Nota di Radio Spada: con questo articolo la penna pungente e profonda di Isabella Spanò riprende la sua collaborazione con Radio Spada (Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di Radio Spada)

di Isabella Spanò

Credo sia doverosa una riflessione su due fatti di cronaca che riguardano i temi dell’immodestia e della vanità femminile. Il primo è passato inosservato, in quanto divulgato solo su Facebook, mentre il secondo ha suscitato grande scalpore ed è stato ampiamente commentato sui media.

Comincio dal più banale e apparentemente non meritevole di particolare attenzione, ma invece, a mio parere, degno di nota alla luce della morale cattolica. Si tratta della partecipazione di una nota giornalista e scrittrice, sedicente cattolica integrale, alla festa di ProVita, partecipazione da lei stessa resa nota su Facebook circa una settimana fa col mostrare un paio di proprie foto in compagnia di un’altra conosciuta esponente del mondo prolife. Il post ha ricevuto ben 1066 tra like, cuori e abbracci, oltre che 369 commenti di vario tipo. Per farla breve, le foto la ritraggono con un vestito nero lungo sul quale dalla vita in giù non c’è nulla da ridire, ma che dalla vita in su in pratica non esiste: schiena del tutto scoperta, capezzoli appena celati da un abbozzo di reggiseno particolarmente basso dell’abito – non atto, peraltro, a reggere alcunché -, annodato lento dietro al collo con due fasce, quasi come un costume da bagno.

Risibile, poi, la sua giustificazione a chi si è permesso una qualche osservazione: non avrebbe avuto un altro vestito, poverina, e così ha dovuto ricorrere per forza a quello dei diciott’anni. Una pezza peggiore, ma assai, del buco.

Stendiamo un velo pietoso anche sull’altra signora, la quale tira su l’abito lungo per mostrare gamba, calza velata nera a pois e anfibio – quest’ultimo assai indicato per un’occasione elegante.

Tornando alla scrittrice in questione, essa non è nuova a strane e discutibili esibizioni sceniche. In occasione del Family Day del gennaio 2016, mi aveva impressionato la sua comparsa sul palco all’aperto riparata solo da uno scialletto, invece che da un cappotto o capo analogo, e vestita come se fosse a una prima della Scala: abbigliamento del tutto fuori luogo per quell’evento, oltre che per quella stagione.

E pensare che su YouTube da anni una giovane signora fiorentina, davvero molto carina, moderna e stilosa, ma – ahimè – di credo protestante, tiene un canale di azzeccatissimi suggerimenti su moda, eleganza e galateo. Quello che propone è assolutamente impeccabile, mutuato dagli outfit di un gran numero di personaggi aristocratici. Mai e poi mai avrebbe suggerito la mise della scrittrice di cui sopra, sulla quale avrebbe tracciato invece una bella croce nel momento in cui le si fosse chiesto di commentarla. Mi chiedo perché una donna cattolica debba fare una così magra figura, offendendo sia il buon gusto che la modestia e screditando in tal modo la propria appartenenza religiosa, quando invece una protestante dimostra ben altra levatura e, lasciatemelo dire, ben altro equilibrio.

E passiamo alla seconda protagonista della cronaca, ovverosia Cristina Scuccia, ex Suor Cristina la Canterina-e-Ballerina. Cristina – con l’avallo dei superiori, purtroppo – ha voluto conciliare diavolo e acqua santa, fama, denaro e successo mondano e vita religiosa, ma si trattava di una conciliazione impossibile, di un ossimoro esistenziale. Come si fa, ad esempio, ad esibirsi a cantare “Like a virgin” di Madonna? È un ricoprire di blasfemia e un gettare nel nonsenso la propria presunta Fede, come quando in chiesa intonano “Imagine” di John Lennon.

Il celebre Don Giuseppe Tomaselli nell’opuscolo “Moda femminile” – di cui in calce riporto uno stralcio – ebbe a scrivere: “Io, Creatore, ho dato una Legge Morale che nessuno sulla terra è autorizzato a calpestare. Io chiederò conto ai registi, alle artiste e a coloro che assistono alle loro scene invereconde”.

