di Luca Fumagalli

Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Antonia White e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secoloLink all’acquisto.

Qui la prima parte e la seconda parte dell’articolo.

In generale – e questo vale per personaggi trattati tanto nei vari articoli quanto nei libri – il giudizio complessivo su figure di spicco della letteratura, ora eccentriche, ora controverse, deve ovviamente tenere come supremo criterio quello della Dottrina Cattolica: salvare il buono, rigettare il cattivo, usare prudenza per tutto[RS].

Nel novembre del 1922 Antonia venne ricoverata al Bethlem Royal Hospital, un manicomio in cui rimase confinata per nove mesi, fino alla completa riabilitazione. Per lei si trattò di un’esperienza angosciante, resa ancora più dolorosa dalla definitiva rottura con Robert Legg, un ufficiale del King’s Own Scottish Borderers che stava frequentando da qualche tempo. Non è dunque un caso se i suoi scritti che si occupano di questa tormentata parentesi esistenziale, come la quarta parte del romanzo Beyond the Glass e il racconto breve “The House of Clouds”, risultano tra i più forti ed emozionanti di tutta la sua produzione.

Il periodo trascorso al Bethlem Royal Hospital e l’aborto a cui si sottopose nel 1924 dopo essersi concessa per la prima volta a un uomo – un certo Jim Dougal, un mentitore seriale che era riuscita a raggirarla – furono un colpo così duro da «rivelarsi l’ultimo e più grande ostacolo per i lavori di Antonia pubblicati negli anni a venire»[1]. Beyond the Glass si conclude difatti con l’uscita della protagonista dall’ospedale, una vicenda rimasta in sospeso che la scrittrice tentò inutilmente di continuare, per anni, in un ipotetico quinto romanzo della serie, di cui rimangono due abbozzi conosciuti rispettivamente col titolo provvisorio di Julian Tye e Clara IV.

Eric Earnshaw Smith fotografato nel suo giardino all’inizio della Seconda guerra mondiale

Sin dai tempi della Academy of Dramatic Art la White era amica di Eric Earnshaw Smith, impiegato presso l’agenzia governativa per la sicurezza. Eric era un tipo colto, garbato e di larghe vedute, un conversatore affabile con cui era facile dibattere e scambiare idee. Nel 1925 i due decisero di sposarsi presso la Chiesa della Santissima Trinità a Brook Green, approfittando del fatto che Antonia aveva appena ottenuto l’annullamento del suo primo matrimonio. Eric, in realtà, era un omosessuale praticante e aveva accettato le nozze solamente perché interessato a crearsi un’apparenza di rispettabilità e ad avere al proprio fianco una donna che si prendesse cura di lui e della casa. Da parte sua Antonia non cercava la passione quanto l’amicizia intellettuale. Per di più Eric costituiva una preziosa opportunità di fuga dalle grinfie del padre (il quale sarebbe morto solamente una manciata di anni dopo, nel 1929, per un’emorragia celebrale). Entrambi erano liberi di frequentare chi volevano, senza gelosie o risentimenti, e Antonia, oltre a un flirt con Bertrand Russell, si concesse a diversi amanti, al contempo allontanandosi definitivamente dalla fede.

Intanto, nonostante il naturale talento come pubblicitaria, il lavoro proprio non le piaceva (questo il motivo di una serie di licenziamenti e problemi economici che la affliggeranno costantemente fino alla fine dei suoi giorni). Avrebbe preferito diventare una scrittrice al pari di Virginia Woolf, suo nuovo idolo insieme a Henry James, Flaubert e al filosofo George Santayana. Alcuni brevi racconti stesi in questo periodo, come “Strangers”, che tratta dell’impossibilità di conoscere veramente la persona che si ha accanto, e “The Saint”, il contrasto tra la santità di due suore molto diverse tra loro, sarebbero stati pubblicati negli anni seguenti.

