di Luca Fumagalli
Considerato uno dei più importanti autori britannici del Novecento, Graham Greene fu una personalità eccezionale del panorama culturale legato alla Chiesa di Roma. Aveva uno spirito al fondo ribelle, costantemente in bilico tra la fede e lo scetticismo, a cui si accompagnò una vita di errori e amanti che contribuì non poco alla sua fama di prosatore anomalo, a tratti “eretico”. Ecco perché l’etichetta di “scrittore cattolico” che gli avevano affibbiato i correligionari più entusiasti in verità a quest’ultimo andava un po’ stretta, preferendo definirsi piuttosto «un cattolico che si trova ad essere anche scrittore». Eppure basta solo sfogliare qualcuno dei libri che compongono la sua vasta bibliografia – la quale comprende anche poesie e drammi teatrali – per rendersi immediatamente conto di avere a che fare con un uomo profondamente appassionato della realtà, dell’animo umano e delle sue infinite contraddizioni, che nei propri scritti dà corpo a un costante conflitto tra bene e male che lacera il cuore pure dei protagonisti più spregiudicati.
La visione del mondo espressa dalla letteratura di Greene è infatti cupa, a tratti terribile. La sua penna si muove con irrequietezza tra gli opposti dell’innocenza e della colpa, della lealtà e del tradimento, confusi senza immediata speranza in un mondo di apparenze, mai bianco e nero, ma sempre e solo abitato da infinite sfumature di grigio. Le trame delle sue opere, perlopiù spy stories, che tra l’altro hanno il grandissimo pregio di evitare gli stereotipi e la prevedibilità di molta apologetica, si dipanano in una grande varietà di scenari che vanno dall’Inghilterra al Sud America, dall’Indocina all’Africa. Il conflitto esistenziale che segna le coscienze dei protagonisti non conosce requie, non esistono luoghi in cui si è al sicuro: tutti danzano sulle note della futilità, della sofferenza e dell’angoscia. In rari momenti fa capolino una tenue fiducia, ma è solo la folgorazione di un istante, lo spettro di una redenzione che, tuttavia, non è mai sicura. Ciò che alla fine rimane è una domanda inevasa, un’ipotesi di salvezza che non offre una risposta certa.

Emblematico in tal senso è forse il suo lavoro più riuscito, Il potere e la gloria, la storia di un sacerdote messicano alcolizzato, con tanto di figlia illegittima, che si ritrova a fuggire da un drappello di guardie, sulle sue tracce per ordine del governo massonico e anticattolico. Il “prete spugna”, di cui non si conosce il vero nome, finirà per riscattare ogni sua miseria in una maniera imprevista, grazie a un martirio mai desiderato e men che meno cercato.
Non va inoltre dimenticato che Greene, il quale si inventò anche giornalista giramondo pur di sfuggire a un opprimente taedium vitae che non gli dava scampo, firmò svariati reportages dove, allo stesso modo che nei romanzi, la realtà è osservata, per così dire, dalle viscere. In altre parole, da nemico dell’astrazione, stare dentro «il lato oscuro e vertiginoso delle cose», dentro quel grumo di incoerenze e di infinite complessità che è l’umanità, fu per lui un modo di amarla con la stessa prospettiva di Dio, nei suoi limiti e nella fondamentale pochezza. Come scrisse correttamente Charles Moeller, «l’opera di Greene altro non è che un commento alla parola divina: non giudicate».
Dello scrittore , tanto della sua vita che della sua opera, si è recentemente occupato il giornalista Fulvio Fulvi nel saggio Graham Greene. Il tormento e la fede (Ares, 2023), un’ottima occasione per un primo incontro con uno dei pochi autori del cattolicesimo britannico che continua a godere di una certa fama anche in Italia (negli ultimi anni la casa editrice Sellerio sta ripubblicando le sue opere più note e pure qualche inedito). Del resto Greene, lontano parente del celebre Stevenson de L’isola del tesoro e occasionale agente segreto a servizio di Sua Maestà, oltre a vedere diversi suoi romanzi trasformati in pellicole cinematografiche di successo, non arrivò neppure molto lontano dal vincere il premio Nobel.
Se Malcolm Muggeridge lo descrisse come un santo che faceva di tutto, in realtà senza molto successo, per assomigliare a un peccatore, la definizione migliore della personalità e della bibliografia di Greene rimane forse quella del francese François Mauriac, il quale disse che l’amico «è penetrato per effrazione nel regno della grazia».
Il libro: F. FULVI, Graham Greene. Il tormento e la fede, Ares, Milano, 2023, pp. 208, Euro 16,80.



















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