Estratto da discorsi agli sposi novelli, in Pio XII agli sposi, 1942.

“Voi siete venuti, o cari sposi novelli, a Roma precisamente nella settimana, in cui la Chiesa commemora la dedicazione delle Basiliche dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che voi certamente avete già visitato o che non mancherete di visitare. Il termine «basilica» significa originariamente la «casa del re» e la «dedicazione» è il solenne rito col quale si consacra un tempio a Dio, Re e Signore supremo, per farne la sua dimora, intitolandolo a speciali misteri o santi, in cui memoria od onore esso è stato edificato.
Certo anche le più meravigliose basiliche non sono degne di accogliere il Re dei re. Eppure voi lo sapete, egli non disdegna di dimorare talvolta in povere cappelle, in misere capanne di missioni! Pensate a tanta degnazione e a tanto amore, voi che siete venuti a ricevere dal Vicario di Cristo una benedizione speciale per voi stessi e per il nuovo focolare domestico.
Ricordate ciò che, fin dall’infanzia, diceva al vostro cuore questa parola: la casa! La era tutto il vostro amore, concentrato in un padre, in una madre, nei fratelli, nelle sorelle, Uno dei più grandi sacrifici che Iddio domanda a un’anima, quando la chiama a uno stato superiore di perfezione, è quello di lasciare la casa: «ascolta o figlio… dimentica la casa del padre tuo» (Ps. 44, 10). «Chiunque avrà abbandonata la sua casa… per amore del mio nome… avrà la vita eterna» (Matt. 19, 29).
Or ecco che anche a voi, che camminate nella vita ordinaria dei comandamenti, un amore nuovo e imperioso ha fatto un giorno sentire l’appello: lascia – ha detto a ognuno di voi – la casa di tuo padre, perché tu devi fondare un’altra che sarà la «tua». E da allora il vostro ardente desiderio è stato di trovare, di stabilire ciò che per voi sarà «la casa».
Giacché, come dice la S. Scrittura, «la somma della vita umana è il pane, il vestito e la casa» (Eccli. 29, 28). Non aver casa, essere senza tetto e senza focolare, come purtroppo sono non pochi infelici, non è forse il simbolo della massima angustia e miseria? Eppure voi certamente ricordate che Gesù, nostro Salvatore, se conobbe le dolcezze della casa familiare sotto l’umile tetto di Nazareth, volle poi, durante la sua vita apostolica, essere come un uomo senza casa: «Le volpi, egli diceva, hanno le loro tane e gli uccelli dell’aria i loro nidi; ma il figliolo dell’uomo non ha dove posare la testa» (Matt. 8, 20).
Considerando questo esempio del Redentore divino, voi accetterete più facilmente le condizioni della vostra nuova vita, anche se esse non corrispondessero subito o in tutto a ciò che avete sognato.

LA FELICITÀ DEL FOCOLARE
Ad ogni modo, metterete ogni cura, voi specialmente, giovani spose, a rendere amabile, intima la propria dimora, a farvi regnare la pace, nell’armonia di due cuori lealmente fedeli alle loro promesse e, poi, se Iddio lo vorrà, in una lieta e gloriosa corona di figli. Già da lungo tempo Salomone, disingannato e conscio della vanità delle ricchezze terrene, aveva detto: «Meglio vale un pezzo di pane secco con la pace che una casa piena di carni colla discordia» (Prov. 17, 1).
Ma non dimenticate che tutti gli sforzi sarebbero vani e che voi non trovereste la felicità del vostro focolare, se Iddio non edifica la casa con voi (cf. Ps. 126, 1), per dimorarvi quindi con la sua grazia. Anche voi dovete fare, per così dire, la «dedicazione» di questa «basilica», cioè dovete consacrare a Dio, sotto l’invocazione della Vergine Santissima e dei vostri santi Patroni, il vostro piccolo tempio familiare, ove il mutuo amore vuol essere il re pacifico, nell’osservanza fedele dei precetti divini.
Con tale augurio di vera e cristiana felicità e come pegno dei favori celesti, Noi vi impartiamo di gran cuore, diletti sposi novelli, la Nostra paterna Apostolica Benedizione”.

(15 novembre 1939)

[dal commento di padre Francesco Pellegrino SJ] Ora gli sposi potranno ritornare al loro nido, fresco di una primavera invisibile agli estranei, recando nel cuore le forti impressioni religiose delle basiliche romane. Varcata la soglia della loro casa essi diranno: questo luogo è sacro non meno che le gigantesche e mirabili chiese di Roma. Qui abita Dio. Qui abiterà sempre Dio, finché noi lo serviremo con fedeltà nella osservanza della sua santa legge, nella preghiera quotidiana, nella letizia promessa a coloro che abitano sotto il medesimo tetto.


“Forse voi penserete che è inutile di raccomandarvi l’armonia in questi giorni in cui l’accordo perfetto dei vostri cuori ignora ancora le dissonanze. Ma non sapete voi che coll’uso anche il migliore istrumento musicale diventa ben presto scordato e occorre perciò spesso rimetterlo al diapason? Così avviene pure delle volontà umane, le cui buone intenzioni sono soggette a rallentarsi.

