Alcuni brani dell’enciclica Allatae sunt di Benedetto XIV pubblicata il 26 luglio 1755
Non si può ignorare quanto abbiano fatto i Romani Pontefici, fin dai primi tempi della Chiesa, per ridurre ad unità gli Orientali, dopo il funesto scisma di Fozio, che al tempo del Sommo Pontefice San Nicola I, allontanato con la forza Sant’Ignazio, patriarca legittimo, occupò la Sede di Costantinopoli. San Leone IX, Nostro predecessore, mandò i suoi ambasciatori a Costantinopoli per eliminare siffatto scisma, che, sopito per circa due secoli, Michele Cerulario aveva rinfocolato; ma i suoi tentativi caddero nel nulla. Successivamente, Urbano II invitò gli Orientali al Concilio di Bari ma ne ricavò poco frutto, quantunque Sant’Anselmo, arcivescovo di Canterbury, abbia messo ogni cura per conciliarli con la Chiesa Romana, ed abbia loro manifestato gli errori in cui si trovavano con la luminosità della propria dottrina. Nel Concilio di Lione che il beato Gregorio X aveva indetto, l’imperatore Michele Paleologo e i Vescovi greci abbracciarono l’unità della Chiesa Romana; ma poi, cambiato parere, si allontanarono nuovamente da essa. Nel Concilio di Firenze (sotto il Papa Eugenio IV), dove si erano recati Giovanni Paleologo e Giuseppe, patriarca di Costantinopoli, con gli altri Vescovi Orientali, fu stabilita l’Unione e accettata con la firma di ognuno. Nello stesso Concilio le Chiese degli Armeni e dei Giacobiti ritornarono all’obbedienza della Sede Apostolica; poi il Pontefice Eugenio, partito da Firenze per Roma, ricevette anche gli ambasciatori del Re degli Etiopi e ridusse all’obbedienza della Sede Romana i Siri, i Caldei e i Maroniti. Ma poiché, come si legge nel Vangelo di San Matteo, il seme che cade sulla pietra non reca alcun frutto, perché non ha dove mettere le radici: “Questi sono coloro che ricevono con gioia la parola di Dio, ma non hanno in sé radice: per cui quando vengono la tribolazione e la persecuzione a cagione della parola, subito si scandalizzano” (Mt 13,20-21), così appena Marco Arcivescovo di Efeso, come un nuovo Fozio, cercò di distruggere l’Unione e cominciò ad alzare la voce contro di essa, subito il frutto desiderato andò perduto completamente.
Inoltre si dimostrerebbe ignorante di storia chi non sapesse che l’unione con gli Orientali fu fatta e confermata in modo che si accettasse il dogma della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, così che ammettevano come lecita l’aggiunta della parola Filioque fatta nel Credo, e che il pane fermentato e l’azimo fossero materia dell’Eucaristia. Così abbracciarono il dogma del Purgatorio, della visione beatifica e del Primato del Romano Pontefice; in una sola parola, fu messa ogni cura per eliminare gli errori contrari alla Fede Cattolica, ma mai si fece sì che venisse alcun danno al venerabile Rito orientale. Ma anche chi ignorasse la presente disciplina della Chiesa, sulla quale non si fosse sufficientemente documentato, sappia che i Romani Pontefici, per nulla trattenuti dagl’insuccessi dei tempi passati, sempre pensarono di riportare i Greci all’Unione, come poco sopra abbiamo indicato: sempre insistettero e ancor oggi insistono, così come dalle loro parole e dai loro comportamenti chiaramente si comprende …
Per dirla in una parola, curando il ritorno dei Greci e degli Scismatici Orientali alla Religione Cattolica, massima preoccupazione dei Romani Pontefici fu di estirpare radicalmente dalle coscienze gli errori di Ario, Macedonio, Nestorio, Eutiche e Dioscoro, dei Monoteliti e di altri, nei quali erano sciaguratamente incappati, salvi tuttavia e intatti i Riti e la disciplina che osservavano e professavano prima dello scisma, e ciò che si fonda nelle loro venerande, antiche Liturgie e nei Rituali. I Romani Pontefici non richiesero mai che tornando alla Fede Cattolica dovessero abbandonare il loro Rito e abbracciare quello Latino: ciò avrebbe portato con sé tale devastazione della Chiesa Orientale e dei Riti Greci che non solo non fu mai tentato, ma fu, ed è, totalmente alieno dai propositi di questa Santa Sede.
