di Luca Fumagalli

Prima di iniziare, ai seguenti link sono disponibili la prima e la seconda puntata della rubrica.

La situazione in Inghilterra cominciò a farsi instabile quando intorno al 1520, a Cambridge, il teologo Thomas Cranmer – futuro arcivescovo di Canterbury – prese a diffondere i testi di Lutero nei circoli accademici, facendoli aggetto di discussione e dibattito con i colleghi. Il sovrano Enrico VIII, allarmato, scrisse allora un libello, intitolato Assertio Septem Sacramentorum, in cui, oltre a difendere la dottrina cattolica dei sacramenti, ribadiva il primato della sede di Roma. La sua confutazione delle tesi del monaco tedesco gli valse la gratitudine del pontefice, Leone X, che volle addirittura conferirgli il titolo di “Difensore della fede”.

Se la decisione papale, col senno di poi, appare beffardamente ironica, al tempo era perfettamente giustificata: Enrico VIII era infatti un uomo colto e raffinato, con le qualità giuste per governare saggiamente il proprio paese in una proficua collaborazione con la Chiesa (cosa che lasciava presagire la nomina dell’umanista Thomas More a Lord Cancelliere). Col tempo, però, la volontà del re venne corrotta dallo spirito machiavellico dei suoi ministri, Thomas Cromwell su tutti, e dall’anticlericalismo del parlamento. Il mancato annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona gli fornì quindi il pretesto perfetto per rompere con il papa e per allungare le sue mani sui beni del clero.

A partire dal 1534, quando venne approvato l’Atto di Supremazia che rendeva Enrico VIII il capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, chiunque osasse opporsi alla sua volontà era considerato un traditore e, di conseguenza, destinato alla condanna a morte, la sorte che toccò al vescovo John Fisher e a More. Mentre dal suo esilio romano il cardinale Reginald Pole tuonava contro l’arroganza del sovrano inglese, nel 1536 il parlamento approvò la soppressione dei monasteri e il trasferimento alla corona di tutti gli averi degli ordini religiosi. Pare che in totale siano stati distrutti circa 800/900 edifici ecclesiastici, con migliaia di monaci e suore che da un giorno all’altro si ritrovarono in strada, senza più un tetto sulla testa. Se qualcuno di loro rinunciò per sempre alla vita religiosa, la maggior parte seguitò a rispettare i voti fatti a Dio, creando, quando possibile, nuove comunità più o meno clandestine.

A conti fatti, quella di Enrico VIII si rivelò una decisione scellerata anche in termini di semplice realpolitik: la spoliazione della chiesa inglese coinvolse pure i nobili i quali, alla fine dei saccheggi, vennero a costituire una nuova plutocrazia in grado di limitare fortemente il raggio d’azione del re; inoltre i poveri, che già mal sopportavano le riforme attuate in senso alla chiesa inglese, non poterono più beneficiare della carità degli ordini religiosi. Il malcontento iniziò a diffondersi in tutti gli angli del regno – ulteriormente alimentato dalla tassazione elevata – fino a quando sfociò in una vera e propria ribellione, passata alla storia con il nome di Pellegrinaggio di Grazia, destinata a concludersi anzitempo in un bagno di sangue.

La morte di Enrico VIII, nel gennaio del 1547, chiuse uno dei periodi più draconiani di tutta la storia inglese.  



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Fonte immagine: https://www.storicang.it/medio/2021/01/22/il-primo-incontro-di-enrico-viii-e-anna-bolena-collezione-privata-1835_c19f32bf_1280x720.jpg