di Luca Fumagalli
Seguendo le piste tracciate da Adam Schwartz nel saggio The Third Spring (2005), quest’anno lo speciale culturale di agosto è dedicato alla storia della conversione di quattro grandi intellettuali del cattolicesimo britannico del Novecento, ossia il giornalista e polemista G. K. Chesterton, il romanziere Graham Greene, lo storico Christopher Dawson e il poeta David Jones. Per quanto diversi tra loro per personalità e sfumature ideologiche, oltre a essere stati figure di spicco nei rispettivi campi, tutti e quattro vissero la fede a cui decisero di aderire con spirito di ribellione, considerandola l’unica alternativa valida a una modernità priva di valori e votata inevitabilmente alla rovina.
Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Dawson e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo. Link all’acquisto.

All’inizio degli anni Trenta, mentre si trovava in America per un giro di conferenze, a T. S. Eliot venne chiesto chi, secondo lui, fosse l’intellettuale allora più influente nel Regno Unito. La risposta fu semplicemente un nome: Christopher Dawson.
Eppure negli ultimi decenni gli scritti dello storico inglese – stimato pure da Étienne Gilson, da C. S. Lewis e da altri importanti nomi del panorama culturale novecentesco – paiono finiti nel dimenticatoio. I motivi sono diversi, e certamente il cattolicesimo a cui si convertì prima dei trent’anni, così come lo status di studioso indipendente, rientrano tra questi; soprattutto a pesare è stato però l’approccio metastorico da lui adottato, ossia la tendenza al grande affresco che oggi, in un periodo di settorializzazione e di specializzazione, non ha più molto seguito.
Classe 1889, Dawson era nato in un ambiente segnato dall’anglo-cattolicesimo, tanto che il padre era solito adoperare libri devozionali della Chiesa di Roma. Fu lui, inoltre, che decise nel 1896 di trasferirsi con moglie e figlio da Hay-on-Wye all’area di Craven, nello Yorkshire, da dove proveniva la sua famiglia, nel tentativo di recuperare i contatti con tradizioni ormai perse «in reazione alla cultura senza radici del XIX secolo», caratterizzata da un protestantesimo fanatico e dell’industrializzazione selvaggia.
La scelta ebbe un’influenza di lungo termine sul piccolo Christopher che, da adulto, non mancò di ricordare come a Craven, più che altrove, la distruzione dei monasteri operata nel XVI secolo avesse lasciato una ferita culturale in parte ancora aperta. La venerazione per la tradizione fu un altro frutto della sua giovinezza, così come l’idea che il principio di autorità «giochi una partita importante nelle nostre vite».
Uno dei motivi per cui non apprezzò mai la Bilton Grange School a cui fu iscritto a dieci anni era lo spirito di cristianesimo liberale che vi aleggiava, a suo dire un qualcosa di più vicino all’etica che alla religione. Anche nel 1903, quando entrò a Winchester, Dawson seguitò a evidenziare i limiti dell’anglicanesimo – su tutti la mancanza di una vera autorità –, scoprendosi spesso più in accordo con la Chiesa di Roma che con quella d’Inghilterra. Fondamentale per l’elaborazione di tali idee fu l’influenza del padre, che lo interessò pure al misticismo, e del prozio, anch’egli anglo-cattolico. La sua sfiducia nei confronti della religione nazionale crebbe a tal punto che per un certo periodo fu addirittura a un passo dal perdere la fede.
Dopo essersi ripreso da una brutta malattia, Dawson venne mandato a studiare da un professore privato, tale Moss – docente anche del futuro apologeta E. I. Watkin, che divenne il suo migliore amico – e successivamente da altri insegnanti a Oxford e in Germania.
Nel 1908, all’epoca dell’università, Watkin si fece cattolico, ma Dawson continuava ad esitare. Tuttavia, già nell’anno seguente, tre eventi ebbero su di lui un impatto decisivo.
Innanzitutto il viaggio a Roma affrontato durante la Pasqua gli offrì un’immagine viva di quel cattolicesimo che, fino ad allora, aveva conosciuto solamente tramite i libri: «Per la prima volta realizzai che la civiltà cattolica non si era fermata con il medioevo, e che contemporaneamente con lo sviluppo del nostro protestantesimo nazionale ci fu una straordinaria fioritura della cultura barocca». Il barocco, in particolare, si accordava magnificamente con la sensazione di Dawson di essere in aperta ribellione contro il mondo moderno: «La cultura barocca è una concreta manifestazione di un tentativo di frenare le forze del secolarismo, del nazionalismo e della frantumazione sociale emerse con la Riforma e degli elementi più estremi dell’umanesimo rinascimentale».
In seconda battuta approfondì la storia del Movimento di Oxford e i libri di Newman, riscoprendo quel nucleo tradizionale forte, patentemente cattolico, che l’anglo-cattolicesimo dei suoi tempi era andato smarrendo.
Infine conobbe la cattolica Valery Mills, che nel 1916 sarebbe diventata sua moglie.