Anche qui, colpisce la solidarietà che tanti “cattolici” hanno mostrato a Cristina: “non si deve giudicare”, “ha fatto bene, meglio così”, “è una vittima”, e via discorrendo. Si dà il caso, infatti, che Cristina non fosse una postulante, una novizia, come Maria Augusta Kutschera, sposata Von Trapp, ben nota da generazioni in quanto la sua autobiografia un po’ leggendaria ha fatto il giro del mondo, soprattutto per l’interpretazione che ne diede Julie Andrews in “Tutti insieme appassionatamente”. No, Cristina nel 2019 aveva pronunciato i voti perpetui, nella basilica di S. Ambrogio a Milano. Pare però che questo per un gran numero di persone non significhi nulla, non rappresenti che un piccolo dettaglio trascurabile. Invece, anche se il giudizio sul foro interno è appannaggio solo di Dio, per un cattolico è doveroso deprecare pubblicamente la scelta di gettare alle ortiche una promessa di vita fatta al Signore. Ma tant’è: nella società di oggi si ripudiano alla prima occasione impegni solenni, parole date, propositi adamantini e alte idealità, e si è ormai talmente abituati a ciò, che i più, per subdola inconscia connivenza con i fedifraghi o per semplice abissale ignoranza, non colgono la gravità di simili comportamenti.

Tanti anni fa, una suora mi raccontò un episodio tremendo, che fa molto riflettere. Il Card. Schuster era stato preposto alla guida di un gruppo di seminaristi tra i quali uno spiccava per zelo e devozione, tanto da venire premiato pubblicamente. I seminaristi un bel giorno divennero sacerdoti, e questo giovane si recò dal Cardinale. Il Cardinale lo lodò, il giovane lo ringraziò; e aggiunse: “Così adesso ho la possibilità di celebrare le messe nere”.

Come dice il Vangelo (S. Matteo 7:16-20), “Dai frutti si riconosce l’albero”. Lasciando in questo modo la vita religiosa, Suor Cristina ha prodotto danni incalcolabili, a causa del cattivo esempio che dà una volta di più, dopo averlo già dato quando era suora. E tutti coloro che la scusano e la giustificano sono complici involontari di questo piano diabolico, forse anch’esso involontario o forse no – non lo sapremo mai.

E sì: questa è proprio la più che discutibile cifra del cattolicesimo attuale, dove immodestia, vanità e leggerezza trionfano.

A corredo di queste mie righe, ricordo che Il Catechismo di San Pio X affermava che “il sesto comandamento ci ordina di essere casti e modesti negli atti, negli sguardi, nel portamento e nelle parole”.

E aggiungo la rassegna delle istruzioni che si trovano negli Acta Apostolicae Sedis (Atti della Sede Apostolica), date dal Consiglio di Vigilanza ai Vescovi ed Ordinari Diocesani sotto Papa Pio XI, relative alla vigilanza sulla modestia nel vestire:

In virtù della Suprema Potestà Apostolica che esercita nella Chiesa universale, Sua Santità Pio XI non ha mai cessato di inculcare con la parola e con gli scritti quel precetto di S. Paolo (I Tim. 2:9-10): ‘Parimenti le donne indossino abiti decenti; adornando se stesse di modestia e sobrietà… come conviene a donne che professano la pietà, con opere buone.’

Ed in molte occasioni, il medesimo Supremo Pontefice ha riprovato e decisamente condannato l’immodestia nel vestire che oggi è dovunque in voga, anche fra donne e ragazze che sono cattoliche; una pratica che arreca grave danno alla virtù che è corona e gloria delle donne, ed inoltre purtroppo non solo conduce al loro danno temporale, ma, ciò che è peggio, alla loro eterna rovina e a quella di altre anime.