Da quello che finora fu riferito ampiamente, facilmente si possono trarre molte conclusioni. Primo: da quel Missionario che cerca di indurre all’unità, con l’aiuto di Dio, gli Scismatici orientali e i Greci e ad allontanare dal loro animo gli errori contrari alla Fede Cattolica che i loro antenati abbracciarono, per avere un motivo purchessia per dividersi dall’unità della Chiesa e per sottrarsi all’obbedienza e all’ossequio al Romano Pontefice, come capo della stessa Chiesa, devono essere esperiti tutti i tentativi e tutte le cure, e questo soltanto …
Infine, da quanto abbiamo detto sopra si deduce questo terzo principio: il Missionario che desidera convertire lo Scismatico orientale, non cerchi di indurlo a seguire il Rito Latino; questo solo dovere viene affidato al Missionario: richiamare l’Orientale alla Fede Cattolica, non indurlo al Rito Latino.
Fatta nel Concilio di Firenze l’Unione che sopra abbiamo ricordata, alcuni Latini Cattolici, che abitavano in Grecia, stimarono fosse loro lecito passare dal Rito Latino al Greco, attratti forse da quella libertà che era stata riservata ai Greci, di trattenere, dopo l’Ordine Sacro, le mogli che avevano sposato prima di ricevere l’Ordine. Ma Nicolò V, Pontefice Massimo, non trascurò di porre un rimedio opportuno a questa corruzione, come si deduce dalla sua Costituzione (tomo 3, parte 3 del Bollario edito di recente a Roma, p. 64): “Giunse al nostro orecchio che nei luoghi che in Grecia sono soggetti ai Cattolici, molti Cattolici, col pretesto dell’Unione, passano spudoratamente ai Riti Greci. Siamo molto meravigliati e non cessiamo di meravigliarci, non sapendo che cosa sia che li spinse, dalla disciplina e dai Riti nei quali sono nati e cresciuti, a trasferirsi in Riti forestieri: infatti, anche se i Riti della Chiesa Orientale sono lodevoli, non è lecito tuttavia mischiare i Riti delle Chiese, né ciò mai permise il Sacrosanto Sinodo Fiorentino“. Dal momento che il Rito Latino è quello che usa la Santa Romana Chiesa, che è Madre e Maestra delle altre Chiese, deve preferirsi a tutti gli altri Riti …
Della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, come sopra dicemmo, si disputò principalmente tutte le volte che si trattò dell’Unione della Chiesa Greca e Orientale con la Latina ed Occidentale. L’esame di questo articolo presentò come tre aspetti; così fu redatto secondo questi tre capitoli. Primo: se la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio fosse dogma di Fede, e circa questo primo punto fu sempre risposto fermamente che non si doveva in alcun modo dubitare che la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio era da annoverarsi tra i dogmi di fede, e non c’era cattolico che non lo credesse e non lo professasse …
Sono queste le cose che giudicammo doversi esporre in questa nostra Enciclica, non solo per chiarire le ragioni su cui si fondano le risposte date al Missionario, che propose le questioni esposte all’inizio, ma anche perché a tutti sia chiara la benevolenza con la quale la Sede Apostolica abbraccia gli Orientali, mentre ordina che si conservino i loro antichi Riti che non si oppongono né alla Religione Cattolica né all’onestà; né chiede agli Scismatici, che tornano all’Unità Cattolica, di abbandonare i loro Riti, ma solo che abiurino le eresie, desiderando fortemente che i loro differenti popoli siano conservati, non distrutti, e che tutti (per dire molte cose con poche parole) siano Cattolici, non Latini.
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