del Guelfo Rosa
Due premesse. La numero uno: scrivo queste poche righe sapendo di andare controcorrente, chi vuole il solito mantra da echo chamber, l’ennesimo lamento che compianga le sventurate di Pienza, è sconsigliato dal proseguire la lettura. La numero due: salvo le migliori intenzioni di tutti, ma veramente di tutti, dalle vessate religiose fino a quelle dei loro superiori ecclesiastici; lo faccio in base al principio Se non puoi scusare l’atto, scusa l’intenzione. Però si sa: le intenzioni non bastano.
Sintesi estrema dei fatti: le monache, provenienti dallo sgangherato mondo neocatecumenale stavano in Olanda, si affrancano dal giogo arguelliano, per questo (così si dice) perdono il favore del vescovo. Arrivano in Italia, dopo un po’ scoprono la “Messa tridentina”: la loro presenza a Pienza – in base a quanto raccontato in alcuni articoli – è costellata di persecuzioni, imboscate, ricatti, pressioni che paiono volte a disintegrare la possibilità di ogni loro vita religiosa. C’è chi accusa i superiori ecclesiastici di avidità e di voler azzerare qualsiasi slancio contemplativo.
A chi dirà che la mia è una sintesi troppo forte, che “no, bisogna aggiungere informazioni”, chiarire passaggi, che “è molto peggio”, che “c’è di più”, devo dare subito una notizia: sono quasi 60 anni che funziona così. Scoprire oggi che c’è una pesante guerra alla vita religiosa, alla buona liturgia, alla sana dottrina rischia di essere una presa d’atto fuori tempo massimo. Prima erano i nemici esterni della Chiesa a dar le mazzate, ora nell’apostasia che viviamo (peraltro profetizzata) sono i vertici della Gerarchia a farlo.
Si consolino dunque le monache e pensino a cosa si dovette fare a Saint-Nicolas-du-Chardonnet negli anni ‘70, o alle immagini di preti che, per celebrare la “Messa tridentina”, qualche decennio fa furono strappati a forza dagli altari grazie all’intervento dei gendarmi, o alle campagne di odio organizzate contro Mons. Lefebvre.
Chi nel 2017 era coi radiospadisti e altri in piazza per la processione di riparazione al gay pride ricorderà gli assalti demenziali vergati da preti diocesani, il clima di fuoco, o alcuni fatti di colore, come quello degli avvocati dell’ordine carmelitano che minacciavano di far causa al Comitato promotore per aver usato il nome della Beata Scopelli. Orbene: si è tirato dritto e si è vinto.
Qui però arriviamo alle dolenti note, che divido in due piani: quello dei principii e quello delle applicazioni. Piani distinti ma strettamente connessi.
Principii. Bisogna fare pace (e farla presto) con un dato di realtà, già esposto nelle righe precedenti: esiste una crisi – una rivoluzione – nella Chiesa per cui chi promuove buona liturgia, sana dottrina e santa vita spirituale è ordinariamente combattuto dalla gerarchia, che – lo ricordo per gli ultimi entrati in sala – è una gerarchia essenzialmente neomodernista, ora più ora meno progressista ma sempre neomodernista. Sostanzialmente tutte le vie di mezzo, gli entrismi, i compromessi, gli intimismi che nascondevano i problemi, le soluzioni provvisorie e precarie, le desistenze, gli inciuci, ebbene, tutti sono falliti nel corso degli anni successivi al Concilio. Avere una “sensibilità” tradizionale, un “gusto” apprezzabile, un’attrazione per ciò che è corretto, sono solo punti di partenza. Ma è l’arrivo che conta. Se ci si ferma alle mezze misure, se non si comprende la portata della crisi, l’irriducibilità della contrapposizione in campo, non si capisce l’essenza del problema. Si fa come quel tale che vorrebbe tanto scalare la montagna ma davanti al crepaccio non sa dove si trova e solo che gli piacerebbe tanto fare un selfie sulla cima. Non andrà da nessuna parte e se andrà avanti cadrà.
Applicazioni. Compreso il duro scontro che è in corso, afferrato il fatto che non saranno fatti prigionieri, capito che le vie di mezzo sono – nella migliore delle ipotesi – totali perdite di tempo, ebbene, chiarito tutto questo le applicazioni sono fin troppo semplici. Cito la famosa regola degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio:
Il nemico si comporta come la donna che diventa debole davanti alla forza e forte davanti alla dolcezza. Infatti, come è proprio della donna che litiga con qualche uomo perdersi d’animo e fuggire quando l’uomo le mostra il viso duro, – mentre al contrario, se l’uomo comincia a fuggire e a perdersi d’animo, l’ira, la vendetta e la ferocia della donna sono molto grandi e smisurate.
Chi è debole e chi cerca accomodamenti coi neomodernisti viene o neutralizzato o schiacciato; chi tiene la posizione – dopo aver capito la musica – e fa scelte conseguenti, alla fine vince (e a volte stravince).
Una buona sintesi ce la dà il discorso che fece Mons. Lefebvre al Card. Ratzinger nel 1987:
«Eminenza, anche se ci concedeste un vescovo, anche se ci concedeste una certa autonomia in rapporto ai vescovi, anche se ci concedeste tutta la liturgia del 1962, se ci concedeste di continuare con i seminari e la Fraternità come facciamo adesso, noi non potremmo collaborare, è impossibile; perché noi lavoriamo in direzioni diametralmente opposte: voi lavorate alla decristianizzazione della società, della persona umana, della Chiesa, noi lavoriamo alla cristianizzazione. Non ci si può intendere. Lei mi ha appena detto che la società non può essere cristiana».
Torniamo dunque alle Monache di Pienza: fino ad ora abbiamo assistito alle prove generali, ma ora c’è il vero spettacolo: la parte interessante viene adesso.
Se avranno capito che la “Messa tridentina” non è la variante gustosa e straordinaria di una liturgia creata dai neomodernisti al tavolino coi protestanti, che la Chiesa vive da lungo tempo (non dal 2013) un assalto nemico che è penetrato fino nella sua cittadella fortificata, che quello che è successo loro è solo l’ennesimo episodio di questa guerra, individuino bene quali sono gli schieramenti in campo e si posizionino in modo conseguente: le realtà che possono soccorrerle non mancano.
Se invece resteranno nel mondo di mezzo, finiranno come tutti gli altri: azzoppati, congelati o eliminati. Chi sta in mezzo alle trincee prende i colpi da entrambi gli schieramenti e non conquista un centimetro di suolo.
Vedremo come finirà: se avremo assistito solo ad un’ennesima puntata delle tante iscrivibili alla ritrita serie “Istituti commissariati e visite apostoliche” o se ci sarà qualcosa di più.
Cara Monaca di Pienza: Qui si parrà la tua nobilitate!
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Foto (modificata) di Matheus Guimarães: https://www.pexels.com/it-it/foto/poster-di-nun-1005391/
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