Brani dell’articolo “La Trasfigurazione e la Basilica del Laterano” di F.L. Zelli O.S.B. su Il Divin Salvatore. Periodico Settimanale Romano (Anno I – Roma – 5 Agosto 1965 – N. 46)
Nella economia della Divina Sapienza era decretato che il Verbo di Dio, prendendo carne umana e dimorando in mezzo agli uomini pel corso di trentatré anni, apparisse in tutto come un uomo, e fosse oggetto di fede anche a quelli che conversarono con lui. Furono, è vero, straordinarie le opere, divine le di parole Colui, cui seguitavano meravigliate le turbe, al cui arcano potere fuggivano i demonii dagli ossessi, si dileguavano le malattie dagli infermi, lasciava sua preda la morte, anche dopo averla rapita. Ma dall’altro canto, senza una fede soprannaturale, chi avrebbe tuto riconoscere il Creator del Cielo e terra nell’uomo passibile e mortale, soggetto a tutte le pene e miserie dell’umana fralezza? Quando infatti il Redentore invitò i suoi Apostoli, che pure gli erano molto da vicino, dichiarar: Chi dicono gli Uomini essere il Figlio dell Uomo?. Gli Apostoli, che sotto l’appellazione figlio dell’uomo, bene intesero indicarsi Lui stesso, risposero; qualmente i popoli lo giudicavano alcuni Giovanni Battista, altri Elia e certi Geremia od uno dei Profeti. Mentre all’interrogazione seguente: E Voi dite che io mi sia? rispose il solo s. Pietro cui, non l’affetto, non la ragione, non la penetrazione dell’ingegno, o la forza del raziocinio l’aveva rivelato, ma l’Eterno Divin Padre che è ne’ Cieli. Quindi poté subito fare quell’eccellente confessione: Tu sei Cristo figlio di di Dio vivente, che gli meritò in contraccambio la promessa dell’infallibilità, del primato di onore e di giurisdizione, e del fondamento di quella Chiesa, contro cui l’Inferno invano avrebbe insidiato. Tanto è vero che il Signore, sebbene manifestissimo agli occhi della fede, era nascosto ed avvolto nell’ombra del mistero per gli occhi della carne e del sangue. Quindi era necessario che nella vita del vi fosse qualche fatto in cui la sua Divinità risplendesse tanto chiara, che i testi potessero eziandio cogli occhi carnali veder congiunte le due nature, divina ed umana, nell’unica Persona di Gesù Cristo. E ve ne furono un buon dato, ma niuno forse tanto manifesto, come la sua gloriosa Trasfigurazione …
Dopo che s. Pietro ebbe fatto quell’ammirabile confessione della Divinità del Salvatore, Questi aveva comandato a tutti i suoi discepoli, che a niuno dicessero Lui essere Gesù Cristo. Ed ecco, sei giorni appresso, Gesù prende seco Pietro e Giacomo e Giovanni fratello di lui, e li mena seco a parte in monte elevato. I tre prescelti bene erano chiamati (come io penso) a testimoni della manifestazione futura: Pietro in premio della sua confessione; e i figli di Zebedeo in ricompensa della viva fede della loro madre, che aveva domandato a Cristo che siedessero i suoi due figli alla destra e sinistra di Lui, nel Regno suo. Quantunque s. Ambrogio avvisi che Pietro vi fu chiamato perché doveva ricevere le chiavi del Regno dei cieli; Giovanni perché doveva esser gli affidata la Madre di Dio; e Giacomo perché doveva essere il primo a cogliere la palma del martirio. Sommo era l’onore e la grazia di questa scelta che il Redentore aveva annunziata sei giorni prima, dicendo: Qui sono alcuni, che non morranno pria ch’abbiano veduto il Figliuolo dell’Uomo che viene nel suo Regno; come a dire: Tra voi sono alcuni che saranno scelti avanti morire a vedere i fulgori della mia divinità. Appena infatti furono ascesi sul Tabor e Gesù si mise ad orare, ed eccoti si trasfigura alla loro presenza. Il suo volto risplende come il Sole e le sue vestimenta altresì, come il testo greco di s. Matteo e s. Marco dicono, sono chiare come la luce, bianche candide, come sarebbe