Silas Glossop

Nel 1928 la White conobbe Silas Glossip, un ingegnere minerario di poco più giovane di lei. Restò incinta ma, in accordo con Silas, decise di non ricorrere all’aborto. Anzi, stanca di una relazione di facciata e desiderosa di avere un vero marito al suo fianco, si separò da Eric – con il quale rimase comunque in ottimi rapporti – per organizzare le nozze con Silas. Peccato, però, che quando nacque Susan, il 18 agosto 1929, l’uomo si trovava all’estero, alla disperata ricerca di un impiego che potesse garantirgli entrate sufficienti per mantenere la famiglia. La sua prolungata assenza non fece altro che alimentare i più bizzarri dubbi in Antonia, compreso quello di non essere più amata.

In questo stato confusionale la scrittrice si avvicinò a un collega d’ufficio, Tom Hopkinson, figlio di un accademico che aveva rinunciato a una carriera prestigiosa per diventare un reverendo della Chiesa d’Inghilterra, con il quale iniziò una relazione. Quando Silas rientrò a casa fu investito dalla spiacevole realtà dei fatti: se per un momento sembrò quasi che Antonia fosse sul punto di tornare da lui, alla fine, anche a causa della comune passione per la scrittura, scelse Tom, che sposò, con rito anglicano, alla fine del 1930. Qualche mese prima, intorno alla mezzanotte tra il 22 e il 23 luglio, era nata la loro figlia, Lyndall (in verità, come scrive Jane Dunn, confrontando le date «nessuno può essere certo su chi fosse suo padre»)[2]

Antonia con la piccola Susan nel 1929

Nella nuova abitazione di Fulham Road la White impiegò poco per accorgersi di non essere una buona madre: al di là della cronica incapacità nel gestire le faccende domestiche, provava poco affetto per le due bambine, le quali erano giocoforza costrette a rivolgersi a Tom per trovare un po’ di calore; del resto già la gravidanza era stata un tormento e Antonia aveva sofferto nel vedere il proprio corpo, di cui andava fiera, mutare fino ad apparire ai suoi occhi orrendo e sgraziato. L’amore e l’apprezzamento per Susan e Lyndall «arrivarono troppo tardi per superare quelle funeste prime lezioni di paura e rifiuto»[3].

Grazie al supporto del marito, si decise a riprendere in mano alcune bozze dei capitoli di un romanzo dedicato alla propria esperienza presso le suore che aveva iniziato a scrivere quando aveva sedici anni. La storia crebbe poco alla volta fino a diventare Frost in May, oggi considerato un classico della narrativa a soggetto scolastico, peraltro privo di quel lieto fine che solitamente caratterizza il genere. La vicenda, infatti, narrata con uno stile limpido e distaccato, attraversato pure da momenti di fredda ironia, ha per protagonista Nanda Gray, una bambina di nove anni che viene iscritta dal padre, recente convertito al cattolicesimo, al collegio di Lippington, un’istituzione di pregio gestita da un ordine religioso. Dopo un processo d’integrazione lungo e difficile, Nanda finirà però per essere espulsa con vergogna a causa di uno spiacevole incidente. Il titolo, suggerito all’autrice da un articolo sulle rose che aveva trovato in una rivista di giardinaggio, sta a sottolineare proprio l’infelice destino della protagonista, che nel finale si ritrova sola e a pezzi.

Lyndall e Susan con Tom Hopkinson

Dedicato a Tom, il romanzo venne finalmente dato alle stampe nel 1933 per i tipi della Harmsworth, ottenendo immediatamente il plauso della critica. Per il successo di pubblico fu invece necessario attendere ancora del tempo dal momento che la casa editrice, allora poco organizzata, non poteva vantare un sistema di distribuzione efficace (motivo per cui le successive edizioni di Frost in May vennero pubblicate dalla Nonesuch Press) …

La vita di Antonia White continua nella prossima parte (la quarta delle cinque previste).


[1] J. DUNN, Antonia White: A Life, Virago, Londra, 2000, p. 47.

[2] Ivi, p. 137.

[3] Ivi, p. 144.



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Tutte le immagini sono tratte da J. DUNN, Antonia White: A Life (Virago, 2000). L’immagine di copertina è invece un particolare del ritratto della White di Cedric Lockwood Morris (1936), oggi costudito presso l’americana National Portrait Gallery