Volentieri presentiamo ai lettori questo utile estratto de La rivoluzione guardata negli occhi. Un libro che spiega il passato e racconta il futuro (di Mons. Louis-Gaston de Ségur – Mons. Jean-Joseph Gaume).


[…] Dal Contratto sociale Rousseau logicamente deduce la più formidabile teorica della nostra età, il comunismo spartano di Licurgo. «Ciascun membro della comunanza (dice egli),  ad essa, al momento che si forma se stesso e tutte le sue forze, di cui fanno parte i beni ch’ei possiede … lo Stato, riguardo a questi membri, è padrone di tutti i loro beni, in virtù del contratto sociale… Le terre dei privati riunite e contigue diventano il territorio pubblico, e questo diritto di sovranità, estendendosi dai sudditi al terreno che occupano, diventa ad un tempo reale e personale: il che mette i possessori nella massima dipendenza, e rende le loro forze garanti di loro fedeltà: il qual vantaggio non pare sia stato conosciuto per bene dagli antichi monarchi i quali, non chiamandosi che re dei Persiani, degli Sciti, dei Macedoni, pareva si riguardassero come i capi degli uomini piuttosto che come i padroni del paese. Quelli d’oggidì più avvedutamente si chiamano re di Francia, di Spagna, d’Inghilterra, ecc., tenendo così il terreno sono ben certi di tenerne gli abitanti»[1].   

Con gli occhi fissi in Lacedemone, il discepolo di Plutarco continua: «Il diritto che ciascun privato ha sul proprio suo fondo è sempre subordinato al diritto che la comunanza ha sopra tutti… Invece di distruggere l’eguaglianza naturale, il patto fondamentale sostituisce per lo contrario un’eguaglianza morale e legittima[2], a quanto la natura aveva potuto mettere d’ineguaglianza fisica fra gli uomini; e potendo essere ineguali o nelle forze del corpo e dell’ingegno, diventano tutti eguali per convenzione e di diritto. Sotto i cattivi governi quest’eguaglianza non è che apparente ed illusoria; non serve che a mantenere il povero nella sua miseria, ed il ricco nella sua usurpazione. Nel fatto, le leggi sono sempre utili a coloro che possiedono e nocevoli a coloro che non hanno nulla. Di che conseguita che lo stato sociale non è vantaggioso agli uomini se non in quanto sono tutti qualche cosa, e che nessuno d’essi non ha nulla di soperchio»[3].

E stanteché non è possibile verun governo con questa eguaglianza chimerica, ne seguita che tutti sono cattivi; che si debbono modificare o distruggere, dando qualche cosa a quelli che non hanno nulla, e togliendone a coloro che n’hanno di troppo; finalmente che la proprietà è un’usurpazione. «Il primo, dice Rousseau che, avendo assiepato un terreno, si avvisò di dire: Questo è mio! E trovò persone così semplici da crederlo, fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, e guerre, e uccisioni, e miserie e orrori non avrebbe risparmiato al genere umano colui che schiantando i termini e colmando il fosso, avesse gridato ai suoi simili: Guardatevi dall’ascoltare quest’impostura; siete tratti a perdizione se dimenticate che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno!»[4].  

Con queste massime spartane, che distruggono il diritto di proprietà, che consacrano tutte le spoliazioni, e conducono dritto alla legge agraria, mettete il mondo in combustione. […]

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[1] Contratto sociale, lib. I; cap. IX.

[2] L’agguagliamento assoluto, l’eguaglianza davanti alla miseria.

[3] Contratto sociale, lib. I, cap. IX  (134) Discorso sull’eguaglianza, ecc. parte II.

[4] Discorso sull’economia politica, p. 8.