[LA VARIETÀ DEI CARATTERI – dal commento del padre Francesco Pellegrino SJ] Come nella musica, così tra le anime, l’armonia non esclude le differenze di timbro e di nota. Chi dicesse che con il proprio coniuge non può regnare l’armonia perché i caratteri sono diversi, i sentimenti vari, i gusti differenti, mostrerebbe di non conoscere abbastanza la vita.
Come nei caratteri somatici un uomo è diverso dall’altro ed è rarissimo trovare perfette somiglianze di lineamenti, così tra le anime nessuno è perfettamente uguale all’altro. La varietà e la sapienza del Creatore devono ammirarsi anche in ciò. Vuol dire forse che Dio è stato meno sapiente nelle sue opere? Tutt’altro. Come nelle opere dell’uomo noi pregiamo molto di più quelle originali e le preferiamo alle altre – come oggi si dice – tutte in serie, così riguardo ai caratteri, la varietà è più pregevole della uniformità. Per quanto sia consigliabile che gli sposi abbiano abbiano caratteri affini, non è detto con questo che debbano aver caratteri uniformi.
Né ciò sarebbe possibile. Grave pregiudizio perciò sarebbe per uno sposo attendersi che l’altro coniuge si riveli in tutto e per tutto
conforme a sé nei gusti, nell’amore, nelle preferenze.

“La prima condizione dell’armonia tra gli sposi e della conseguente pace domestica è una costante buona volontà da ambedue le parti. Giacché l’esperienza quotidiana insegna che nei dissensi umani, come dice il nostro grande Manzoni, «la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro». E la Sacra Scrittura, se paragona la donna cattiva a un giogo di buoi che ondeggia (Eccli. 26, 10) e, non stando fermo, ne disturba il lavoro, e se rassomiglia la donna litigiosa al tetto per cui passa l’acqua nella fredda stagione (Prov. 27, 15), nota pure che l’uomo iracondo accende le liti (Eccli. 28, 11). Guardate intorno a voi e apprenderete dall’esempio degli altri che le discordie coniugali nascono il più sovente dalla mancanza reciproca di confidenza, di condiscendenza e di perdono.

Voi imparerete così la dolcezza dell’accordo fra gli sposi. «Di tre cose, dicono pure i Libri Santi, si compiace l’anima mia, che sono gradite a Dio e agli uomini: la concordia dei fratelli, l’amore dei prossimi, e un marito e una moglie ben uniti tra loro» (Eccli. 25, 1). Questa preziosa armonia voi, o diletti sposi, la premunirete con ogni cura contro i pericoli di discordanza, esterni ed interni; due soprattutto: le diffidenze troppo sollecite a nascere, e i risentimenti troppo lenti a morire.

BANDO AI SOSPETTI
Dall’esterno, la gelosa malignità dei terzi, madre della calunnia, introduce talvolta, nella pacifica armonia coniugale la nota disturbante del sospetto. Ascoltate di nuovo l’avvertimento della S. Scrittura: «La lingua di un terzo cacciò fuori di casa donne di animo virile e le privò del frutto delle loro fatiche. Chi le dà retta, non sarà mai tranquillo» (Eccli. 1, 289-20). La falsa vibrazione anche d’un solo istrumento non basta forse a distruggere tutta l’armonia di una musica?

PRONTEZZA ALL’ACCORDO
Ma le brevi dissonanze, che in una esecuzione musicale offendono o almeno sorprendono l’orecchio, divengono invece un elemento di bellezza quando esse, con una abile modulazione, si risolvono nell’atteso accordo. Così deve essere pure degli urti o dei dissensi passeggeri, che la debolezza umana rende sempre possibili fra gli sposi. Bisogna risolvere con prontezza queste dissonanze, bisogna far risuonare le modulazioni benevoli di anime pronte al perdono, e così ritrovare l’accordo per un istante compromesso, in quella tonalità di pace e di amore cristiano, che oggi incanta i vostri giovani cuori.

PERDONA A NOI
Il grande Apostolo S. Pietro vi dirà il segreto di questa armonia conservata, o almeno ogni giorno rinnovata, nel vostro focolare domestico: «Se provate moti d’ira, egli ammonisce, non cedete alle sue suggestioni; non tramonti il sole sopra l’ira vostra» (Ef. 4, 26). Quando le prime ombre della sera vi invitano alla riflessione e alla preghiera, inginocchiatevi l’uno vicino all’altra davanti al Crocifisso, che veglierà la notte sul vostro riposo. E insieme con sincerità di cuore, ripetete: «Padre nostro, che sei nei cieli,… perdona a noi,… come noi perdoniamo…»! Allora le false note del cattivo umore taceranno, le dissonanze si risolveranno in una perfetta armonia, e le vostre anime riprenderanno unite il loro cantico di riconoscenza verso quel Dio, che vi ha dato l’uno all’altra.
Come pegno di queste celesti grazie, Noi vi impartiamo di cuore, o cari sposi novelli, la paterna Apostolica benedizione, che siete venuti ad implorare dal Padre comune delle anime”.

(22 novembre 1939)


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