Offriamo in traduzione italiana la bolla “Fons Sapientiae” con cui Gregorio IX decretava gli onori dei Santi all’amica Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine dei Predicatori.

Gregorio Vescovo, Servo dei servi di Dio, ai Nostri Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi, ed ai nostri cari figli Abati, Priori, Arcidiaconi, Arcipreti, Decani, Proposti ed altri prelati delle Chiese, ai quali queste lettere perverranno, salute e benedizione apostolica.

La sorgente della saggezza, il Verbo del Padre, la cui natura è bontà, la cui opera è misericordia, che riscatta e rigenera quelli ch’ egli ha creato, e veglia fino alla consumazione dei secoli sulla vigna che ha tratto fuori dell’Egitto, il nostro Signor Gesù Cristo per ovviare alla instabilità degli spiriti e venire in aiuto alla diffidenza degli increduli, suole sapientemente perpetuare i suoi prodigi e moltiplicare la varietà delle sue meraviglie. Quando agli esordi della Chiesa nascente è morto Mosè, cioè quando estinta è la legge, egli monta sulla quadriga dell’Evangelo, compiendo i giuramenti che ai padri nostri aveva giurati, e tenendo in mano quell’arco della santa parola che aveva tenuto teso durante tutto il regno giudaico. E in mezzo alle onde del mare, cioè in quella vastità copiosa delle genti, la cui salute era figurata da Raab, si avanza: e va calpestando la confidenza di Gerico, la gloria del mondo, e colui, ch’egli subito aveva vinto, maravigliandone i popoli, col primo fremito della predicazione. Il profeta Zaccaria aveva veduto questo carro a quattro cavalli quattro volte uscire d’infra due montagne di bronzo. Il primo carro era tirato da cavalli rossi, i quali rappresentavano noi, che siamo i maestri delle nazioni, i forti della terra, coloro, che sottomettendosi con la fede al Dio di Abramo, padre dei credenti, hanno, sull’esempio del loro capo, e per assicurare i fondamenti di quella fede, tinto i loro abiti in Bosra, cioè a dire nelle acque della tribolazione, e imporporato del loro sangue tutti i segni della milizia loro. Siamo quelli, ai quali la gioia della gloria futura ha fatto dispregiare la spada temporale, e che divenuti martiri, che vuol dire testimoni, hanno con la loro confessione sottoscritto il libro della nuova legge; aggiunto alla confessione loro il peso dei miracoli; consacrato il libro ed il tabernacolo, opera di Dio e non dell’uomo, e tutti i vasi del ministero evangelico; al sangue degli animali sostituito il sangue di ostie ragionevoli; e gettando la rete della predicazione sulla vasta estensione dei mari hanno di tutte le genti, che sono sotto il cielo, composta la Chiesa di Dio.
Ma poiché la moltitudine ha generato la presunzione e dalla libertà è nata la malizia, il secondo carro è apparso con cavalli di color nero, simbolo di lutto e di penitenza: e in loro è stata rappresentata quella squadra condotta dallo spirito nel deserto sotto la direzione del santissimo Benedetto, Eliseo novello del nuovo Israele; squadra che i figli dei profeti restituì nel perduto bene della vita comune, reintegrò il rotto filo dell’unità, e con le buone opere si distese fino in quella terra dell’Aquilone, donde ogni male procede, e fece abitare nelle anime contrite colui che non fa grazia di sé ai corpi sottoposti al peccato. Dopo ciò, quasi per ricreare le faticate schiere e far succedere alle lamentazioni la gioia, il terzo carro è venuto con bianchi cavalli, cioè coi frati degli Ordini Cistercense e Florense, i quali, simili a tondute pecore e piene del latte della carità, sono usciti del bagno della penitenza, avendo San Bernardo per capo; quell’ariete investito dall’alto dello spirito del Signore, che li ha menati nell’abbondanza delle valli, acciocché i passeggeri, liberati da loro, gridino con forza al Signore, cantino inni e piantino sui flutti gli accampamenti del Dio delle battaglie.