Non fa quindi meraviglia che i Vescovi e gli altri Ordinari dei luoghi, come compete ai ministri di Cristo, abbiano nelle loro rispettive diocesi unanimemente resistito in ogni modo a questa moda licenziosa e spudorata, e così facendo, abbiano pazientemente e coraggiosamente sopportato la derisione ed il ridicolo che talvolta i male intenzionati hanno diretto contro di loro.

Perciò questa Sacra Congregazione per il mantenimento della disciplina fra il clero ed il popolo, in primo luogo accorda meritata approvazione ed apprezzamento a questa vigilanza ed azione da parte dei Vescovi, ed inoltre risolutamente li esorta a continuare nello scopo ed intrapresa che hanno così bene cominciato, ed anzi a perseguirli con anche maggior vigore, finché questa malattia contagiosa sia interamente bandita dalla società decente.

Affinché ciò possa venire compiuto con maggior facilità e sicurezza, questa Sacra Congregazione, in ottemperanza agli ordini di Sua Santità, ha determinato le seguenti prescrizioni al riguardo:

I. Specialmente i pastori e i predicatori, quando ne abbiano l’opportunità, devono, secondo quelle parole di S. Paolo (II Tim. 4:2): ’insistere, confutare, implorare, sgridare’ al fine di ottenere che le donne indossino vesti conformi alla verecondia, tali da poter essere ornamento e salvaguardia della virtù; ed essi devono anche ammonire i genitori di non permettere che le loro figliole indossino abiti immodesti.

II. I genitori, memori del loro gravissimo obbligo di provvedere specialmente all’educazione morale e religiosa dei loro figli, debbono con speciale cura procurare che le loro figliole ricevano una solida istruzione nella dottrina cristiana fin dai loro primissimi anni; ed essi stessi devono con la parola e con l’esempio profondamente abituarli all’amore della modestia e della castità. Sull’esempio della Sacra Famiglia, devono sforzarsi di così bene ordinare e regolare la famiglia che ogni suo membro possa trovare a casa una ragione ed un incitamento ad amare e ad aver cara la modestia.

III. I genitori dovrebbero anche evitare che le loro figliole prendano parte a pubbliche esercitazioni e a competizioni atletiche. Se le ragazze sono obbligate a prendervi parte, i genitori debbono procurare che indossino un costume che sia interamente modesto, e non debbono mai permettere che compaiano in abiti immodesti.

IV. I direttori delle scuole e collegi per ragazze devono sforzarsi di instillare nei cuori delle loro allieve l’amore della verecondia, così che siano indotte a vestire con modestia.

V. Essi non accetteranno alle loro scuole o collegi ragazze fornite di abiti immodesti; e se qualcuna di queste tali fosse già stata ammessa, verrà mandata via, a meno che non cambi.

VI. Le suore, in ottemperanza alla Lettera del 23 agosto 1928, della Sacra Congregazione dei Religiosi, non accetteranno nei loro collegi, scuole, oratori, o centri di intrattenimento, né permetteranno che vi resti, qualunque ragazza che non osservi la modestia cristiana nel vestire; e nello svolgimento dei loro compiti educativi prenderanno speciale cura di seminare profondamente nei cuori delle ragazze l’amore della castità e della modestia cristiana.

VII. Saranno stabilite e patrocinate pie associazioni di donne allo scopo di reprimere col consiglio, l’esempio, e l’attività, gli abusi circa il vestire immodesto, e di promuovere la purezza nei costumi e la modestia nel vestire.

VIII. Le donne che indossano abiti immodesti non devono essere ammesse a queste associazioni; e quelle che vi fossero già state accolte, se più tardi commettessero una qualunque scorrettezza a questo riguardo e mancassero di emendarsi dopo esser state ammonite, saranno espulse.

IX. Alle ragazze e donne immodestamente vestite deve essere rifiutata la Santa Comunione e vanno escluse dall’officio di madrina nei sacramenti del battesimo e della cresima, ed in certi casi devono anche venir escluse dall’entrare in chiesa.