impossibile a qualunque purgatore di drappi imbiancare sulla terra. Ed oh come dovette essere deliziosa quella vista agli occhi dei fortunati Apostoli, i quali si può credere che vi assistessero nella rappresentanza delle tre virtù teologali: Pietro della Fede, Giacomo della Speranza, Giovanni della Carità. Imperocché quale altra fede più viva che quella di Pietro, che fu confermato per confermare gli altri? Qual più accesa speranza di Giacomo, che diede il primo tra gli Apostoli la vita in testimonio della verità del Cristianesimo? Qual più infiammata carità che quella del Diletto Discepolo il qual si posò sul petto del Signore e bevve in quel Cuore amoroso lo squisito vino del vero Amore? …
Ma a perfezione della pruova, narrano gli Evangelisti che apparvero Mosè ed Elia a corteggiare Gesù, ad adorarlo, a conferire con Lui. Mosè, il Legislatore del Popolo eletto; Elia il più privilegiato tra i profeti; l’uno, che già aveva pagato il tributo alla morte; l’altro, che rapito sopra un carro di fuoco, è ancor vivente; l’uno, testimonio di tutta la legge; l’altro di tutti i vaticinii, vengono a riconoscere nel Salvatore il fine della legge e l’adempimento delle profezie: Finis legis Christus …
Dopo ciò, viene la voglia di devotamente sorridere alla cara semplicità di s. Pietro, che esclama: Signore, deh ch’è cosa buona lo star qui! Se tu il vuoi, facciam qui tre tabernacoli, per te uno, per Mosè uno, per Elia uno. Ci sembra che il Principe degli Apostoli, tutto nella delizia di quella visione, altro più non cerchi che il suo ben essere e la sua felicità. Bene è vero, che l’Evangelista afferma Lui non sapere quel che si dicesse. Ma appunto per ciò è chiaro, come Pietro, in premio della sua confessione, ebbe in quel momento una communicazione, quale si con veniva a chi non solo doveva essere la pietra della fede, ma che doveva trasmettere il privilegio dell’infallibilità ai suoi successori nel Pontificato Romano. Sì. dice s. Leone, Pietro uscito fuori di sé per la rivelazione di tanto mistero, sprezzando il mondo e avendo a vile la terra, fu rapito al desiderio dei beni eterni; onde sazio del gaudio di quella visione, bramava abitare ivi con Gesù la cui gloria gioiva in veder manifesta. E così, oh quante volte i Sommi Pontefici Romani hanno ripetuto il – Bonum est nos hic esse – alle Nazioni ed ai Popoli, per iscuoterli ed eccitarli alla stima della fede e dell’Unità Cattolica! Richiamando la legge e i profeti a conferma di tutti i Dommi e facendone sentire l’intrinseca armonia, letificando l’intelletto nella sottomissione, hanno fatto ripetere alle Nazioni ed ai Popoli: O Signore, deh qual felicità è la nostra di essere in questa Chiesa, dove tutto è vero, tutto è santo, tutto è uno, tutto è cattolico ed apostolico, anzi tutto è di Pietro, in breve tutto è Romano: Domine, bonum est nos hic esse. Infatti ad esprimere questa cattolica unità della Chiesa, una nube lucida apparve sul Tabor, che tutto insieme avvolse Gesù, Mosè, Elia e i tre Apostoli. S. Pietro voleva fare tre tabernacoli perché ancora non sapeva l’unità della legge dei profeti e dell’Evangelio; e la Divina Manifestazione fa colla nube lucida una sola tenda, nel cui mezzo è il Fonte di ogni verità, il fine di tutta la legge, l’adempimento delle profezie, il Sole della Divinità di Cristo. A sugello della quale eterna verità, una voce ineffabile risuona pel sacro Monte, che rimbomberà per tutti i secoli futuri dicendo: Questi è il mio Figlio, in cui molto ben mi compiaccio: Lui ascoltate …
