sommamente rilevare perché non sono pochi quelli che si esprimono in modo da lasciar credere che con la dottrina della trascendenza si voglia relegare Dio lassù in Cielo e segregarlo da ogni relazione con le sue creature, o almeno renderle assai lontane e remote. Ecco infatti come si esprime uno di costoro: «Un Dio trascendente è un Dio troppo lontano dalle sue creature, un Dio che abita nell’alto dei Cieli e che sembra quasi non curarsi delle sue creature. Noi invece abbiamo bisogno di un Dio che viva e con viva con noi. Intanto la religione è cosa viva, in quanto noi siamo e viviamo in Dio ed Egli è e vive in noi. Non è forse così che i Santi hanno inteso Iddio e l’hanno visto e sentito in sé stessi, come l’hanno visto e sentito in tutti gli esseri della natura?».

Orbene, quando noi diciamo che Dio è l’essere trascendente, non intendiamo dire che egli non sia intimamente presente a noi stessi ed a tutte le cose. Come Creatore, Dio necessariamente «adest omnibus in quantum est causa essendi»[2]. Ed in questo senso appunto S. Paolo disse che «In ipso vivimus, movemur et sumus»[3]: in quanto cioè «Ipse dat omnibus vitam et inspirationem et omnia»[4].

Con la parola «trascendente» vogliamo dire soltanto che l’essere divino non si identifica in nessun modo con l’essere del mondo e delle singole cose in esso esistenti, ma che è da esse realmente distinto e ad esse superiore, benché intimamente presente a tutte ed a ciascuna.

Però, se Dio adest omnibus ut causa essendi, è evidente che la sua presenza non può essere per noi oggetto di percezione o di coscienza, ma solo di ragionamento, e precisamente di quel ragionamento col quale si dimostra la totale dipendenza che tutte le cose finite hanno da Dio come da causa prima. Quello appunto che insinua S. Paolo agli Ateniesi dell’Areopago, come abbiamo visto più sopra. Quando perciò gli scrittori di parte nostra dicono che Dio sta al di fuori e di sopra dell’universo, queste parole non vanno intese nel senso che essi vogliano escludere la di Lui intima presenza a tutte le cose, ma solo in quanto l’essere divino non si deve confondere con l’essere fondamentale dei fenomeni cosmici, come fanno i difensori dell’immanenza, per i quali l’essere divino sta al di sotto e al di dentro dei medesimi

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[2] Div. Th., p. I q. VIII a. 3.

[3] Act. Apost. XVII. 28.

[4] Ivi 25.


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