Con questi tre eserciti il nuovo Israele si è difeso contra un egual numero di eserciti di Filistei. Ma sull’undecima ora, quando il giorno già inchinava verso la sera, e la carità essendosi raffreddata nell’iniquità, il sole di giustizia calava anch’egli per tramontare, il padre di famiglia ha voluto radunare una milizia anche meglio accomodata a protegger la vigna, che piantò egli stesso con la sua mano, e coltivò sempre con operai in differenti tempi condotti: la quale, ciò non pertanto, non solamente era ingombra tutta di bronchi e di spine, ma pressoché distrutta da gran moltitudine ostile di piccole volpi. Il perché, siccome ora veggiamo, dopo i primi tre carri, diversi ciascuno di suoi propri simboli, Dio ha suscitato, sotto la figura del quarto carro attaccato a cavalli forti, e di svariato colore, le legioni dei Padri Predicatori e dei Frati Minori, coi loro capi eletti pel combattimento. Uno di questi capi fu San Domenico; uomo, a cui Dio ebbe dato forza e l’ardore della fede, e nel collo del quale pose, come in cavallo di sua gloria, il nitrito della predicazione. Fanciullo, ebbe cuore di vegliardo; praticò la mortificazione della carne; desiderò sempre all’autore della vita con ogni studio. Infatti, votatosi e consacratosi a Dio come un nazareno, sotto la Regola de beato Agostino, imitò Samuele nel servire assiduamente il Santuario e continuò le pie aspirazioni di Daniele nel castigare i propri desideri. Percosse fedelmente, come strenuo atleta, i sentieri della giustizia e le vie dei santi. Non abbandonò neppure per un momento la casa del Signore e il suo ufficio di maestro e di ministro della Chiesa militante, sottomettendo sempre la carne allo spirito, la sensibilità alla ragione. Diventato un solo spirito con Dio, si studiò tutto di farne ricerca nei suoi trasporti dell’anima, senza trascurare la carità verso il prossimo, per il quale seppe dedicarsi in giusta misura alle opere di misericordia. Così, al vederlo fustigare la voluttà della carne e far brillare la luce nelle dure menti degli empi, tutta la setta degli eretici ne tremò ed esultò la Chiesa dei fedeli. Crescendo in età, crebbe anche in grazia e provava una inesprimibile felicità nel dedicarsi alla salvezza delle anime. Si diede allora tutto alla predicazione della parola di Dio e col Vangelo di Cristo generò molti figli, anzi una moltitudine che, seguendolo nella sua ardua vocazione, si consacrò al sublime ministero evangelico: e ciò gli valse in terra il nome e l’ufficio di Patriarca. Divenuto, così, pastore e inclito duce nel popolo di Dio, istituì coi suoi meriti il nuovo Ordine dei Predicatori, lo istruì con i suoi esempi, né mancò di confermarlo con autentici ed evidenti miracoli.
Infatti, fra gli altri segni che la sua possanza e la santità sua manifestarono durante il corso della sua vita mortale, questi sono segnalatissimi: rendette la parola ai muti, la vista ai ciechi, ai sordi l’udito, ai paralitici l’azione, a gran quantità d’infermi la salute; onde chiaramente a cosiffatti prodigi apparve qual fosse lo spirito che animava la gleba del suo santissimo corpo.
Noi dunque, che familiarmente lo conoscemmo quando occupavamo nella Chiesa un grado inferiore, e che anche nel tenore del viver suo avemmo un’insigne prova della sua santità, ora che testimoni degni di fede ci hanno comprovato la verità dei suoi miracoli; Noi, con l’ovile che il Signore ha affidato alle cure nostre, crediamo, che Domenico, per la misericordia di Dio, potrà esserci utile coi suoi suffragi, e che dopo averci consolato in terra con la sua dolce amicizia, ci aiuterà in cielo col suo possente patrocinio. Laonde, col consiglio e consentimento dei Nostri Fratelli e di tutti i prelati che attualmente sono presso la Sede Apostolica, abbiamo deliberato d’inscriverlo nel catalogo dei Santi.
Inoltre fermamente decretiamo e a tutti voi con le presenti ordiniamo di celebrare e di far celebrare solennemente la sua festa alle none di agosto, il giorno precedente a quello nel quale ei depose il carico della carne e ricco di meriti entrò nella città dei Santi, affinché quel Dio ch’egli onorò vivendo, mosso dalle sue preci, ci conceda la grazia nel presente secolo, e nel secolo futuro la gloria.
Volendo poi che il sepolcro di questo gran confessore, che illustra la Chiesa Cattolica con sorprendenti miracoli, sia dai cristiani degnamente frequentato e venerato, confidando nella misericordia dell’onnipotente Iddio e nell’autorità dei beati apostoli Pietro e Paolo, concediamo a tutti i fedeli pentiti e confessati che ogni anno lo visiteranno con devozione e rispetto nel giorno della festa del Santo, l’indulgenza di un anno. 

Dato a Rieti il 3 luglio dell’anno 1234, ottavo del Nostro Pontificato.


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Immagine: Concioli A. (1791), Canonizzazione di San Domenico (fonte beweb.chiesacattolica.it)