Chi potrebbe abbastanza sentire l’eloquenza e la sublimità di queste divine parole? Solamente Pietro ne saggiò alquanto e lasciò scritto ch’Egli predicato aveva l’Onnipotenza e Presenza divina del Nostro Signore Gesù Cristo, non per aver sentito narrare, o in seguito di dotte elucubrazioni, ma per essere stato testimonio oculare della Maestà di Lui, quando Iddio Padre gli rendette onore e gloria con la voce che sopra lui discese dalla magnificenza della gloria: Qual voce (conclude) mandata dal Cielo noi udimmo, quando eravamo con Lui sul santo Monte
Sì, o salda Colonna della verità, sentiste sul Tabor in modo affatto inesplicabile la Divinità di Cristo; ne gustaste la conferma presso il Sepolcro scoperchiato e vuoto: foste infiammato a predicarla nel giorno della Pentecoste. E chi potrà opporre sentimenti e ragioni alla testimonianza, validissima come uomo e divina come Capo della Chiesa? Da Voi certamente apprese la Chiesa Romana, per Voi Madre e Maestra di tulle le altre, a dedicare la sua prima Basilica al Mistero della Trasfigurazione del Salvatore. La vostra fede incrollabile ottenne quel miracolo insigne, che al popolo Romano apparisse l’Immagine non manufatta del Salvatore nella Basilica istessa. Per Voi, primo testimonio della Trasfigurazione, il Signore operò il novello prodigio sul Laterano, come alla vostra presenza fece il primo sul Tabor. Pel dono della vostra infallibilità l’Immagine Acheropita ha trasformato il Laterano nel fortunato Tabor, a perenne testimonianza della Divinità di Gesù Cristo. Ben dunque s’addice che la Basilica Caput Urbis et Orbis risuoni di festosi alleluja nel giorno che la Tradizione assegna a questa solenne Manifestazione. Come il Cielo r la terra si uniscono a festeggiare la Risurrezione di Cristo nel Tempio del Santo Sepolcro a Gerusalemme, così conviene che ed Angeli ed uomini cantino l’Osanna della fede a Roma nella sua Archibasilica, nel giorno della Trasfigurazione. Viene l’Orbe cattolico ogni anno, e verrà fino alla fine dei secoli, ad ascoltare sul Laterano il Precetto, che l’Eterno Padre intimò sul Tabor, e gli Apostoli a capo s. Pietro annunziarono per tutto il mondo: Ipsum audite. O genti, o popoli, o nazioni, ascoltate la Sapienza di Dio incarnata. Perciò sul Laterano sta inalberata l’Immagine Acheropita del Salvatore, a cui PIO NONO, Pietro vivente, riguarda ed esclama: Bonum est nos hic esse … Ipsum audite.
O genti, o popoli, o nazioni, che in questo secolo veramente oscuro andate perduti in traccia di una libertà ch’è licenza, di un indipendenza ch’è schiavitù, di una fratellanza ch’è consorteria di iniquità, ascoltate il Figlio di Dio che parlò da sé al mondo, e seguita a parlare per la Bocca immacolata della Chiesa. Eccovi nel Salvatore la verace libertà, che vi franca da tutte le passioni e vizii del presente secolo. Eccovi in Lui l’indipendenza vera, frutto dell’insigne vittoria ch’Egli per Voi riportò sul mondo, sul demonio e sul peccato. Eccovi finalmente nel Salvatore il Capo amoroso di una cattolica famiglia. congiunta coi sacri vincoli della fede, della speranza, e dell’amore. Ipsum audite. Se volete salvarvi dalle orribili tenebre del paganesimo, a cui a piè sospinto correte, deh rivolgete gli sguardi al sole dell’umanità redenta e godete dei raggi lucenti e del calore riconfortante dei Dogmi e delle buone opere.
Del resto, a voi, o Romani, più particolarmente ciò è detto; giacché la Voce della Verità qui da diciannove secoli sempre intemerata, qui innumerabili miracoli l’hanno confermata, qui i Santi Apostoli Pietro e Paolo con incancellabili caratteri sulle loro tombe l’hanno scolpita, qui il sole della Cristianità, il Papa, risiede, da questa cattedra ognor si predica e sostiene la verità. Perché PIO NONO Successore di s Pietro e Vicario di Gesù Cristo è la Bocca della Chiesa, il Rappresentante del Salvatore, di cui l’Eterno Padre disse: Ipsum audite.
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immagine: L’Acheropita Lateranense (fonte reliquiosamente.com