Estratti da Come parlerò a mio figlio?, La scuola Editrice (Brescia), 1954

Un padre al proprio figlio

[…] Non vorrei che un giorno, dovessi dire: … Però se mio padre m’avesse avvertito… No, questo rimprovero non lo voglio.
Ed oggi, con questa confidenza, intendo premunirti contro l’influenza di certi amici o di gente avventuriera che si diverte a buttare acido muriatico sull’amore. Siccome hanno provato l’amore in tutte le deformazioni, non credono all’amore vero. Per loro sventura essi non l’hanno conosciuto mai o, per lo meno, l’hanno dimenticato troppo presto.
C’è un amore che brucia, che esalta, che fa impazzire, che distrugge e c’è un amore che rassicura, che rende sereni, che costruisce. L’amore che tu hai trovato in casa, fra tuo padre e tua madre, l’amore che essi hanno portato a te, quello che ti portano i fratelli, è questo secondo amore.
Io non so dirti cosa sarebbe la vita, senza questo amore.
Esso ha insegnato a tua madre a capire, a sopportare, a confortare, a perdonare tuo padre e a non lasciarlo mai solo, anche nei momenti più amari, quando il dimenticarlo poteva voler dire, togliersi d’addosso un peso. Per questo amore, tua mamma ha voluto i figli, non le è importato nulla di perdere l’antica snellezza, di rinunciare alla libertà: ti ha voluto, ha voluto te e i tuoi fratelli. E ha voluto curarvi lei; lei ha voluto vegliarvi ammalati; sono le sue cure e le sue preghiere che vi hanno strappato alla morte. […] Durante il fidanzamento, ci siamo amati come angeli; è lei che mi ha fatto più buono: «Dobbiamo sposarci all’altare, poiché è l’altare che ci siamo promessi; senza discenderne, mai permettendoci una parola o un alto che un giorno potessero sminuirci davanti a Dio e ai nostri figliuoli! Dobbiamo volerci bene per loro».
Oh! non è vero che non ve ne sono più di queste donne. Non ve ne sono più per chi non le cerca o non le merita; per chi, fino dai primi approcci, le sciupa con espressioni e abbandoni che rivelano il trionfo della carne e non del cuore, non dell’anima.
No, quelli che scherzano sull’amore e lo canzonano, che hanno confuso l’amore con l’oscenità, con la sensualità, ne han fatto una porcheria. Pretendono d’essere i signori, certi uomini liberi, e sono gli schiavi più volgari, perché per godersi una donna rinnegherebbero la mamma, la sposa, i figli, butterebbero a mare anche un patrimonio. Se mai, compatiscili. Ti ho detto d’essere cavaliere, non un mercante di carne bianca.
Sogna l’amore come quello delle tue sorelle che si curano di te, che non ti sfruttano, che ti scusano, che vedono di non darti noia, che, in caso di bisogno, per te venderebbero quanto hanno di più caro; ma ti vogliono onesto, sognano per te il matrimonio con una figliola che ti ami come loro, più di loro, nel desiderio vivo di sentirla e chiamarla sorella. Vi sono momenti nella vita, che, poveri noi, se non fossimo legati a chi davvero ci ama…
Non fidarti della bellezza, nemmeno fidati della ricchezza, meno ancora della cultura: bada che le parole siano sincere, che nell’amore ci sia onestà, bontà, dedizione, che sia vero e vivo il sogno dei figlioli e il proposito di rinunciare a tutto ciò che ai figlioli potrebbe nuocere.
Devi volere che la ragazza che sceglierai a tua compagna ami suo padre, sua madre, i suoi fratelli, più di tutte le amiche; poi amerà te, più di loro, ma con il proposito di renderti migliore, disposta a lasciarti, a perderti, piuttosto che diventare complice con te, d’un attimo di passione che porti il male.
Credi all’amore, a questo amore; è questo che tu devi volere, con disinvoltura, con letizia, con comprensione: lo troverai, lo conserverai e lo porterai integro all’altare. E lascia che gli altri ridano: sono gli straccivendoli dell’amore, lascia perdere, e sii un giovane che sa amare come tuo padre t’ha insegnato!

