Volentieri offriamo ai lettori, in relazione ai secoli XIV e XV, la descrizione breve del “carattere generale dell’epoca” proposta dal Card. Hergenröther (e tratta dal volume: Il processo ai templari, lo Scisma d’Occidente, le eresie di Wyclif e Hus).
L’epoca del secolo XIV e XV è un’età di transizione, nella quale nuove e potenti cagioni entrano a esercitare la loro efficacia, dando nuovo atteggiamento alla vita della Chiesa.
1) Essa mostra primieramente il decadimento della potenza Papale. Dalle lotte con l’impero, che non senza colpa dei suoi capi ne andò scosso profondamente, anche il Papato fu danneggiato assai e costretto ad allearsi con la Francia, la quale per le antiche ed intime sue relazioni con la Sede romana sempre era disposta ad arrogarsi troppo alte pretensioni. Quindi i Papi divennero spesso dipendenti dalla politica francese, e da questo conseguitò la traslazione della loro sede ad Avignone. Gli sforzi poi fatti, da un lato per scuotere questo giogo e dall’altro per conservare alla Francia i privilegi ottenuti, condussero ad un grande scisma di quarant’anni. E questo scisma sempre più abbassò l’autorità e il credito della Sede apostolica e destò nel seno della Chiesa stessa non poche opposizioni, dottrine nuove sulla costituzione della Chiesa e tentativi di riforma, i quali, non avendo né un disegno chiaramente tracciato, né fondamenti stabili, in quella commozione degli animi piuttosto valsero a distruggere che a edificare.
Né sulla Sede di Pietro si videro più tanti uomini grandi e straordinari, come per l’addietro; né tutti i Papi, fra i rivolgimenti che si avvicendavano di continuo, poterono intendere rettamente i doveri del loro stato e i bisogni dei tempi. Alcuni di essi non erano degni della loro dignità; e del loro debole trasse profitto il partito di opposizione alla Chiesa, come del lato debole della monarchia si prevalse l’opposizione politica della democrazia. Il rispetto alle autorità e con esso l’obbedienza volontaria sparivano ogni dì più. E come i vescovi al Papa, così i preti ai vescovi, e ai preti i laici volevano soprastare. Onde la debolezza della Chiesa nel suo centro si stese, per così dire, a tutti i punti della sua circonferenza.
2) Quest’epoca mostra in secondo luogo il sorgere di una politica laica, in tutto avversa alla Chiesa, e la prevalenza delle usurpazioni del potere temporale sullo spirituale. I re si sottraggono sempre più alla direzione della Chiesa; invasati dalle idee politiche dei ghibellini si credono come usciti della sua tutela. L’esempio di Filippo IV trova imitatori e scava un abisso sempre più profondo fra la Chiesa e lo Stato. La Chiesa non volevasi più superiore al regno della terra, ma soggetta: e sebbene ancora si parlava di coordinazione, già però si metteva mano a soggiogare in pieno servaggio la Chiesa. Che se questo non riuscì così tosto, fece nondimeno progressi.
La Chiesa universale era minacciata dal pericolo di smembrarsi in chiese nazionali. Il Papa non era più l’arbitro delle differenze tra i principi: sola arbitra restava la spada. Il sentimento dell’unità e dell’accordo, come di famiglia, tra i popoli cristiani, andò perduto; quindi le rivalità nazionali e l’amor proprio ne avvantaggiarono sempre più; la politica si divise al tutto dalla religione e dalla morale. Ma con questo nuovi pericoli minacciavano anche i regni della terra. In Germania la potenza dell’impero era caduta; la potenza territoriale dei principi animata solo da interessi privati. In Francia la monarchia diveniva prepotente, ma si vedeva poi flagellata nel suo orgoglio sotto la sferza dell’Inghilterra. E questa medesima intanto si lacerava tra sé con guerre intestine. Così gl’interessi degli individui si opponevano ovunque agli interessi del pubblico; in luogo dell’unità succedeva lo smembramento; in luogo delle associazioni legittime e pacifiche sottentravano fazioni, inimicantisi a vicenda. Lo stato cominciava così a covare in sé dei mali germi che minacciavano rovina a lui stesso.
3) Quest’epoca inoltre ci fa vedere l’orgoglio sfrenato, rotti i vincoli dell’autorità, invadere gli animi, e il fremito della rivoluzione distendersi per ogni parte: mentre i poteri mantenentisi ancora in piedi hanno perduto il loro credito, né più corrispondono alle stringenti necessità dei tempi; allo spirito pubblico si viene sostituendo lo spirito egoistico degli individui; al sublime ideale il vantaggio materiale e la sete di guadagno. Con questo, favorito dalle nuove invenzioni e scoperte, non meno che dalla universale diffusione degli studi classici, la quale traeva seco un risveglio dello spirito pagano, vien fuori il più crasso materialismo, che solo guarda ai beni della terra, solo agogna ai piaceri, e per la terra dimentica il cielo.