Prima della conversione dovettero passare altri cinque anni da quel fatidico 1909, un periodo di tempo che Dawson spese per venire a capo degli ultimi dubbi. Si convinse infine che il papato era l’unica garanzia per l’unità dei fedeli e che la Chiesa di Roma, a differenza delle altre, poteva sostenere con ragione di aver mantenuto intatta la successione apostolica (ironicamente, a illuminarlo su quest’ultimo punto fu la lettura di un teologo protestante, Adolf von Harnack). Per di più il cattolicesimo si dimostrava animato da una coraggiosa volontà di combattere con tutte le sue forze «il vuoto spirituale e la corruzione della dominante cultura materialista», a favore di chi «avverte il bisogno di un nuovo ordine spirituale e di una visione religiosa della vita».
Superata almeno in parte l’ostilità della famiglia, dopo due sole lezioni di catechismo – il prete che lo stava preparando si accorse immediatamente della profonda erudizione di chi aveva davanti – il 5 gennaio 1914 Dawson venne finalmente accolto nella Chiesa cattolica.
Da quel momento anche in campo professionale il suo approccio mutò considerevolmente, con la fede che divenne strumento ermeneutico imprescindibile: «La religione è la chiave della storia». Del resto Dawson considerava l’uomo naturalmente religioso e rimproverava agli accademici, oltre alla mancanza di un approccio interdisciplinare, di dare sovente poca importanza nelle loro analisi ai fattori spirituali.
Allo stesso tempo, però, negli studi di Toynbee ravvisava un altro pericolosissimo errore, quello cioè di trasformare la metastoria in qualcosa di astratto, con la spiacevole conseguenza di offrire una prospettiva troppo fumosa, la quale, oltretutto, aveva poco a che spartire con la solidissima realtà di un Dio che si è fatto carne e di una Chiesa a cui è stato affidato il compito, per così dire, di rendere visibile l’invisibile attraverso i secoli (in aggiunta Toynbee, mettendo sul medesimo piano tutte le religioni, si dimostrava un pericoloso relativista).
Secondo Dawson l’ermeneutica cattolica «differisce da tutte le altre nella sua combinazione di universalismo con un senso di unicità e irreversibilità del processo storico», e, al di là delle implicazioni teoretiche e teologiche, è in grado di fornire strumenti utili pure per capire epoche ed eventi specifici.
In seguito, quando si rivolse allo studio delle culture, lo storico britannico continuò a ribadire la centralità della religione.
In questo ambito – a detta di molti quello in cui offrì gli spunti più originali –, pur prendendo le distanze dalla troppo rigida identificazione tra l’Europa e la fede operata da Belloc, si distinse sostenendo che il cristianesimo fosse alla base della cultura occidentale: «Le vere fondamenta della comunità europea sono spirituali e trovano il loro centro nel cattolicesimo». A suo parere la cultura occidentale è contraddistinta infatti da una vocazione missionaria del tutto assente nelle altre, così come il socialismo, l’umanitarismo, il culto del progresso e altre ideologie moderne altro non sono che surrogati di quella cristianità che le ha nutrite e da cui, in seguito, si sono distaccate.
Il desiderio di unità e integrazione manifestato da Dawson nei suoi scritti, accompagnato dalla convinzione che la coesione culturale vada di pari passo con quella religiosa, fecero di lui un pioniere dell’ecumenismo: «La nostra posizione oggi non è più quella di una minoranza cattolica in una società protestante, ma quella di una minoranza religiosa in una società neopagana o secolarizzata […]. Non dobbiamo occuparci della validità degli ordini anglicani, ma dell’esistenza dell’anima umana e delle fondamenta definitive dell’ordine morale». Malgrado ciò, era convinto che si potesse raggiungere l’unità unicamente riconoscendo nel cattolicesimo romano la forma normativa di cristianesimo.
Il suo impegno per la causa ecumenica non si limitò alle parole: fu vicepresidente del movimento cattolico “Sword of the Spirit”, il primo a includere membri di altre denominazioni cristiane, e quando il cardinale Hinsley gli affidò la direzione dello storico periodico «Dublin Review», ne utilizzò volentieri le pagine per portare avanti le sue idee.
Più o meno per i medesimi motivi Dawson nutriva un grande amore anche per la messa in latino – «L’esistenza di un comune linguaggio liturgico di qualche tipo è il segno della missione della Chiesa di invertire la maledizione di Babele e di creare un legame d’unità tra le persone» – e i cambiamenti che iniziarono a essere introdotti tra gli anni Cinquanta e Sessanta lo trovarono piuttosto contrariato. L’idea che lo tormentava era quella di un lento ma progressivo cedimento della Chiesa alle logiche del mondo e non c’è da dubitare che, se la morte non lo avesse colto nel 1970, si sarebbe speso senza riserve per la difesa del vetus ordo, la più alta testimonianza dell’universalità del messaggio cristiano.









Seguite Radio Spada su:
- Telegram: https://t.me/Radiospada;
- Gloria.tv: https://gloria.tv/Radio%20Spada;
- Instagram: https://instagram.com/radiospada;
- Twitter: https://twitter.com/RadioSpada;
- YouTube: https://youtube.com/user/radiospada;
- Facebook: https://facebook.com/radiospadasocial;
- VK: https://vk.com/radiospada.
Fonte immagine: www.thetablet.co.uk/features/2/20113/was-christopher-dawson-right-all-along-