X. Durante le festività nel corso dell’anno che offrono speciali opportunità per inculcare la modestia cristiana, specialmente nelle feste della Beata Vergine, i pastori ed i preti incaricati delle pie unioni e delle associazioni cattoliche non dovranno mancare di predicare a tempo debito un sermone sul soggetto, in modo da incoraggiare le donne a coltivare la modestia cristiana nel vestire. Nella festa dell’Immacolata Concezione, si reciteranno ogni anno speciali preghiere in tutte le chiese cattedrali e parrocchiali, e quando è possibile si farà anche in tempo opportuno una esortazione al popolo mediante una omelia solenne.

XI. Il Consiglio di Vigilanza diocesano, menzionato nella dichiarazione del Sant’Uffizio del 22 marzo 1918, dovrà almeno una volta all’anno trattare specialmente dei modi e dei mezzi per efficacemente conseguire la modestia nei vestiti femminili.

XII. Affinché questa azione salutare possa procedere con maggiore efficacia e sicurezza, i Vescovi e gli altri Ordinari dei luoghi dovranno ogni tre anni, insieme al loro rapporto sull’istruzione religiosa menzionato nel Motu proprio Orbem Catholicum del 29 giugno 1923, anche informare questa Sacra Congregazione circa la situazione riguardo al vestire delle donne, e alle misure che saranno state prese in ottemperanza di questa Istruzione”.

Infine, riporto uno scritto del celebre Don Giuseppe Tomaselli, tratto dal suo opuscolo “Moda femminile”:

“O donna che segui la moda, ricorda che tutti gli sguardi dati a te con malizia, in casa o fuori, sono peccati che si commettono imputabili più di tutti a te, che ne sei la causa volontaria. Un giorno, quando la morte ti strapperà al mondo e mi comparirai dinanzi per essere giudicata, vedrai le colpe commesse dagli uomini a vederti in abito indecente, e tu stessa ne resterai inorridita! Quale scusa presenterai a me? Guai a te, o donna, per il tuoi scandali. Inutilmente i miei Sacerdoti alzano la voce ed espongono i sacri avvisi nel Tempio. Quando vai in Chiesa, sapendo che il sacerdote non ti darebbe la Sacra Particola a vederti a braccia nude e troppo scollata, per l’istante della Comunione ti copri alla meglio e Mi ricevi. Uscita di Chiesa, eccoti in giro vestita immodestamente: il tuo corpo che in Chiesa si è comunicato, diventa lungo le vie, nei ritrovi, nella spiaggia e in casa, strumento di Satana e incentivo al male […]. Padri e madri di famiglia, ascoltate! Guai se permettete ai vostri figli di dare scandalo! La responsabilità maggiore della moda indecente pesa sopra di voi, o genitori, o perché ne date il triste esempio, o perché siete troppo deboli nell’educazione delle figliole. Padri e madri di famiglia, di questi peccati vi chiederò stretto conto: la cattiva condotta delle vostre figlie deve pesare sulla vostra coscienza, se non avrete fatto il possibile per impedire a loro la cattiva moda […]. Uno dei luoghi preferiti da Satana è la spiaggia nel periodo estivo. L’abito indecente nella spiaggia è la rovina morale di molte anime. Ma ciò che mi addolora di più è vedere in spiaggia in libero costume delle donne che in casa sogliono pregare e si accostano pure alla Mensa eucaristica. Costoro credono, nella loro cecità, che l’abito indecente sia lecito per il fatto che molte persone lo adoperano: ma il male è sempre male. Satana gode a vedere alla spiaggia le sue serve e già conta di averle con sé nell’Inferno. Io, Creatore, ho dato una Legge Morale che nessuno sulla terra è autorizzato a calpestare. Io chiederò conto ai registi, alle artiste e a coloro che assistono alle loro scene invereconde. Mi rivolgo a voi, anime a me care. Vestite sempre con modestia. Vedendo per via donne mal vestite, pregate per loro, recitate un’Ave, affinché mia madre interceda per loro. Beato chi ascolta la mia parola e la mette in pratica!”.

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Fonte immagine: Pxhere (Free use)


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