4) A ciò seguì un gran decadimento, e per altro capo un nuovo incremento agli studi: un decadimento, mentre l’antica scolastica, perdendosi dietro le novità e le sottigliezze, degenerava dalla sua prima grandezza, la teologia e la giurisprudenza non progredivano un passo: i teologi, tuttoché numerosi, oscuravano piuttosto, nonché ampliare, le dottrine sublimi di un Tommaso d’Aquino; e i giureconsulti, benché essi pure in gran numero, non erano da tanto che valessero ad impedire la confusione introdottasi nella giurisprudenza. Ma insieme un incremento seguiva, risorgendo la critica storica e lo studio delle lingue e delle scienze sperimentali, mentre gli studi classici davano alla forma una maggiore perfezione. Purtroppo però, i cultori di queste nuove parti della scienza si scostarono dalla tradizione e dall’autorità della Chiesa, sottostando molte volte alla perniciosa efficacia delle nuove eresie, alcune delle quali si valevano della religione come di un mantello a palliare le loro innovazioni politiche e giustificare la loro colpevole ribellione all’autorità.
5) Anzi, l’eresia stessa reca ora un’impronta assai più universale che per l’addietro, e assai più sottilmente adopera; giacché la Chiesa nelle sette anteriori non aveva mai avuto avversari che si vantassero a lei uguali d’origine; ma ora le nuove sette che sorgevano, impugnavano non solo alcuni dogmi, ma tutti li combattevano in radice; a sostegno della loro negazione si prevalevano dei veri e dei supposti abusi della vita ecclesiastica, e come una parola d’ordine a rinfocolare il malcontento e sommuovere le moltitudini, gridavano «riforma della Chiesa nel capo e nelle membra». Così tutto a poco a poco divenne incerto, tutto messo in dubbio: il capriccio individuale prevalse: sommosse e guerre seguirono. Le false dottrine, messe in corso per angustiare l’autorità, sì ecclesiastica sì civile, e per soddisfare alle brame così dell’anima come del corpo, si cercava di attuarle nella vita pratica; e già ne covavano scintille, dalle quali ben tosto si doveva levare una fiamma sterminatrice.
Ma in mezzo a tali tempeste ed anche fra le rovine dello scisma, la Sede apostolica di Pietro dura in piedi, scossa profondamente, ma non distrutta, perché sostenuta dalla protezione divina. Né la prevalenza temporanea, il passeggero trionfo di un falso costituzionalismo religioso, e neppure i concili tenuti contro di lei valsero a seppellirne l’autorità, poniamo che molto l’oscurassero agli occhi di non pochi contemporanei e dei posteri. E anche Pontefici indegni della tiara prestarono pure utilità grande alla scienza, alle missioni, al mantenimento dell’ordine e della disciplina ecclesiastica. Né mancarono a questo tempo grandi santi, dottori e principi, né opere eroiche di religioso entusiasmo. Ma della più splendida luce rifulse tale nobile entusiasmo nella Spagna, la quale usciva vittoriosa dalle sue lotte coi mori e diveniva un unico regno potente, anzi la prima grande potenza. L’islamismo, che vinto nell’occidente si allargava al sud-est d’Europa sostenuto dalle discordie dei principi cristiani, ridestava anche qui l’operosità degli uomini più insigni e svegliava, in parte almeno, dalla sonnolenza, in cui già mostravano di cadere, l’Ungheria, la Polonia e la Germania.
Del resto il turbine impetuoso, che trascinava i popoli, con molte rovine cagionò pure qualche bene: conferì ad una maggiore diffusione del regno di Cristo, il quale nel più remoto occidente, a mezzogiorno e a levante, doveva trovare un compenso alle perdite, che avrebbe patito nel settentrione. Le arti fiorivano tuttavia, massime in Italia, né lo spirito religioso vi era peranche estinto. Parimente in molte scienze si resero ancora alla Chiesa eccellenti servigi; né mancavano pure teologi, i quali combatterono con vigore le eresie di nuovo insorgenti e aprirono vie nuove ai progressi interni della Chiesa.
Contuttociò, alla vigilia di un nuovo ordine di cose, la mente umana poteva appena presentire dove quel grande rivolgimento riuscirebbe; e nel volere rimuovere il male era facile che nuovi germi s’inoculassero, e mali anche maggiori sostituissero in luogo degli antichi. L’aria doveva quindi essere purificata da impetuosi uragani; la Chiesa doveva passare per mezzo a più dure lotte, riportandone un nuovo trionfo; e allora appunto che tutto l’edifizio suo paresse dal di fuori e dal di dentro sconquassato, ne verrebbe dal di dentro la restaurazione e la salute.
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