di Luca Fumagalli
Prima di iniziare, ai seguenti link sono disponibili la prima, la seconda e la terza puntata della rubrica.
Durante il regno di Edoardo VI, dal 1547 al 1553, la lotta al cattolicesimo si fece ancora più intensa: la Messa venne abolita, gli altari distrutti, e agli inglesi venne imposta una nuova liturgia con una nuova professione di fede. L’arcivescovo Thomas Cranmer si occupò di un’ulteriore revisione del Libro di Preghiere – reso più calvinista rispetto alla versione precedente – e, per consolidare l’opera di protestantizzazione in atto, vennero accolti nel paese diversi riformatori provenienti dal continente a cui furono garantiti posti chiave all’interno delle università. Ancora una volta non mancarono le proteste, ma il sovrano, seguendo l’esempio del padre, non si fece troppi problemi a sopprimerle nel sangue.
Il successivo regno di Maria e quello della sorellastra Elisabetta sono stati raccontati per molti decenni secondo una prospettiva deformata dall’ideologia: se Maria, ribattezzata “Bloody Mary” dalla propaganda protestante, è diventata col tempo il simbolo di un governo oscurantista e reazionario, capace solamente di distribuire morte, al contrario Elisabetta è ancora oggi celebrata come una donna forte e autorevole, capace da sola di traghettare una nazione verso un avvenire di prosperità economica e successi politici. Naturalmente le cose non stanno proprio così e, del resto, quando si ha a che fare con la storia, più che i bianchi e i neri, sono i toni grigi quelli che prevalgono.
Comunque, quando la figlia di Caterina d’Aragona salì al trono, non è difficile immaginare la gioia con cui venne accolta da coloro che, dopo un ventennio di follia legalizzata, sognavano finalmente la restaurazione della religione cattolica. Tuttavia i progetti di Maria incontrarono sin da subito l’opposizione della nobiltà, resa ricca dalle spogliazioni dei monasteri e perciò interessata a mantenere lo status quo. Alla regina, affiancata dal cardinale Reginald Pole, non restò altra soluzione che imporre l’ordine con la forza, e forse sarebbe anche riuscita nei suoi intenti se la morte non fosse arrivata improvvisamente nel 1558, quando aveva poco più di quarant’anni.
Elisabetta, le cui opinioni religiose non dovevano essere troppo diverse da quelle del padre, aveva scarsa simpatia per i riformatori più estremi, ma al contempo era consapevole che i protestanti controllavano il parlamento e che senza il loro supporto il governo del paese sarebbe stato impossibile. Allora, senza perdere tempo, con l’Atto di supremazia ristabilì la legislazione anticattolica, e con l’Atto di uniformità abolì la messa, ripudiando la dottrina della presenza reale. La partecipazione alla nuova celebrazione eucaristica venne resa obbligatoria per legge, e ci sono storici, al pari di Joseph Pearce, che rilevano in questa sciagurata decisione di Elisabetta «i semi del cinismo verso la religione, che sarebbe diventato una caratteristica del popolo inglese verso il XVIII secolo».
Innanzi ai provvedimenti della sovrana i cattolici si comportarono in modi diversi: alcuni si conformarono alla legge, mentre altri, i cosiddetti “Church Papist”, sebbene prendessero parte ai nuovi riti, continuarono a ricevere la comunione di nascosto. Infine vi erano i “recusant”, uomini e donne disposti a pagare al governo una multa altissima pur di evitare ogni contatto con la liturgia protestante. Gli studiosi espatriati trovarono invece rifugio presso le città universitarie di Lovanio, in Belgio, e di Douai, in Francia, dove nel 1568 il cardinale William Allen fondò il Collegio inglese, un seminario finalizzato all’ordinazione di sacerdoti da rimandare in incognito in patria per portare il sollievo dei sacramenti ai cattolici rimasti (più tardi Allen creò un’istituzione simile pure a Roma).
L’imprigionamento di Maria Stuart, regina di Scozia, accusata di complottare ai danni di Elisabetta, e la scomunica di quest’ultima da parte del papa, ebbero come conseguenza l’inasprimento della legislazione anticattolica. Seguirono numerose condanne a morte – celebri quelle dei gesuiti Edmund Campion e Robert Southwell – che continuarono anche dopo la vittoria contro l’Invincibile Armada di Filippo II.
Il regno di Elisabetta finì nel 1603: non essendosi mai sposata, con la sua scomparsa la corona inglese passò agli Stuart di Giacomo I…
Gli appunti sulla storia dell’Inghilterra cattolica continuano nella prossima puntata.
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Fonte immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Periodo_Tudor#/media/File:Family_of_Henry_VIII,_an_Allegory_of_the_Tudor_Succession.png