Il 17 dicembre 1860 Pio IX riunisce il concistoro segreto e ai Cardinali convenuti traccia il bilancio, fosco, dell’anno che sta per avviarsi alla conclusione: “La Chiesa, che fino dalle sue stesse origini fu agitata da molte e gravi procelle, in questa miserabilissima nostra età viene aggredita da tanti e così fieri assalti di nemici, che l’odio già prima da loro concepito e il colmo di tutto il loro furore sembrano essere scoppiati nel tempo del Nostro Pontificato“. Il Papa- Re lamenta le violazioni della libertà ecclesiastica nel Granducato di Baden, la pubblicazione di libelli contro il potere temporale del Romano Pontefice e l’usurpazione di cui esso è fatto oggetto da parte del Regno di Sardegna. La Santa Sede infatti aveva perso in quell’anno le Marche, l’Umbria e la Sabina. Tutte cose, sentenzia il Pontefice, che “null’altro intendono e tentano se non di rovinare i fondamenti della Santissima Religione”. Scendendo nel particolare, riporta al suddetto intendimento sovvertitore, l’arresto dell’Arcivescovo di Urbino, Alessandro Angeloni, del Cardinale Arcivescovo di Fermo, Filippo de Angelis, di vari ecclesiastici delle province ex pontificie, nonché il caso di “altri Vescovi e Sacerdoti del Regno di Napoli carcerati o costretti alla fuga“.
Fra costoro era Monsignor Mariano Ricciardi, Arcivescovo di Reggio e Metropolitano di Calabria.
Nato a Napoli il 10 luglio 1814, il Ricciardi fu ordinato sacerdote il 23 ottobre 1837. Fu Maestro di Teologia presso il Nobile Collegio dei Teologi di Napoli e Cappellano della chiesa del quartiere napoletano Montecalvario. Su proposta di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, il 28 settembre 1855 Pio IX lo prepose alla Chiesa metropolitana di Reggio Calabria. Ricevette la consacrazione episcopale a Roma il 7 ottobre, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, per le mani dell’Eminentissimo Cardinale Antonio Maria Cagiano de Azevedo, Vescovo di Frascati e Prefetto della Congregazione del Concilio. Preso possesso della sede il nuovo Arcivescovo la visitò fin negli angoli più remoti con ammirevole zelo, curando in primo luogo la dignità del culto e la formazione del clero. Di formazione antiliberale, il 25 novembre 1859, scrisse una lettera pastorale sul potere temporale:

Perciocchè, o miei carissimi Figliuoli, il Dominio temporale del Papa è nello stato presente della società internazionale dei diversi Stati cristiani una guarentigia necessaria alla indipendenza di lui, e al libero esercizio della potestà suprema, che egli solo ha in terra sopra le coscienze di duecento milioni di Fedeli sparsi per tutte le nazioni. I quali stando sottoposti a lui, come a Vicario di Gesù Cristo, e perciò in quello, che ci ha di più sacro e di maggiore importanza al mondo, lasciandosi dirigere dalla sua parola, come dalla parola stessa di Dio; è necessario che stieno in tutto sicuri, non esser la voce e l’azione di lui su le loro coscienze menomamente impacciate, o comechessia messe a profitto da potenza o da raggiro umano: sicurezza, che non potrebbero di certo avere, quando nella città, sede de’ Papi, si stabilisse sovrana una potestà laicale qualunque, togliendo di mano al Pontefice il governo degli Stati di sua dimora …
Ma poiché, miei dilettissimi Figli, vi ha più d’uno, che oggi a per ignoranza o per malizia, non comprende o mostra di non comprendere questa necessità del Principato civile del Papa nelle condizioni presenti della Chiesa, e si va propagando tra’ Fedeli non esser esso necessario, anzi essere nocivo alla Religione di Gesù Cristo; udite, a cessar ogn’inganno intorno a ciò, la parola sincera del vostro Pastore; il quale vi fa sentir chiaro che non così pensa la Chiesa Cattolica. E non come uomo privato, che esprime una sua opinione, ma come Vescovo della Chiesa di Gesù Cristo, vi annuncia ciò, che non è pensiero solo di lui su tal riguardo, ma di tutti i Vescovi in conformità col loro supremo Pastore, e vi proclama, quel che in varie guise è stato più volte ripetuto dal regnante Pontefice Pio IX «essere nelle condizioni presenti necessario alla Chiesa cattolica il Principato civile, dalla divina Provvidenza concesso a’ romani Pontefici, pel libero esercizio della ecclesiastica primazia in tutto l’orbe». Non trattasi, è vero, di una definizione dommatica in fatto di Fede o costumi, ma di ciò che è connesso coll’autorevole ministero, onde il domma si conserva intatto, si sviluppa e propone, e si propaga inalterato ed efficace in ogni parte del mondo; di un presidio cioè temporale, che è necessario al supremo Gerarca per tal fine …
Dunque, o miei amatissimi Figli, ecco la regola breve e sicura, onde respingere gli errori correnti intorno a siffatto argomento. Siete convinti dopo queste nostre parole che coloro, che vi ha dati Gesù Cristo a maestri della Fede e direttori delle anime vostre, asseriscono concordemente essere, nel presente congegno della civiltà europea, un bene della Religione la sovranità temporale del Papa? Dunque, senza cercar altro, a chi vi dirà il contrario, non crederete. E se poi questi, chiunque si fosse, mutando arti, soggiungesse che quella sovranità è ostacolo a questi o quelli altri beni e felicità temporali, voi ve ne spedirete in due parole, rispondendo che il bene della Religione deve preporsi a ogni cosa, e che, quand’ anche fosse vero che l’autorità civile del Papa sopra il suo piccolo Stato impedisse quelle prosperità terrene, che vi mettono in mostra gli avversari; non per questo dovrebbesi mai ad esse sagrificare il bene della Religione.
Ma sarà poi vero, o miei dilettissimi, che la nostra divina Religione sia o possa essere d’ostacolo a nessun vero bene di ordine temporale? E non è anzi ella sola, che mentre mira direttamente alla beatitudine sempiterna, può dare quaggiù la vera possibile felicità temporale agli uomini ed alle nazioni? E non fu ella in vero che ha creata e guidata per secoli la civiltà moderna, che da lei si appella cristiana, gloria e potenza dell’ Europa, la quale per essa ha una incontrastabile supremazia sul resto del mondo? E non è ciò avvenuto massimamente per l’azione benefica del Papato guarentito da quel Dominio temporale, che si vorrebbe far credere nemico alla prosperità dell’ Europa, e più specialmente dell’Italia? Figli miei dilettissimi, non vi è falsità più impudente di questa …
E per l’Italia poi, nel cui riguardo specialmente si fa così indegno strapazzo della verità e della storia, oh quanto, miei carissimi Figli, è maggiore l’ignoranza e l’impudenza di coloro, che vi mettono innanzi non so che contrarietà tra’ veri beni di lei, e la dominazione civile, che ha nel suo mezzo il Capo della Chiesa universale! Quando non sapessero altro, come non sanno costoro che per aver l’Italia nel suo centro il centro e la rocca del Cristianesimo, essa la prima, e più che ogni altra parte del globo, gode della salutare influenza di questo negli ordini temporali; e che per essere appunto quel trono civile del Papa piantato nel suo seno, e però con le vicende di lei collegato strettamente, ha preso essa tanta importanza nella civiltà moderna, quanta non ne aveva avuta per le conquiste di Roma nell’antica, ed ha brillato e brilla fra le altre genti di una luce singolare nella religione, nelle scienze, nelle lettere e nelle arti?

Un’altra sullo stesso argomento la scrisse nel gennaio 1860, l’anno della “Spedizione dei Mille” e dell’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna, l’anno della persecuzione contro l’episcopato dell’Italia meridionale da parte del governo dittatoriale garibaldesco e in seguito delle autorità di Torino.
Il 21 agosto l’episcopio reggino fu assalito dai garibaldini e l’Arcivescovo dovette rifugiarsi presso il convento dei Cappuccini della Consolazione. Nei giorni successivi le nuove autorità gli richiesero che nella festa della Madonna della Consolazione, patrona della Città di Reggio Calabria, si celebrasse la liberazione dalla “tirannide borbonica”. Il Prelato respinse la richiesta e i suoi nemici liberali ed anticlericali, spinsero per la messa al bando del “reazionario”: il che avvenne il 23 settembre 1860. Ricciardi partì per Marsiglia il 1° ottobre, dove giunse il 16 e vi rimase fino al 1862, quando si stabilì a Roma. Durante l’esilio non cessò di interessarsi alla sua Chiesa, governandola attraverso lettere pastorali. Nello stesso 1862 Pio IX lo nominò Assistente al Soglio Pontificio e Prelato Domestico. Dopo più di sei anni di esilio, durante i quali fu più volte accusato dai liberali di tramare contro il nuovo regime, fece ritorno nella sua Chiesa il 28 gennaio 1867, non cessando tuttavia le persecuzioni da parte delle autorità italiane. Durante l’epidemia di colera del 1868 dette prova della sua apostolica carità. Nel 1869 prese parte al Concilio Vaticano I, schierandosi fra i sostenitori della proclamazione dell’infallibilità pontificia:

