di Luca Fumagalli

«Per la Scozia io canto,

la nazione rovinata da Knox,

che il poeta e il santo

devono ricostruire con la loro passione»

(George Mackay Brown, Prologue)

Continua la rubrica dedicata alla presentazione e al commento dei migliori racconti di George Mackay Brown, tra gli scrittori più significativi del cattolicesimo scozzese del XX secolo. Originario delle isole Orcadi, Brown fu poeta, romanziere, saggista e drammaturgo, capace di coniugare nei suoi lavori l’amore per le piccole patrie con l’universalità del messaggio cristiano.

Per una nota introduttiva sulla figura di George Mackay Brown e sulla sua opera si segnalano i seguenti articoli:

Il bardo delle Orcadi: le opere e i giorni di George Mackay Brown

«Una bellezza e una verità senza prezzo»: la conversione di George Mackay Brown

Un canto per le Orcadi: sfogliando l’autobiografia di George Mackay Brown

Per le precedenti puntate della rubrica:

A Calendar of Love (1967) “A Calendar of Love” / “Five Green Waves” / “Witch” / “Master Halcrow, Priest” “The Story of Jorkel Hayforks” / Le altre storie di “A Calendar of Love”

A Time to Keep (1969) “Celia” / A Time to Keep / “A Treading of Grapes” / “Icarus” / “The Wireless Set / “The Bright Spade” / “The Eye of the Hurricane” / Le altre storie di “A Time to Keep” 

Hawkfall (1974) “The Fires of Christmas” / “Tithonus” / “The Fight at Greenay” e “The Burning Harp” / “The Cinquefoil” / “Sealskin” / “The Girl” e “The Interrogator” / “The Drowned Rose” / “The Tarn and the Rosary”

The Sun’s Net (1976) “Winter Tale” / “The Seven Poets”

Andrina (1983) “Andrina” e “The Day of the Ox”

The Masked Fisherman (1989) The Masked Fisherman” e “The Christmas Dove” 

 Winter Tales (1995) “Dancey” e “Shell Story” 

Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Brown e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secoloLink all’acquisto.

“Hawkfall” è il racconto d’apertura dell’omonima raccolta del 1974, la terza pubblicata da Brown, e in esso si offre una buona sintesi della poetica dello scrittore orcadiano. Questo aspetto, unito alla sua insolita lunghezza, giustifica la definizione di Bold di «romanzo compresso in una quarantina di pagine». Si tratta, infatti, di una storia articolata, che abbraccia più secoli, divisa in cinque parti, ognuna delle quali è legata alle altre sia dal comune scenario delle Orcadi che dalla ricorrenza di certi passaggi e figure.

La narrazione si apre nel neolitico, quando il re-sacerdote è appena morto. Il suo corpo è trasportato dal Tempio del Sole (il Cerchio di Brodgar, un cerchio di pietre situato a Stenness) fino alla Casa dei morti (ovvero Maes Howe, un complesso di tombe); più tardi, viene nominato il successore. Tutto è svolto seguendo scrupolosamente gli antichi rituali che comprendono pure il sacrificio di animali. Intanto, nel villaggio di Skara Brae, un pescatore, totalmente disinteressato alla morte del sovrano, continua la sua attività. Quando un’anziana donna gli fa notare che un uomo non dovrebbe lavorare in un giorno così triste, il giovane risponde: «Cosa importa se un vecchio o una altro è morto?»   

Nella seconda parte, che fa riferimento a un celebre passaggio della Saga degli uomini delle Orcadi, si narra di un particolare mercoledì delle ceneri dell’XI secolo, quando il conte Thorfinn Sigurdson si reca a messa vestito da umile penitente. In ginocchio, al freddo, circondato dai familiari e dagli uomini della corte, sotta la pressione di una morte che percepisce come imminente si ritrova a meditare sui propri peccati che vanno dall’uccisione del nipote Rognvald – un omicidio compiuto a sangue freddo per ottenere finalmente il controllo completo delle isole – ai tradimenti coniugali e agli eccessi nel bere: «Se la speranza era una possibilità […] non era ancora estinta del tutto». Nell’epilogo, al termine della celebrazione liturgica, il vescovo traccia sulla sua fronte, con la cenere, il segno della croce.

Il racconto si sposta al 1593 presso la corte del conte Patrick Stewart a Birsay. Questi, uomo notoriamente irreligioso, crudele e senza scrupoli, già apparso nel racconto “Witch”, è tutto preso dal nuovo progetto di un palazzo a Kirkwall e intrattiene presso la sua corte un arrogante architetto venuto apposta dalla Francia («Se sua eccellenza ha ammirazione per qualcuno, questi sono gli artisti»). Intanto nelle cantine viene torturato un contadino, tale Adam Thorfinnson, discendente di un paggio del conte Thorfinn, che si rifiuta di cedere le sue terre al sovrano in cambio di una povera fattoria. Tutta la vicenda è narrata da Jonathan Fraser, il segretario dello Stewart, che, tra i suoi compiti, ha quello di redigerne il diario.  

La quarta sezione, ambientata agli inizi del XIX secolo, è costruita sull’alternarsi di due vicende che avvengono in contemporanea. Nel suo palazzo il giovane leird e il ministro discutono di religione e mondo moderno; se il nobile incarna l’amore folle per il progresso che Brown tanto deprecava e che riconduceva alla predicazione di Knox, il ministro, all’apposto, pur nelle sue contraddizioni, non può che ergersi a difensore di quei valori tradizionali che gli illuministi hanno in odio: «Insegnare loro un nuovo modo di fare agricoltura significa semplicemente turbarli senza alcuna necessità. È più di questo. Significa riempire le loro teste con idee pericolose». Nel frattempo in una fattoria poco distante si stanno celebrando i festeggiamenti per il matrimonio di Thomas Langclett. Tuttavia, verso la mezzanotte, la musica e i balli sono interrotti dall’arrivo degli uomini di leird che prelevano la sposa affinché il nobile possa esercitare il suo droit de seigneur.

L’ultima parte, che trasporta il lettore nella Hamnavoe del 1921, ha per protagonista Humphrey Langclett, droghiere e antiquario di tiepida fede massonica (difatti, nonostante le reiterate pressioni, seguita a non voler avere nulla a che fare con la politica delle isole). È passato un anno dalla scomparsa della moglie, stroncata da una malattia, e sfogliando l’«Orcadian» scopre che la figlia, una zitella di trentadue anni, ha fatto pubblicare una nota in ricordo della defunta. In realtà quel giorno Humphrey avrebbe voluto annunciarle la sua intenzione di far venire a vivere a casa loro Martha Swift, l’amante con cui ha una relazione di vecchi data di cui tutto il paese è a conoscenza. Leggere quelle poche righe sul giornale, però, gli riempie il cuore di vergogna e decide così di troncare definitivamente con Martha: «Il seme che un tempo era così vigoroso», scrive ancora Bold, «è morto soffocato tra i pettegolezzi».

“Hawkfall” è uno dei racconti migliori di Brown che, tra l’altro, dimostra la sua capacità di suggerire l’intera storia delle isole Orcadi in poche pagine. Il titolo, come scrivono Rowena e Brian Murray, è un riferimento alla tipica imbarcazione vichinga, una metafora della morte e della ferocia (in tutte le sue forme, progresso incluso). L’amore, il potere, i cambiamenti sociali, la funzione dell’arte e la ricerca della verità sono altri temi che caratterizzano la storia, contraddistinta anche dal ripresentarsi di personaggi con qualità fisiche e psicologiche simili.     



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