Una madre alla propria figlia

Ricordati bene che noi, donne, siamo totalmente diverse dagli uomini, non solamente nelle forme del corpo, ma in tutta la nostra costituzione intima. La stessa nostra anima è fatta apposta per noi; se fosse portata a vivere e sostenere un corpo maschile, si sentirebbe spaesata, disorientata, probabilmente non capirebbe niente. Noi abbiamo un nostro modo particolare di percepire, di esprimerci, di reagire, di gestire; meno abili al raziocinio, siamo più intuitive; noi abbiamo soprattutto sentimento, calore, spontaneità; abbiamo una vivacità caratteristica nostra, una fisionomia nostra destinata ad attrarre l’uomo, a conquistarlo, a domarlo.
Se il mondo fosse formato soltanto di uomini, sarebbe un campo d’armati. La donna ha la funzione di raddolcire i costumi maschili, ammansire gli animi, rendere possibile e bella la famiglia là, dove solo regnerebbe la rivalità, l’odio e la lotta. E abbiamo insieme un bisogno grande di essere amate.
Per questo, ogni segno d’attenzione, ogni cortesia ci impressionano, ci commuovono, ci invitano a corrispondere; così semplicemente, pensando che colui il quale ci usa quei segni, coltivi egli pure i nostri sentimenti. Ed è tanto ingenua la nostra fede, che difficilmente ci accorgiamo di perdere via via il controllo del nostro cuore. Quando qualcuno ci mette sull’attenti, spesse volte è troppo tardi, non lo crediamo, ci pare una cattiveria quel giudizio, e non lo comprendiamo più, diventiamo delle impotenti a seguirlo, e allora la nostra funzione è capovolta, tradita.
Difficilmente riuscirebbe a condurci a far il male chi ci invitasse sfacciatamente; è sempre sotto le apparenze del bene che la donna onesta, retta, soccombe. Se ti prendesse ad es. la simpatia per un giovane compagno d’impiego, per un tuo superiore, per un operaio, magari per un anziano che lavora al tuo fianco e si dimostra gentile, cortese; specialmente se un giorno ti facesse persuasa che sua moglie non lo capisce, ch’egli è infelice, che se avesse conosciuto te prima di sposarsi, avrebbe con te formata la famiglia più ideale: se ti facesse un regalo, se ti prendesse sull’auto, sempre corretto nel gesto, delicato nella parola, se si dicesse edificato dal tuo contegno, cordiale ma nobilissimo, io non mi meraviglierei. Però leggi bene quel che può succedere.
Il fatto ch’egli è già sposo ti toglierà ogni sospetto, ti farà dimenticare ogni precauzione; se egli è giovane, potrai anche lusingarti di poterlo un giorno sposare. Quanti amori disastrosi hanno creato queste fatali vicende! Quante famiglie sono andate sfasciandosi per il sopravvenire di una di queste confidenze, da intruse che hanno staccato lo sposo dalla mamma delle proprie creature, per rovinarsi, insieme con la compagna di lavoro, con la dipendente, dapprima ingenua, poi debole, poi finita in un amore diventato passione, incominciato con un tono spirituale e fattosi via via sensuale, fino all’abbandono completo del pudore, ostentando e sforzandosi di credere di far del bene a lui, di non volerlo abbandonare per non farne magari un suicida!
Ah! la tua funzione di donna, da quel giorno, diventerebbe una funzione da inferno. Costretta a vivere di finzione per non turbar tua mamma, entrata in una rotta che dovrà precluderti per sempre la via ad un matrimonio onesto, ad una famiglia che costituisca la tua gioia e il tuo orgoglio, sarà ben difficile che tu possa riprenderti. Nel vizio si invecchia presto, e l’abbandono, l’umiliazione costituiscono lo sbocco finale d’ognuna di queste felicità.
Non ti voglio parlare di ragazze che, per questa via, diventano madri. È troppo amaro pensare a dei figli, il cui papà non potrà essere loro ricordato con amore.
Può ben darsi, figliuola, che questo quadro delle possibilità funeste che si offrono alla tua fervida giovinezza, alla tua rettitudine di donna, possa parerti soverchiamente carico. Però lo sai, tua madre non mentisce.
Vorrei che la ragione fosse dalla tua parte. Non mancano difatti giovani intelligenti, sane e belle, fervide di vita, che nel mondo hanno seminato il bene e non l’hanno mai distrutto; che si son fatte amare, e insieme rispettare; sono le figliole che, consapevoli del pericolo, legato a certe imprudenze, l’hanno scongiurato; giovani che, conoscendo la forza del fascino femminile, l’hanno impiegato non a vantaggio personale, ma per rendere migliori gli uomini, più serene e sicure le loro famiglie; figliuole che hanno preferito l’abito modesto guadagnato col lavoro, a quello più moderno avuto a prezzo della propria onestà; figliuole le quali, pensando al lontano matrimonio, hanno avuto presenti le creature che ne sarebbero venute, e perciò hanno rifiutato ogni pensiero, ogni atto, ogni affetto che ne potesse pregiudicare l’avvenire; anime che non si sono dimenticate mai d’aver a casa una mamma da consultare nell’ora del bisogno, da mantenere, da onorare e non da affliggere: e con la mamma una legge e una fede eterna in un Dio che aiuta, ma insieme che comanda e poi giudica.

Immagine da Pixabay.


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