Io affermo che presso la diocesi di Reggio, affidata alla mia sollecitudine, e nell’universa chiese, che è nelle Calabrie, di cui è Metropolitano l’Arcivescovo Reggino, vige e sempre fu in vigore quella dottrina per cui i Romani Pontefici non possono affermare e insegnare errori nel proporre argomenti di fede e morale … Eminentissimi e reverendissimi Padri, nelle diocesi dell’Italia meridionale la dottrina dell’infallibilità pontificia i fedeli la assumono col latte materno … e ciò non è da attribuirsi a pregiudizi, ma è solo ripetere quella fede che i Principi degli Apostoli Pietro e Paolo insegnarono ai nostri padri. Indubitabili monumenti ci dicono che Pietro fondò la Chiesa di Napoli ed altre; che Paolo, cosa certissima, fondò la Chiesa di Reggio, dalla quale la fede dell’Evangelo brillò nelle regioni vicine … Ritengo che la definizione conciliare dell’infallibilità del Romano Pontefice, non sia solo opportuna e utile, ma necessaria al tempo d’oggi … Perciò a voi, eminentissimi e reverendissimi Padri, con estrema umiltà e con tutta la forza che è in me, chiedo con insistenza che, per evitare un danno alla fede, per difendere la gloria di Dio, che si riflette nella gloria della Chiesa e del Romano Pontefice, per procurare la salvezza delle anime, vogliate sancire la definizione conciliare dell’inerranza del Romano Pontefice”.

Sospeso il Concilio per via dell’occupazione italiana di Roma, mons. Ricciardi, fece ritorno a Reggio Calabria dove, sempre in un clima di opposizione e tensione con le autorità italiane, stette fino al termine del 1871. Il 24 novembre di quell’anno infatti Pio IX lo trasferì alla Chiesa metropolitana di Sorrento. Il presule avrebbe desiderato Capua, per cui la partenza, che avvenne sotto il vigile sguardo della polizia, fu relativamente amara. Purtuttavia anche nella nuova Arcidiocesi diede prova di quelle virtù che erano brillate a Reggio Calabria, consacrando anche quella Chiesa al Sacro Cuore e portando avanti la buona battaglia dell’intransigentismo cattolico. Morì il 23 agosto 1876, compianto dai buoni.


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Monsignor Beniamino Socche 
Don Juan de Ribera
Giuseppe II di Costantinopoli
Monsignor Florentino Asensio Barroso
Monsignori Pierre-Louis de La Rochefoucauld-Bayers, François-Joseph de La Rochefoucauld-Maumont e Jean-Marie du Lau d’Alleman
Monsignor Giuseppe Melas
Monsignor Alessandro Domenico Varesini
San Giosafat Vescovo e Martire
Monsignor Salvator Angelo Maria Demartis O.Carm.
Mons. Francesco Zunnui Casula
Mons. Tommaso Michele Salzano O.P.
Monsignor John Mc Evilly
Fray Ezequiél Moreno y Díaz
Monsignor Josep Caixal i Estradé
Monsignor Pál Tomori
Monsignor Gerardo de Proença de Sigaud
Monsignor Pietro Doimo Maupas
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Mons. Emanuele Marongiu Nurra
Monsignor Charles-Amable De la Tour d’Auvergne Lauraguais
Monsignor Pierre Gervais Marie Carrier
Monsignor Diego Marongio Delrio
Monsignor Charles Emile Freppel
Monsignor Giovanni Francesco Fara
Monsignor Fra’ Salvator Angelo Maria Demartis O.Carm.
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Mar Ivanios, primo Metropolita dei cattolici siro-malankaresi
Monsignor Manuel Basulto Jiménez
Monsignor Manuel Borrás Ferré
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Monsignor Cruz Laplana y Laguna
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