di Luca Fumagalli

Prima di iniziare, ai seguenti link sono disponibili la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta puntata della rubrica.

Il XVIII secolo offrì ai cattolici inglesi una posizione migliore e peggiore al contempo rispetto al passato. Difatti, se da una parte non venivano più messi a morte per la pratica della loro fede, dall’altra erano esclusi dalle cariche pubbliche, non potevano entrare nell’esercito, in marina, o esercitare da avvocato, né partecipare alla vita politica della nazione. Inoltre, è vero che alle famiglie più facoltose era permesso ospitare cappellani per la celebrazione della messa, ma era comunque necessario mantenere alta la guardia poiché, almeno in teoria, le celebrazioni liturgiche continuavano ad essere vietate dalla legge.

Nel 1715 vi fu un fallimentare tentativo di mettere sul trono uno Stuart, Giacomo III, a cui seguì una nuova ondata di persecuzioni anticattoliche che durò fino a quando i pochi giacobiti sopravvissuti non furono più considerati una reale minaccia. A riprendersi un regno che considerava suo di diritto, ci riprovò nel 1746 il “Bonnie Prince Charlie”, discendente di Giacomo II, ma il suo esercito subì una drammatica sconfitta nella battaglia di Culloden.

Qualche anno prima, nel 1730, era rientrato in Inghilterra padre Richard Challoner, che aveva abbandonato il paese da ragazzo, dopo essersi convertito alla fede dei padri, per diventare sacerdote. Questi, animato da un grande zelo apostolico, si spese parecchio per risollevare gli animi dei pochi cattolici rimasti – probabilmente meno di 100.000 in tutto il regno –, venendo in seguito consacrato vescovo e vicario apostolico. La situazione che dovette fronteggiare era oltremodo complessa: oltre all’assenza di una qualsiasi gerarchia, mancavano pure monasteri, scuole, conventi o anche solo edifici adibiti al culto pubblico. Con l’aiuto della preghiera, Challoner, che non era tipo da farsi scoraggiare facilmente, trovò la forza per sostenere i poveri e per spronare i tiepidi. Scrisse inoltre un buon numero di testi apologetici e lavorò anche alla revisione della traduzione inglese della Bibbia.

A portare un po’ di sollievo ci pensò il Catholic Relief Act del 1778 che garantì maggiori libertà ai “papisti”. Tuttavia si trattò della proverbiale calma prima della tempesta dal momento che un paio d’anni dopo scoppiarono i “Gordon Riots”, ovvero una serie di manifestazioni violente che ebbero luogo a Londra e che portarono all’incendio di diverse cappelle e case cattoliche.  Le proteste, che nel frattempo si erano trasformate in una sorta di rivolta sociale, durarono una settimana e per sedarle dovette intervenire l’esercito.

Questa fu anche l’epoca in cui tra i cattolici inglesi iniziarono a emergere attitudini differenti che portarono alla nascita di due gruppi distinti, i cosiddetti “cisalpini” e gli “ultramontani”. I primi, capeggiati da Lord Petre, erano portatori di un’idea di cattolicesimo a forte tendenza localista ed erano soliti concentrare la loro attenzione sugli obblighi morali verso lo stato, che avevano la precedenza su tutto il resto. Allo stesso modo erano pronti a ricevere l’insegnamento dogmatico della Chiesa, considerando però ogni altra forma d’azione papale con fredda riserva (addirittura pretendevano di eleggere i propri vescovi). A livello teologico, poi, pur non avendo un pensiero sistematico, covavano i germi di quel liberalismo che sarebbe venuto allo scoperto in occasione del Concilio Vaticano I. A loro si opponevano gli “ultramontani” i quali, all’opposto, erano per un manifesto attaccamento alla Santa Sede, appoggiando sentitamente il Papa in ogni occasione.

Per quanto possa apparire paradossale, la Rivoluzione francese fu un fattore di grande beneficio per il cattolicesimo britannico. Mentre in tutta l’Europa continentale la Chiesa veniva perseguitata, molte delle scuole inglesi gestite da ordini religiosi – fondate all’estero a causa della legislazione restrittiva – ritornarono in patria, complice un clima di crescente tolleranza da parte di protestanti, anch’essi impauriti da una possibile diffusione dell’irreligiosità giacobina. Questo fatto permise la progressiva ricostruzione di un tessuto di collegi solido e funzionale, con istituzioni lodevoli come Stonyhurst, New Hall e Oscott che costituirono la base di partenza per una rinascita della cultura cattolica.

La brutalità del terrore contribuì anche alla fuga del clero realista: circa ottomila sacerdoti si rifugiarono oltre la Manica. La loro influenza sulla vita cattolica inglese non fu però proporzionata ai numeri; fu fatto qualcosa per fondare missioni permanenti, ma poco altro. Del resto, dopo il Concordato del 1802, i preti emigré diminuirono vertiginosamente…

Gli appunti sulla storia dell’Inghilterra cattolica continuano nella prossima puntata.



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Fonte immagine: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/11/The_Gordon_Riots_by_John_Seymour_Lucas.jpg